Sarà visitabile sino al 14 febbraio nelle sale di CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia, l’antologica dedicata a Robert Doisneau, maestro della fotografia del Novecento.
Una data, quella del 14 gennaio, scelta non a caso, ma che strizza l’occhio ad uno dei baci (e una coppia di innamorati, rimasti anonimi e per questo universali) tra i più famosi della storia della fotografia e dell’arte del XX secolo, quello immortalato ne Le baiser de l’Hôtel de Ville (1950), che mostrava agli americani come la Francia e in particolare Parigi, in ripresa negli anni del II dopoguerra, fosse ancora e sempre terrà di libertà e di gioia di vivere, e ci si potesse baciare liberamente per strada.
Curata da Gabriel Bauret e promossa da CAMERA, Silvana Editoriale e Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, la mostra presenta oltre 130 fotografie dell’autore in un percorso che comprende le sue immagini più iconiche insieme a scatti meno noti ma altrettanto straordinari, selezionati fra gli oltre 450.000 negativi di cui si compone il suo archivio, oggi gestito dalle figlie.
Le fotografie che mi interessano, quelle che trovo riuscite, sono quelle aperte, che non raccontano una storia fino alla fine, ma lasciano allo spettatore la possibilità di fare a sua volta un pezzetto di strada insieme all’immagine, di continuarla e concluderla a proprio piacimento: una specie di trampolino del sogno.
Robert Doisneau, Zoom n°34 gennaio 1976
Fra i fotografi più famosi al mondo, Robert Doisneau è considerato, insieme a Henri Cartier-Bresson, uno dei padri della fotografia umanista francese e del fotogiornalismo di strada. A partire dal alcuni dei suoi scatti più noti e celebrati (non solo il Bacio, ma gli scatti tratti da “teatro della strada”, soprattutto dedicati ai bambini, entrati nel nostro repertorio di immagini) l’esposizione ne racconta la carriera attraverso i temi ricorrenti da lui affrontati in più di cinquant’anni con la fotocamera sempre pronta a scattare: la guerra e la liberazione, il lavoro, l’amore, i giochi dei bambini, il tempo libero, la musica, la moda, gli artisti.
Che si tratti di fotografie realizzate su commissione o durante le lunghe giornate a girovagare per Parigi, Doisneau racconta il proprio tempo attraverso uno sguardo guidato dalla disobbedienza e dalla curiosità, indicati da lui come ‘i due requisiti principali di questo mestiere’. Ad accompagnarlo in queste passeggiate sono gli amici scrittori, come Jacques Prévert, Robert Giraud e Blaise Cendrars, dei quali diceva “quando trovavo un’immagine pensavo a uno di loro, che poi era il primo a cui la mostravo. Un po’ glielo dovevo, poiché erano stati loro a insegnarmi a vedere”.
Non sorprende, quindi, quanto le sue immagini siano impregnate di un surrealismo ‘premeditato’, data la spiccata capacità nel comporre scene all’apparenza spontanee, come nel caso dell’iconica fotografia del bacio. Fortemente narrativi, questi scatti hanno la capacità di testimoniare un’epoca in cui le persone cercano un nuovo equilibrio all’interno di una società in trasformazione, con i suoi riti, le sue contraddizioni e i suoi numerosi attimi di inaspettata felicità.
Doisneau sviluppa uno stile del tutto personale che traspare anche nei suoi scritti o nelle didascalie che appone alle proprie stampe, vero e proprio florilegio di osservazioni, spesso pungenti commenti all’immagine: un equilibrio fra le logiche del reportage e un’attitudine all’invenzione, cui si aggiunge una nota di scherzosa ironia nei confronti dei soggetti che ritrae. Con il suo obbiettivo, Doisneau ha catturato con enorme libertà espressiva la vita quotidiana degli uomini, delle donne, dei bambini di Parigi e della sua banlieue (belle le serie dedicate alle portinerie e al mondo del lavoro) sapendo tradurne le azioni e i gesti, i desideri e le emozioni, tracciando uno spaccato realistico ed empatico dell’umanità del dopoguerra.
Nel 1983 gli viene, infatti, assegnato il “Grand Prix national de la photographie”, a consacrazione di una carriera estremamente ricca e densa. Tale consacrazione passa anche attraverso le numerosissime esposizioni, in Francia come all’estero, le innumerevoli opere che rivisitano la sua fotografia e i documentari a lui dedicati.
In mostra a CAMERA oltre 130 stampe ai sali d’argento in bianco e nero che provengono tutte dalla collezione dell’Atelier Robert Doisneau a Montrouge, a sud della capitale francese, suo luogo di creazione e scoperte. È in questo atelier che il fotografo ha stampato e archiviato le sue immagini per oltre cinquant’anni, lasciando in eredità una mole incredibile di stampe e negativi che, ancora oggi, sono in grado di stupire.
Completa l’esposizione un’intervista video al curatore Gabriel Bauret e la proiezione di un estratto dal film realizzato nel 2016 dalla nipote del fotografo, Clémentine Deroudille: Robert Doisneau, le révolté du merveilleux (Robert Doisneau. La lente delle meraviglie), che contribuisce ad approfondire la conoscenza dell’uomo e della sua opera. Il documentario racconta le prime pubblicazioni sui giornali, l’esperienza all’interno della Renault, l’occupazione e la liberazione, i felici anni del dopoguerra, la banlieue di Parigi e la nascita della sua fotografia più iconica. Alcune registrazioni d’archivio mostrano il fotografo all’interno del proprio laboratorio, contribuendo, insieme alla voce narrante della regista (che racconta del grande autore con l’affetto di una nipote orgogliosa) a creare la sensazione di intimità e prossimità che le stesse fotografie di Doisneau generano fra l’osservatore e i soggetti ritratti.
Con l’intento di favorire la partecipazione di un pubblico sempre più ampio, in occasione della mostra Robert Doisneau CAMERA ha dedicato una particolare attenzione al tema dell’accessibilità. Grazie alla preziosa collaborazione con il Museo dell’Ara Pacis di Roma e con il Museo Tattile Statale Omero di Ancona, la mostra include un percorso dedicato alle persone con disabilità visiva che comprende disegni a rilievo e relative audiodescrizioni. Oltre a questi supporti sarà anche proposto un calendario di visite tattili gratuite guidate da operatori specializzati.
Il percorso dedicato al pubblico non vedente e ipovedente include sei disegni in rilievo, posizionati lungo il percorso mostra in corrispondenza delle fotografie originali, e un’audio-descrizione che guida il visitatore nell’esplorazione dei disegni in rilievo e alla conoscenza dell’opera di Doisneau.
L’esposizione è accompagnata dal catalogo “Robert Doisneau”, edito da Silvana Editoriale.
Robert Doisneau Nasce nel 1912 nel sobborgo parigino di Gentilly. La sua formazione come fotografo inizia con l’apprendistato nello studio di Andrè Vigneau, artista poliedrico e fotografo pubblicitario. Dopo cinque anni come fotografo all’interno delle officine Renault, decide di intraprendere la carriera di fotografo indipendente, entrando a far parte dell’agenzia Rapho. A causa della guerra è costretto a sospendere momentaneamente l’attività; in questo periodo utilizza le sue conoscenze per contraffare carte e documenti ufficiali per i membri della Resistenza. Dopo la Liberazione alcuni suoi reportages vengono pubblicati su “Vogue” e nel 1949 esce il libro realizzato in collaborazione con il celebre scrittore Blaise Cendrars, La Banlieue de Paris, la prima sintesi dei molti racconti per immagini che dedicherà ai quartieri popolari di Parigi. Il successo ottenuto con queste pubblicazioni lo porta ad essere coinvolto da Edward Steichen per la mostra ‘Five French Photographers’ nel 1950 e poi nell’epocale ‘The Family of Man’ nel 1955, entrambe al MoMA di New York.
A partire dagli anni Cinquanta colleziona numerose collaborazioni con scrittori e artisti, esponendo insieme ad autori come Henri Cartier-Bresson, Willi Ruge e André Kertész, e vincendo importanti premi come il Premio Niépce nel 1956 e il Grand Prix national de la photographie nel 1983. Nel 1980, nelle sale espositive di Piazza Grande a Modena, Lugi Ghirri cura la mostra Robert Doisneau. Tre secondi d’eternità: con lo stesso titolo l’anno prima l’editore Contrejour aveva pubblicato un’importante monografia in grado di offrire un’approfondita lettura del suo lavoro. Nel 1984 viene invitato a partecipare alla Mission Photographique de la D.A.T.A.R., che lo porta a raccontare nuovamente la banlieue parigina ormai trasformata attraverso una serie di sorprendenti scatti a colori. Nel 1994 muore all’età di 82 anni, lasciando un patrimonio di circa 450.000 negativi, oggi custoditi e valorizzati dalle due figlie.
PER INFO
CAMERA – Centro Italiano per la Fotografia
Via delle Rosine 18, 10123 – Torino