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Il Meneghino alla riconquista di Milano – La mostra alla Casa della Memoria e l’intervista a Valerio Aldrighi

Teatro dei burattini. A chiudere la mostra Meneghinissima – Antologia milanese alla Casa della Memoria di Milano ci sarà il 4 dicembre alle 10.30 lo spettacolo “Evviva il Panettone” del burattinaio Milanesissimo Valerio Aldrighi Saccà, che ha ideato la mostra insieme al fotografo Alvise Crovato. Protagonista ovviamente il Meneghino, che alla fine di questa mia intervista al suo alter ego Valerio, mi ha sussurrato nell’orecchio un messaggio che ora vi riferisco:

“Uella bella gente! Varda che l’è minga finita! Ve aspetti”

E infatti a Dicembre il Meneghino sarà di nuovo in scena con le sue storie il 6 a Silvano d’Orba in provincia di Alessandria, l’8 a Peschiera del Garda, l’11 in Cascina Cuccagna a Milano e nel pomeriggio a Cassel Novo in provincia di Pavia, il 29 a Torre di Quarte Solo in Provincia di Vicenza.

Nel 2023, poi, i progetti in cui lo ha coinvolto il suo burattinaio si fanno più ambiziosi: un corso di scultura del burattino tradizionale in legno presso il museo dei burattini a Bergamo; l’adattamento del Don Giovanni per burattini; lo spettacolo “Meneghino notturno”, con una colonna sonora Jazz.

Valerio Saccà (fondatore della Compagnia Burattini Aldrighi) ha riportato in vita il Meneghino, un pezzo della storia e dell’orgoglio Milanesi, che coinvolge nonni, adulti e bambini in sane e potenti risate e riesce sempre a lasciare nel cuore tenerezza e calore.

Attenzione! Queste ultime parole sono sicuramente evocate dallo spirito natalizio del soggetto dello spettacolo che vedrà in scena il Meneghino e un altro grande simbolo di Milano il Panettone. Ma il nostro Meneghino, che ha le spalle larghe e ne ha viste tante (se pensate che è nato nel 1695!), con le sue storie è capace anche di farci riflettere e trattare argomenti forti con la sua allegria e sincerità… e qualche bastonata ben assestata a potenti, prepotenti e “malandrini”. Si sa, le bastonate non mancano mai in uno spettacolo di burattini, ma la violenza non c’entra niente, il messaggio che deve passare passa e si ride a crepapelle, tutti.

Uno spettacolo di burattini parla contemporaneamente, come scrivevo e non in un ordine casuale, a nonni, adulti e bambini. I burattini, e il nostro Meneghino in particolare come ci hanno raccontato Valerio ed Alvise in questa mostra alla Casa della Memoria, sanno interpretare i tempi in cui vivono.

Nella mostra Meneghinissima – Antologia milanese scopriamo o riscopriamo che Meneghino è protagonista di Pubblicità storiche e satira tagliente, è rappresentato da grandi attori a Teatro, è scolpito da maestri burattinai di tutta Italia e di ogni epoca, ha aperto il Carnevale Ambrosiano per moltissimi anni (dal 2016 non più, ma speriamo di rivederlo nel 2023) e tanti milanesi e non solo ne hanno vestito i panni, ha avuto la sua casa a Milano, è soggetto insieme al suo più recente e giovane alter ego/burattinaio delle fotografie di Alvise Crovato.

Nella storia di Milano è sceso dalla sua “Baracca”, il palcoscenico di tutti i burattini, per diventare un eroe delle 5 Giornate a fianco dei suoi concittadini, ha tirato su il morale ai soldati in guerra, ma è stato purtroppo anche strumentalizzato da chi al potere a voluto legittimare la sua politica totalitaria.

La mostra vuole essere, però, anche e soprattutto un riflettore puntato su un personaggio, un mestiere, una forma d’arte, un genere teatrale che merita una più grande attenzione e un riconoscimento da parte della sua città, Milano. Se le istituzioni Milanesi e Lombarde sapranno trovare i tempi (magari un festival o una settimana dedicata?) e gli spazi (i Giardini di Porta Venezia o la Loggia dei Mercanti?) aiuteranno a mantenere viva una tradizione per cui molti appassionati artisti e cittadini hanno dedicato la vita e altrettanti lo faranno in futuro, se si riuscirà a tramandarla.

Ora lascio la ribalta alle parole di Sebastiano Aldrighi che ho intervistato mentre preparava la sua mostra.

Valerio Saccà Aldrighi e il suo Meneghino. Foto Alvise Crovato

Il Meneghino

Qual’è il tuo primo ricordo del Meneghino?

“Sicuramente non l’ho mai visto in scena.  Quando sono nato già non c’era più traccia di questo personaggio nel Teatro dei burattini, esisteva solo nel Carnevale Ambrosiano. Le maschere del Meneghino e della Cecca aprivano il corteo che faceva il giro di tutte le porte di Milano.

Ricordo un libro con le maschere di tutte le regioni d’Italia, che mi aveva regalato mia mamma quando avevo sette anni. All’interno c’era un’immagine molto delicata del Meneghino con il Duomo e il Panettone. Si, questo è il primo ricordo che ho, del personaggio però perché appunto il burattino non lo faceva più nessuno”.

Maschere del Carnevale
Foto di Valerio Saccà Aldrighi

Meneghino aveva un posto nell’immaginario dei bambini quando eri piccolo? e oggi?

“In questo caso parliamo più del burattino che della maschera, perché ha un contatto maggiore con il mondo dell’infanzia. Meneghino è allegro, birichino, gioviale, semplice, schietto e goloso di Panettone, tutte caratteristiche che ci riportano all’infanzia e alle festività del Natale.

Adesso che riesco a fare più spettacoli, i bambini hanno imparato a conoscerlo e ormai il dialetto milanese viene associato alla maschera del Meneghino.

Il primo ricordo che ho dei burattini sono gli spettacoli di Daniele Cortesi al Parco della Ghirlanda di Cinisello Balsamo. Il primissimo personaggio il Brighella, in scena con lo spettacolo Gioppino e Brighella servitori malandrini, e poi il Gioppino naturalmente.”

Come viene accolto all’estero? Ha incantato i bambini nonostante la parlata milanese?

“Il 2022 è l’anno in cui ho portato Meneghino all’estero ed è stato accolto molto bene. Nel 2020 avevo fatto un video per il Messico, che ha avuto grande successo. Devo ringraziare per questo la rete che sono riuscito a creare sui social durante il lockdown. Anche i festival del Teatro di Figura sono una buona occasione per confrontarsi con altri paesi e trovare nuovi ingaggi. Sempre più persone devono conoscere Meneghino, questa è la mia missione.

Il Meneghino ha partecipato ai Sharjah Heritage Days, festival delle culture. E’ notevole il fatto che gli Emirati Arabi abbiano chiamato a rappresentare l’Italia un teatrante del Teatro di Figura, perché all’estero è considerato un genere come tutti gli altri, mentre in Italia è trattato come una costola del Teatro per ragazzi. In Francia il personaggio di Guignol ha tre teatri a lui dedicati solo a Lione. Dovremmo avere un teatro stabile del Meneghino ai Giardini di Porta Venezia!

I bambini stranieri ridono per l’aspetto buffo dei burattini e le bastonate, ma riescono a seguire anche la drammaturgia e sono stregati dal suono musicale del dialetto. Il ritmo e la cadenza della “Gega” milanese sono come una canzone.
Anche in Italia i bambini capiscono tutto, perché utilizzo un dialetto italianizzato, non puro.”

Dove lo porterai a Dicembre?

“Il 4 Dicembre chiudiamo la mostra alla Casa della memoria con lo spettacolo “Evviva il Panettone” alle ore 10.30, è una fiaba molto bella. Saremo poi il 6 Dicembre a Silvano d’Orba in provincia di Alessandria sempre con “Evviva il Panettone” alle ore 16.00; l’8 a Peschiera del Garda con le “Farse Meneghine” alle ore 15.00; l’11 in Cascina Cuccagna a Milano con “Evviva il Panettone” alle ore 11.30 e nel pomeriggio a Cassel Novo in provincia di Pavia; il 29 a Torre di Quarte Solo in Provincia di Vicenza.”

Progetti per il 2023?

“Terrò un corso di scultura del burattino tradizionale in legno presso il museo dei burattini a Bergamo, tutti i sabati a cavallo tra Febbraio e Marzo, ma soprattutto ho in cantiere due grandi progetti. Il primo è l’adattamento di un testo importante il Don Giovanni per burattini, che si chiamerà “Il convitato di pietra”. Meneghino prenderà il posto di Leporello, il servo di Don Giovanni. Ho già preparato dei bozzetti, ma non ho ancora scolpito la testa del burattino, perché ancora non ce l’ho davanti. Se chiudo gli occhi non lo vedo e, quindi, se non lo vedo non lo posso scolpire. La regia sarà di Anna Rita Colucci non mia, perché non utilizzeremo la baracca classica e sarà differente dagli spettacoli che ho fatto fino ad ora, ad esempio per le luci e l’assenza di fondali.

Il secondo progetto è “Meneghino notturno”, con una colonna sonora Jazz. Si parte con Moanin’ di Art Blakey e Meneghino inizia la sua avventura per tornare a casa nella Milano notturna, ovviamente gli capita di tutto, ma finalmente arriva a casa e va a dormire. La mattina successiva suona la sveglia, la musica è ancora quella di Moanin’ di Art Blakey, e come in un racconto circolare si ricomincia da capo.

Un’altra idea è portare in scena “Il mostro di Milano” sui delitti di sangue di Via Bagnera a Milano. In questo caso non si tratta di un copione inedito, è uno spettacolo già pronto, infatti avevo fatto due repliche, ma poi era stato fermato perché troppo violento. Ovviamente mi piacerebbe portare la baracca in Via Bagnera.”

Allestendo questa mostra hai scoperto qualcosa di nuovo su Meneghino?

“Si, ho scoperto tantissime cose nuove grazie anche alla Giulia Castelnovo, archivista. Con lei ho catalogato in modo più scientifico il materiale storico che abbiamo deciso di esporre in mostra. Abbiamo scoperto che il Meneghino dal 1790 al 1809 parlava italiano! Nel 1695, quando è nato, parlava in milanese. Tornerà a parlare milanese solo dal 1825 quando ci sono gli austriaci a Milano. In quel periodo i milanesi decidono di parlare il dialetto, quasi come atto politico, e così fa il Meneghino. Quando arrivano i moti del ’48 siamo all’apice della fama del Meneghino, in cui si riconosce tutto il popolo milanese per sentirsi unito.”

Il Teatro di figura all’estero, ad esempio in Francia e Spagna, è nei cartelloni delle stagioni teatrali dei più grandi teatri alla stregua degli altri generi teatrali. Cosa dovrebbero fare gli enti istituzionali, come Comune e Regione, per fare crescere e non dimenticare quest’arte?

“È un peccato che si limitino sempre a lavorare sul Teatro d’ombra e il Teatro per ragazzi e lo fanno anche gli organi che, invece, si dovrebbero occupare di promuovere tutto il Teatro di Figura. Dimenticano che i burattini hanno una storia importantissima in Italia, dove si trova l’80% del patrimonio mondiale di burattini, marionette e pupi. Storia che all’estero ci viene riconosciuta e ispira molti burattinai contemporanei. In Italia il Teatro di tradizione, quasi fosse una brutta parola, viene chiamato classico. Io, invece, preferisco il termine tradizione perché vuol dire tramandare.

Le Associazioni e gli enti territoriali dovrebbero istituire il Meneday, il giorno del Meneghino, e per farlo sarebbe interessante risalire alla data della pubblicazione del primo testo del 1695 “Il Manco Male” di Carlo Maria Maggi.

E ancora, visto che sono l’unico a Milano a fare i burattini a livello professionale, dovrebbero darmi la possibilità di dare continuità a quest’arte, ad esempio con uno spazio stabile ai giardini di Porta Venezia dove farei due spettacoli al giorno.

Vorrei aggiungere che mancano scuole di formazione, si impara ancora a bottega, e nessuno parla mai del Teatro di tradizione come un mestiere a cui avvicinarsi.”

Corriere della sera opuscoli sul dialetto milanese, commento di Alessandro Gerli, Presidente della Famiglia Meneghina. Foto Valerio Saccà Aldrighi.

Il Burattinaio

“Il vero burattinaio è quello che vive del mestiere, scolpisce e dipinge il suo personaggio, lavora alla drammaturgia, conosce a memoria i testi. Ho in repertorio 9 spettacoli e ho scolpito più di 100 burattini in 11 anni. Solo i costumi non sono realizzati da me.

Il mio Meneghino nasce da studi approfonditi sulla sua figura e il carattere. Prima di scolpirlo e dipingerlo, ne ho studiato ogni singolo dettaglio: dove va il neo o il bozzo? Come è fatto il sopracciglio? E l’espressione?

Ho studiato i copioni tradizionali, ma non mi sono mai rifatto a quelli. Io scrivo da zero ogni spettacolo che porto in scena. Sono tutti copioni originali che riflettono il momento storico in cui viviamo. Proprio per questo motivo cerco di rendere contemporaneo il nostro dialetto, tanto che Alessandro Gerli, Presidente della Famiglia Meneghina, mi ha riconosciuto il ruolo di innovatore del dialetto milanese. Se noi teniamo puro un dialetto questo muore, se è vivo si trasforma. Il milanese di Carlo Maria Maggi del Seicento, non è lo stesso del Porta dell’Ottocento, né quello del Barrella del Novecento né quello del Mazzarella del tardo Novecento e non è quello di oggi. Negli spettacoli bisogna parlare al bambino di 4 anni come al nonno di 80.”

Teatro burattini
Foto Diana Cicognini

Valerio ha intrapreso 12 anni fa la sua carriera di burattinaio. In scena e in mostra vedremo il Meneghino e la Cecca, ma un pannello mostra tutti i burattini realizzati da Valerio: Arlecchino, Brighella, Pantalone, Tartaglia, ad esempio. Il suo Brighella è stato realizzato ispirandosi tra i tanti a quello di Giuseppe Milesi esposto al Bar Bigio di Bergamo. Ogni Burattinaio ha una mano riconoscibile. Il suo stile, il suo tratto, dà un carattere e un’espressività unici ai suoi personaggi, anche quando va a riprendere quelli della tradizione, perché è attratto da alcune caratteristiche o espressioni.

Tutto è nato quando da bambino vedeva gli spettacoli di Bigio Milesi e Daniele Cortesi, maestro burattinaio bergamasco che lo ha preso a Bottega, come accadeva nel Rinascimento per i giovani artisti. Il burattinaio non è un mestiere che si può imparare sui banchi o a distanza.

“La tradizione dei burattini in Lombardia è molto radicata. Nel 2011 ho fatto un lavoro di ricerca per la Regione Lombardia e, con mia grande sorpresa, ho scoperto che Milano aveva molti burattinai di grosse capacità drammaturgiche e una copiosa produzione di materiale. Ho trovato, infatti, centinaia di burattini e di copioni, cosa assai rara perché i burattinai bergamaschi non li scrivevano. L’ultimo interprete del Meneghino è stato Giorgio Minutoli, bravissimo burattinaio milanese scomparso nel ’69. Per fare il burattinaio di tradizione bisogna essere convinti. È un lavoro faticosissimo e richiede molte competenze. Oggi un burattinaio deve sapere fare di tutto e lo spettacolo è solo l’ultima cosa. Il burattinaio deve cercarsi le piazze in cui fare gli spettacoli, scolpirsi e dipingersi i burattini, scriversi le storie, dipingere i fondali, costruire il teatrino, la baracca e solo quando è tutto pronto si dà vita e voce a tutti i personaggi. Il pubblico non è mai mancato. L’impatto emotivo che il teatro dei burattini sa dare è forte, non so quali altre forme di teatro riescano ad avere pari risultato. Il Teatro dei burattini sa parlare a tutti, indipendentemente dall’età e dal livello culturale. Ha un linguaggio e una struttura narrativa stratificati per cui ciascuno riesce a leggere lo spettacolo secondo le proprie capacità e la propria cultura.”
Daniele Cortesi, burattinaio

“La prima volta che sono andato a chiedergli di diventare suo allievo ero solo un bambino. Ero convinto già allora di voler fare questo mestiere. L’ho incontrato di nuovo 13 anni fa ed ero ancora convinto di voler diventare suo allievo e così sono andato a casa sua. Mi ha insegnato a scolpire e a capire la drammaturgia, i movimenti, la ricerca sul personaggio. E’ stato lui a suggerirmi di recuperare la maschera del Meneghino. “Visto che sei di Milano, non fare il Gioppino fai il Meneghino”. E’ andata così, ho studiato a bottega con il Daniele per un paio d’anni e poi con Giacomo Onofrio, bravissimo burattinaio di Brescia che usava il Gioppino. Lui mi ha raccontato tantissime cose e dato consigli preziosi (Il burattino deve essere brutto, ma non spaventoso) e tanti altri piccoli trucchi perfettamente funzionanti che uso ancora oggi.” Valerio Saccà

Non basta il mestiere, sono molto importanti anche il recupero delle origini e la promozione degli spettacoli, ma soprattutto trasmettere alle generazioni più giovani un’eredità preziosa. Sei d’accordo vero?

“Quando ho iniziato a fare ricerca tutti mi dicevano che non avrei trovato nulla, perché Meneghino era una figura marginale e, invece, c’era tantissimo e ancora oggi non ho finito. Grazie a questa mostra spero di aver dato al pubblico almeno un’idea dell’importanza che ha avuto questo personaggio nella storia della città dalla sua nascita nel 1965 ad oggi. Il mio obiettivo è rendere sempre più vicino il mondo di Meneghino, e la milanesità che rappresenta, alla Milano contemporanea.

Un delle sfide è far avvicinare il pubblico degli adulti. Si pensa sempre che gli spettacoli dei burattini siano per i bambini, in realtà i burattini nascono per gli adulti. I drammi rappresentati nei copioni di I due orfanelli, La Pia dei Tolomei, I due Sergenti erano alleggeriti dall’ironia e dalle arguzie popolari delle maschere, ma non per questo meno forti.”

Cosa facevi prima di diventare burattinaio?

“Ho fatto il Liceo Artistico Santa Marta di Milano. Mi sono formato inizialmente come illustratore e fumettista umoristico. Lo studio del personaggio per i fumetti mi ha aiutato a creare i personaggi che poi ho portato nel Teatro dei burattini, disegno ancora infatti molti bozzetti.”

Mi racconti qualcosa della tua famiglia?

“Mio papà nasce come attore nella compagnia di Piero Mazzarella, l’ultimo a interpretare il Felice Tecoppa di Ferravilla, e Rino Silveri. Mia nonna in casa parlava solo milanese. La famiglia mi ha dato quindi una forte impronta di Milanesità.”

Bozzetti Meneghino di Valerio Saccà Aldrighi
I bozzetti del meneghino. Foto. Valerio Saccà Aldrighi

La mostra

Burattini e Marionette del Meneghino

Valerio è riuscito ad avere in mostra burattini originali di grandi burattinai e di importanti collezioni (Sarina, Burzio, Cortesi, Minutoli, Onofrio, Baldi, Pazzaglia e altri ancora) e provenienti da tutta Italia (Milano, Bergamo, Tortona, Brescia, Pavia, Bologna, Pesaro). Notevoli sono le due marionette e gli esemplari di burattini storici del 1890 di Benedetto Ravasio e della famiglia Mazzatorta.

Ho voluto dare anch’io il mio piccolo contributo virtuale all’esposizione di burattini del Meneghino e grazie alla generosità della famiglia Ferrari di Parma, che mi ha concesso di pubblicare le immagini, vi presento i quattro Meneghini presenti nella collezione del Castello dei burattini – Museo Giordano Ferrari.

Benedetto Ravasio - Peppino Sarina - Giorgio Minutoli
Burattino di Benedetto Ravasio, scultore Miscol, Bonate sotto (BG), Fondo Museo del burattino di Bergamo, 1890.
Burattino di Peppino Sarina, Tortona (AL), Fondo Associazione P. Sarina, 1910.
Il Meneghino del burattinaio milanese Giorgio Minutoli, che si esibiva a Milano in Galleria Vittorio Emanuele al Circolo dei Piccoli Motta.
Fondo Burattini Cortesi, 1920.
In mostra, Foto Diana Cicognini

Le fotografie di Alvise Crovato

Alvise Crovato ha cercato di raccontare la saga di Meneghino e del suo burattinaio, nonché il rapporto strettissimo che li lega, con un mezzo, la fotografia, che ha reso attuale il personaggio.

Ad esempio, visto che il Meneghino di Valerio è fatto con il legno del Cirmolo, ha deciso di fare uno scatto ambientato in montagna vicino ad un Cirmolo in cui rappresentare il burattino che prega i suoi antenati. Vicino a questa è un’altra fotografia originale in cui il burattinaio offre Meneghino al mondo, un omaggio al suo pubblico.

Gli scatti in mostra, quindi, ci raccontano chi è il Meneghino e lo ritraggono con il suo burattinaio, Valerio, ma ci mostrano anche quello che fa, come se avesse vita propria. È il caso del viaggio a Sharja negli Emirati Arabi per il Festival delle culture. Meneghino ha potuto dare la mano alle donne e all’emissario dell’emiro. La fotografia vuole rappresentare, oltre all’incontro di due culture o dell’uomo e dell’inanimato, il fatto che Meneghino possa fare e toccare cose che al suo burattinaio non sono consentite.

I documenti storici

I documenti esposti in mostra arrivano dall’archivio di Valerio, che ha iniziato a collezionarli prestissimo girando per case d’asta. Il più antico è un copione del 1805 in lingua italiana di Gaetano Florio “Meneghin Pescenna” una commedia in cinque atti. Il più recente è una cartolina del carnevale del Circolo Ambrosiano “Meneghino e Cecca” del 1970 ca.

“Sono più di quattrocento, non tutti in mostra. Il lavoro d’archivio sarebbe immenso, ma speriamo in un altro appuntamento o addirittura ad uno spazio fisso dedicato a questa figura così importante della milanesità con i documenti esposti in rotazione.” Valerio Saccà

Raccontano il Meneghino attraverso le pubblicità che lo hanno visto protagonista, la maschera di carnevale, le rappresentazioni teatrali, la satira tagliente. I documenti sono suddivisi in quattro sezioni, accanto alle quali possiamo vedere da vicino due costumi d’epoca del Carnevalone Ambrosiano, il Meneghino e la Cecca naturalmente (Fondo Famiglia Meneghina), con un pannello che racconta le origini del Meneghino.

Expo - Esposizione 1906
Cartolina dell’Esposizione Internazionale di Milano, 1906
Courtesy of Compagnia Burattini Aldrighi
La casa del Meneghino al centro, Carnevale ambrosiano
Carnevalone di Milano – La fiera di Porta Genova e la Casa di Meneghino, Amato G. 1890
Foto Diana Cicognini
La casa del Meneghino, al centro della composizione di vignette, fu inaugurata la sera del 5 febbraio 1890. A distanza di otto anni sarà trasformata nel primo cinematografo di Milano. In mostra c’è anche la locandina dello spettacolo di Meneghino e Cecca del 1898.
Gianduia e Meneghino
Copia di una litografia di Guido Gonin che ritrae l’incontro tra Gianduia (maschera simbolo di Torino) e Meneghino, post 1959 Courtesy of Compagnia Burattini Aldrighi
Quaderno scolastico della serie “Le maschere italiane”, testo di Luciano Curino, 1950
Foto Diana Cicognini

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