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La doppia anima di Piero della Francesca, in mostra a Sansepolcro

Fino al 6 gennaio 2019, Sansepolcro celebra Piero della Francesca con una mostra dedicata alla sua anima matematica, in contemporanea con la fine del restauro della “Resurrezione”.

 

L’arte è spesso istinto, decostruzione e ricostruzione di realtà nuove e astratte. Altre volte è il frutto di studi e calcoli matematici capaci di dare ordine e realismo alle composizioni. C’è poi Piero della Francesca, che mette insieme tutti questi aspetti, mescolando luci mistiche e quasi sovrannaturali a rigorose forme geometriche.

A lui è dedicata una mostra nella sua città natale, Sansepolcro: sarà visitabile fino al 6 gennaio del 2019 al Museo Civico ed stata inaugurata in contemporanea con la fine del restauro della sua “Resurrezione”. L’esposizione, curata da Filippo Camerota e Francesco P. Di Teodoro, si intitola “La seduzione della prospettiva”, e mescola le due anime dell’artista del Quattrocento, diviso tra pittura e matematica.

Le otto sezioni della mostra partono dal “De Prospectiva Pingendi”, trattato composto da Piero della Francesca intorno al 1475, e considerato il primo trattato di prospettiva pensato per gli artisti grazie alle molte sezioni illustrate. C’era già chi aveva scritto sul tema, da Leon Battista Alberti a Lorenzo Ghiberti, ma nessuno aveva avuto la capacità di essere così visivamente chiaro. Nel trattato si susseguono tecniche e studi che vanno dalle figure semplici a quelle del corpo umano, focalizzandosi sul disegno prospettico che, già negli anni precedenti, era stato apprezzato e utilizzato da altri artisti, come Masaccio, Ghiberti e Brunelleschi, protagonisti del fermento artistico ed economico di Firenze.

Piero della Francesca ha un altro grande merito: nel “De Prospectiva Pingendi” aveva inserito degli esempi pratici, come gli inganni della visione (che occupano l’ultima sezione della mostra), ovvero una serie di effetti e forzature che nascono dal rapporto tra gli occhi e la distanza di osservazione, e sui quali deve essere basato lo studio della prospettiva. Ecco allora che, in base al punto dal quale si osserva il quadro, alcuni corpi ci appaiono, in proporzione, più grandi o più piccoli di altri.

Il percorso museale mette in risalto anche i rapporti con altri artisti e matematici del tempo, come Luca Pacioli, che nel suo “De divina proportione” definì Piero della Francesca “Monarca a li dì nostri della pictura e architectura”. Della Francesca, infatti, credeva che un buon pittore dovesse conoscere almeno il disegno delle proporzioni e degli ornamenti dell’architettura, se non addirittura essere lui stesso un buon architetto. Così tavole architettoniche si mescolano a disegni prospettici della testa umana, che lui tratta come se fosse un solido geometrico, suddividendola in piani meridiani e paralleli.

Piero della Francesca, Resurrezione

 

Le sezioni che disegna, però, vanno oltre al piano puramente geometrico. Basti pensare alla “Resurrezione”, dove la testa di Gesù coincide con il vertice di un triangolo e divide a metà la composizione: a sinistra c’è un paesaggio scarno, con gli alberi senza foglie, a destra l’opposto. Un’opera, questa, che ora può essere di essere ammirata al Museo Civico di Sansepolcro dopo un restauro lungo tre anni che ha portato a nuove certezze. In primis, l’effettivo trasloco del dipinto dal luogo originario – diventando così uno dei più antichi trasporti a massello della storia dell’arte – e poi la tecnica stessa utilizzata da Piero della Francesca: non un affresco, ma una tecnica mista dove i colori vengono utilizzati anche sul muro a secco.

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