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Intervista a Eleonora Castegnetta Botta: architetture preziose da indossare

Incontriamo l’architetto Eleonora Castagnetta Botta nel suo studio di Mendrisio, dove realizza gioielli che traggono ispirazione dall’architettura, dal design, dall’arte. Un progetto complesso e articolato che ripensa il gioiello come architettura da indossare e che oggi è diventato un brand.

Eleonora Castagnetta Botta 

 

Lo studio di Eleonora Castagnetta Botta, gremito di libri, disegni, materiali, oggetti colorati che rimandano alla storia del design, prototipi, campioni di legni e metalli, piccole scatole dalle fogge diverse, dichiara un amore incondizionato per l’architettura, per il design, per l’arte come elementi essenziali della quotidianità, umana e professionale, in continua evoluzione e compenetrazione tra loro, come tessere di un più ampio mosaico. È come se tutti gli studi e le esperienze di Eleonora nel campo dell’architettura (ambito nel quale si è laureata e lavora da diversi anni) confluissero in un progetto in cui tutto diventa motivo di riflessione e applicazione pratica, potenza e atto.

Eleonora Castagnetta Botta, anelli dalla serie “Omaggio a Le Corbusier”

 

Un’attitudine e un impegno che negli ultimi tempi sono confluiti in un brand, AnD_swiss, a cui Eleonora dedica le sue energie creative: la parola che accompagna il sito, “ArchiJewels” è illuminante, perché da subito circoscrive gli intenti e pone l’accento su un preciso ambito concettuale, peraltro già percorso nella storia dell’arte e del design: può un gioiello essere inteso come un’architettura e quest’ultima declinarsi in un progetto “indossabile”, ma non solo? Vale qui la pena ricordare che nel XX secolo si annoverano alcuni episodi significativi in cui celebri architetti hanno guardato al gioiello con risultati eccellenti, da Roberto Sambonet per Tiffany nel 1955 a Franco Albini e Franca Helg all’inizio degli anni ‘70, sino alle esperienze più recenti, tra gli altri, di Ron Arad, Frank O’ Gehry e Zaha Hadid. Certamente una pietra miliare è stata l’impresa di Cleto Munari, creativo, editore e mecenate, che nel 1985 chiese a 16 architetti di fama mondiale (tra cui Mario Bellini, Michele de Lucchi, Richard Meier, Alessandro Mendini, Paolo Portoghesi, Peter Shore, Ettore Sottsass, Marco Zanini) di disegnare preziosi: ne nacque una collezione di oltre 150 esemplari divenuti iconici, che oggi si trovano esposti nei principali musei del mondo.

Eleonora Castagnetta Botta, “Omaggio a Le Corbusier”

 

Eleonora ha guardato a queste sperimentazioni con attenzione (non a caso colleziona gioielli), facendole confluire nella sua personale esperienza, un mondo di opulenza e rigore, che sono esattamente gli estremi della sua biografia: siciliana cresciuta a Palermo, e per questo portata naturalmente, per DNA millenario si potrebbe dire, ad accogliere e far proprie culture diverse ponendole in dialogo tra di esse, e al contempo in grado di far proprie la capacità di concentrazione, l’aspirazione all’eccellenza, l’esigenza di precisione apprese nella lunga formazione che l’ha vista prima vincere una borsa di studio e poi lavorare per più di tredici anni presso Mario Botta Architetti a Mendrisio. Trasferitasi definitivamente nel Cantone Ticinese per motivi familiari, queste due anime sono diventati forze mai in conflitto che Eleonora ha saputo gestire con equilibrio, come lei stessa afferma: anima siciliana, mente svizzera, entrambe al servizio di un’unica visione.

Mario Botta. Interno della Chiesa di Mogno – foto Enrico Cano

 

Il gioiello per Eleonora non esaurisce certamente la sua funzione nell’ornamento, per quanto sofisticato: è ricerca, innovazione dei materiali, sapienza artigianale, autonomia compositiva e formale, dialogo con il proprio tempo, persino espressione di uno spirito imprenditoriale. Le sue creazioni prendono spunto principalmente dall’architettura e dai suoi protagonisti (dal Bauhaus a Le Corbusier, alle architetture del sacro di Mario Botta) ma con un filtro celebrale: il risultato è un gioiello che ella stessa definisce geometrico, concettuale, “denso”, coerente con le architetture che lo hanno ispirato, anche se non immediatamente dichiarate. Da ornamento del corpo, oggetto da esibire, diventa parte integrante della storia di chi lo indossa e di chi lo ha creato, conferendogli memorie e esperienze che diventano un nuovo linguaggio.

Eleonora Castagnetta Botta, coppia di anelli “Mognolo”

 

In tale prospettiva il gioiello, proprio come nel progetto architettonico, ha in sé l’approccio creativo, l’ispirazione, la ricerca, la metodologia; un piccolo edificio di cui si mantiene, in proporzione, la consistenza volumetrica, pur nel cambio di scala e nella nuova esigenza di indossabilità: la bellezza della forma diventa funzionale. Ma se il gioiello “prende vita” quando lo si indossa, acquisendo tridimensionalità grazie al movimento, cosa succede al medesimo quando, viceversa, lo si ripone? Eleonora ha affrontato la questione come parte integrante del progetto: i contenitori, in legni pregiati o materiali innovativi, curatissimi e pensati per agevolarne la fruizione, diventano un elemento nodale, permettendo una collocazione spaziale che esalta la forma del gioiello e ne sottolinea un diverso aspetto. In Bauhaus, serie di 7 anelli in argento, creata per i 100 anni dalla nascita del grande movimento artistico, ogni anello è una piccola architettura, che rappresenta una lettera della parola e come tale può essere singolarmente indossata, ma al tempo stesso riprende le geometrie del movimento modernista. La scritta però è individuabile soltanto nella collocazione completa dei singoli elementi nel cofanetto di pero, acquisendo una sua specifica identità.

Eleonora Castagnetta Botta,  anelli “Bauhaus”

 

Architetture da indossare, storie da vivere: una visione ambiziosa perseguita con tenacia, che aspira a dar forma al pensiero e nuove narrazioni all’ornamento, come lei stessa ci racconta.

Eleonora Castagnetta Botta, da sempre, come architetto, ti sei misurata con i materiali, le tecniche, i contesti in cui realizzare un nuovo progetto architettonico. Ci parli del tuo diverso approccio nei confronti della progettazione su larga scala e il gioiello, pensato per la dimensione corpo?

In effetti il bello del mio mestiere è proprio questo, l’approccio critico ad ogni progetto di architettura o di design è sempre lo stesso. È un processo identico che passa sempre attraverso molteplici fasi: ispirazione, ideazione di un concetto, creazione di una forma attraverso il disegno, approfondimento esecutivo, ricerca, realizzazione di prototipi, definizione dei dettagli, ancora ricerca e disegno. Possiamo dire che la realizzazione di un gioiello passa attraverso una fase di cantiere che è l’analisi della sua indossabilità.  Si pensi che, pur sapendo già fin da bambina che mi sarei iscritta alla facoltà di architettura, ho fatto studi umanistici. Per me il metodo e la capacità di sintesi sono la chiave di tutto, qualunque sia il tema da affrontare.

Le Corbusier, Rifugio del Pellegrino

 

Quali sono i gioielli realizzati sino ad oggi, ce ne puoi parlare?

Tutto è iniziato per caso, traendo ispirazione dalla Chiesa di Mogno in Svizzera progettata da Mario Botta, architetto di fama internazionale con cui ho avuto l’onore di lavorare per 13 anni. In quel momento ho capito che mescolare insieme due mondi che ben mi rappresentano, come l’architettura e il gioiello, sarebbe stato l’inizio di un nuovo percorso. In seguito sono state concretizzate altre continue ispirazioni in gioielli che chiamo progetti o semplicemente architetture da indossare. Il centenario del Bauhaus ad esempio ha dato vita ad un cofanetto in pregiato legno di pero; questo astuccio custodisce al suo interno le forme idealizzate dal movimento culturale sotto forma di lettere indossabili come anelli. Da qui la non facile trasposizione delle geometrie moderniste in un font di scrittura declinato poi in anelli. Ovviamente da architetto non potevo non rendere omaggio al padre svizzero del razionalismo Le Corbusier; in questo caso sono partita da un suo progetto realizzato per accogliere gli operai durante la realizzazione della più nota cappella di Ronchamp in Francia, trasponendo in monile le sue geometrie nette e primitive e i colori della sua palette cromatica “Polychromie Architecturale”. Non mancano poi ispirazioni legate ad archetipi, come la Ziggurat, unione tra cielo e terra, oppure il cerchio il quadrato, unione tra psiche e materia, che hanno dato vita ad anelli e bracciali.

Eleonora Castagnetta Botta, anello Ziggurat

 

Puoi descriverci il tuo processo creativo? Come nasce una nuova idea, da cosa trai ispirazione?

Le ispirazioni arrivano all’improvviso ma bisogna essere preparati e avere un approccio multidisciplinare alla vita. A volte mi sembra di vedere dei fili sottili che collegano diversi ambiti (come nel film “A Beautiful Mind”) e quando uno di questi fili si accende parto con la matita. Cerco ossessivamente di dare nuova forma, attraverso gli schizzi, a un edificio, ad un movimento culturale, ad un simbolo. Successivamente, se lo schizzo finale mi soddisfa, inizio a dargli delle misure precise attraverso il disegno CAD 2D e 3D. Infine faccio realizzare dei prototipi attraverso il metodo della cera persa. Parallelamente prende vita il progetto del contenitore, senza il quale, secondo la mia visione globale del progetto, il nuovo contenuto sarebbe come un vino senza bottiglia.

Come ti sei accostata al gioiello d’artista? Sei una collezionista di gioielli di altri artisti?

Il gioiello ha sempre fatto parte della mia infanzia, per una siciliana il gioiello è una tradizione, un oggetto di culto e talvolta il simbolo della famiglia. Tuttavia nei gioielli tradizionali, che custodisco amorevolmente, sentivo che mancava un passaggio, cioè la rappresentazione di un concetto. Così ho iniziato a collezionare qualche pezzo di vera e propria arte, perché anche se i gioielli io li disegno e sono la “modella dei prototipi”, mi piace l’idea di diffondere e divulgare l’amore per questo settore, indossando spesso creazioni di altri artisti. E se ingenuamente qualcuno mi chiede “questo lo hai disegnato tu?”, metto da parte l’orgoglio e la gratitudine per l’equivoco, e inizio a raccontarne la storia.

Quale è l’obbiettivo della sua ricerca?

Il mio obiettivo è la sintesi e la rappresentazione. Sono sempre stata affascinata dalle funzioni matematiche che rappresentano solidi, o dall’energia che crea ponti tra le persone. La mia ricerca vuole fare in modo che i che settori da me scelti si intersechino rappresentando qualcosa che non c’è.

 Cosa vorresti trasferire del tuo pensiero su arte, architettura e natura a chi indossa i tuoi gioielli?

Vorrei semplicemente che chi indossa un gioiello sia interessato a conoscerne la sua storia, ciò che narra. Il risultato finale di un progetto è come la copertina di un libro, ne rappresenta il contenuto ma è necessario leggere il libro per capire perché è stata scelta proprio quella immagine. Vorrei che alcuni contenuti, alcuni artisti o architetti, diventassero parte di un racconto che trova la sua concretizzazione in un elemento ornamentale.

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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