Conversazione con Yuken Teruya, in mostra alla Piero Atchugarry Gallery di Miami

Sarà aperta sino al 15 ottobre We Belong Here, prima mostra personale di Yuken Teruya (1973, Okinawa) presso la Piero Atchugarry Gallery (presenza fissa ad Artissima) la cui nuovissima sede di Miami (oltre a quella di Garzón, Uruguay) è stata inaugurata nel dicembre 2018.

Yuken Teruya, rolls installation

La mostra è la prima personale dell’artista nella grande galleria di Miami e presenta un nutrito corpus di lavori “storici” e opere presentate per la prima volta negli Stati Uniti. Teruya, che vive e lavora a New York, è ben conosciuto nel panorama dell’arte contemporanea per il suo lavoro raffinato e meticoloso sia sulle piccole che sulle grandi dimensioni; l’artista realizza le sue opere a partire da oggetti del vivere quotidiano, da quelli più semplici – e ormai “rifiuti”- come rotoli di carta igienica e sacchetti di carta usati, sino alle false banconote del Monopoli, gioco assunto a simbolo dello spietata competizione alla base dell’economia mondiale; su questi materiali l’artista interviene con tecniche differenti, tra le quali l’intaglio ai limiti della miniatura, sino a trasformare l’oggetto in altro da sé e a fargli assumere nuovi aspetti e significati. Un processo che diventa un modo  – poetico ed evocativo – per affrontare temi come la cultura del consumismo nella società contemporanea, la globalizzazione, la crisi ambientale, la capacità di ritornare ad un sincero stupore nel contemplare la Natura, che l’artista ricrea nelle sue opere. In particolare le borse della spesa (a volte di boutique di alta moda o griffe molto conosciute, spesso esibite esse stesse come status, altre di Mc-Donald), simbolo del consumismo dilagante, sono lavorate al loro interno con precisione chirurgica in modo tale da creare dei palcoscenici in cui la luce filtra grazie ad una sapiente sequenza di tagli e fori e sui quali si stagliano silhouette di alberi, accuratamente descritti nei dettagli: un mondo nuovo (non lontano dalla magia dei libri pop-up) che lo spettatore è invitato ad osservare con attenzione e meraviglia.

Yuken Teruya_MONOPOLY Cross, 2019

Nella mostra di Miami questo processo ha avuto una sua evoluzione: come ben spiegato da Martin Craciun, curatore della mostra: “[…] Teruya ci offre un invito aperto nel suo mondo, uno pieno di personali prospettive e dichiarazioni potenti. […] Tagli precisi, assemblaggi, miniaturizzazioni di stampe e piccole deviazioni concettuali. Le opere in mostra manifestano come Teruya abbia continuato le indagini sulla produzione di materia, energia e potere tra gli umani. La mostra si apre con un’installazione a parete site specific della serie Monopoly (2016): installato con delicata cura, presenta denaro del Monopoli meticolosamente sezionato, ricostituito in una costellazione complessa di piccole sculture. Nel famoso gioco da tavolo, i giocatori tirano i dadi acquistando e scambiando proprietà con denaro Monopoli e sviluppandone il valore, aggiungendo case e alberghi. I giocatori riscuotono l’affitto dai loro avversari, con l’obiettivo di portarli in bancarotta. I giocatori possono anche finire in “prigione”. Il gioco è un chiaro imitazione del sistema capitalista, diretto e crudele come la vita quotidiana per la maggior parte noi. L’uso simbolico da parte di Teruya del denaro del Monopoli come materiale di partenza per l’arte offre un punto di partenza critico per capire cosa c’è sotto, in tutti i sensi. Che rappresenti le planimetrie di istituzioni come banche e chiese famose configurate in composizioni astratte, la serie Monopoly è un lavoro potente e ribelle.

Yuken Teruya_MONOPOLY Deutsche Bank, 2019_Detail

Il Museo del Louvre a Parigi, il Metropolitan Museum of Art di New York, la Washington National Cathedral, oltre a diverse composizioni astratte, si uniscono in un esercizio di pura precisione, pazienza e composizione. […] Tra le altre opere esposte, pare estremamente interessante nel suo straniamento XX (2020): un gruppo di abeti reali sdraiati sul bianco pavimento della galleria. Racconta Craciun: “Questi abeti e pini furono acquistati a Natale, scartati dai loro proprietari settimane dopo, e poi raccolti dalla strada di Teruya come parte della continua riflessione dell’artista sulla nostra cultura sempre più globalizzata. Il fascino di Teruya per gli elementi della cultura popolare e della cultura di massa si traducono spesso in esercizi formali che comportano l’installazione di oggetti già pronti. Questi alberi hanno perso la loro funzione in questo mondo per la seconda volta: prima come alberi, poi come decorazione. Come cadaveri in decomposizione dei nostri rituali intimi, cambieranno colore, dal verde al giallo, dal giallo al marrone, uno spettacolo della natura a beneficio dell’umanità.”

Yuken Teruya, Notice Forest: Tiffany’s & Co., 2017

Recentemente abbiamo avuto la possibilità di intervistare Yuken Teruya e interrogarlo, più in generale, sulla sua ricerca:

Puoi spiegare qual è stata la genesi della tua ricerca e in che modo è legata alla storia dell’arte o alla tua esperienza della storia dell’arte e delle tue tradizioni? Quali sono le tue fonti da un punto di vista storico e concettuale?

Ti ringrazio per la tua domanda. Sceglierei un lavoro che ha ispirato il resto delle mie opere ritagliate da oggetti di uso quotidiano. È un rotolo di carta igienica con un picchio intagliato. L’ho realizzato nel 1998, proprio prima di iniziare a studiare alla scuola di specializzazione negli Stati Uniti. Non posso dire onestamente come questo lavoro o l’intero processo di intaglio possa essere collocato nella storia dell’arte e in qualsiasi altro contesto “tradizionale”, a dire il vero: vedo spesso il mio processo di intaglio come un disegno al tratto. Poiché le intere forme sono determinate dalla linea ritagliata, si potrebbe definire come “disegno ritagliato”. Ciò potrebbe condurlo al rapporto con il contesto della storia dell’arte nel metodo tradizionale. Cosa ne pensi?

Yuken Teruya, Woodpecker

Le tue opere creano un nuovo linguaggio il cui codice è dato dal materiale e dalla relazione tra il lavoro finale e il supporto originale: puoi parlarci del tuo processo creativo?

Come si può notare ad esempio nell’opera “Woodpecker”, il risultato finale è dato sia dal supporto originale che dai diversi esiti che ne emergono. Questo multistrato di esistenze mi emoziona. Suggerisce anche che un’azione semplice può cambiare leggermente – e completamente – un materiale. Ho apprezzato quando parli di un “nuovo codice”: penso che la mia “fascinazione”nel realizzare le serie Notice-Forest o Minding My Own Business provenga dal mio processo mentale di de-costruire e ri-costruire la nostra percezione della natura. Spero che lo spettatore sia anche sedotto dalla sottile sinfonia di luce che entra e crea ombra e riflesso all’interno del sacchetto di carta o sopra un giornale. Se si è in grado di riconoscere questi elementi, credo che sia possibile ricostruire la nostra esperienza della Natura. È la stessa qualità di luce, ombra e riflesso che ti circondano quando si sosta sotto un albero frondoso. Penso anche al modo in cui creo una tensione dinamica tra l’albero “scolpito” e l’intera struttura del sacchetto di carta:  è come se questa tensione provenisse da un albero reale: tutte le qualità degli alberi vengono decostruita e ricostruita in un prodotto cartaceo. Il mio processo può essere visto come il tentativo di rintracciare la qualità dell’“essenza stessa” dell’albero e riorchestrarla per renderla un elemento visivo.

Yuken Teruya, Piero Atchugarry Gallery, Miami, installation view

Parlami della tua relazione con i materiali che usi: provano a dettare le loro regole durante il lavoro, quindi a volte sei costretto a cambiare il tuo primo progetto?

Ti ringrazio nuovamente per questa interessante domanda. In effetti devo negoziare con i materiali quando lavoro sulla loro forza. Spesso la forza di trascinare una parte nella direzione opposta alla direzione in cui era originariamente diretta, va bene creare una forte tensione all’interno di una scultura ad albero. Sento che inizia a generare energia all’interno della sua struttura. Percepisco la forza che proviene dall’albero. Credo che tutti abbiano una sensibilità comune riguardo alla forza della natura nella nostra lunga relazione con essa.

Yuken Teruya, rolls, installation view

Come pensi che la tua ricerca possa evolversi? Hai fissato degli obiettivi o confini (anche tecnici) da superare?

Ho approfondito alcune ricerche sul sistema monetario della nostra società per la serie che utilizza i soldi-giocattolo del Monopoli. Studiare la storia del meccanismo dei prestiti e dei debiti è stato anche un utile riferimento nello sviluppo della mia ricerca; approfondire un argomento ti porta inevitabilmente ad un altro. Concepire i soldi del Monopoli come “mezzo” permette anche di analizzare altri modi per riutilizzarli nuovamente in molteplici usi.

Che tipo di messaggio vorresti che lo spettatore potesse cogliere dalle tue opere?

Dal momento che uso materiali familiari nella vita quotidiana, il mio può essere visto come un messaggio politico. Penso che sia politico nella misura in cui rappresenta una realtà democratica: la base dei miei materiali (sacchetti di carta, rotoli di carta igienica, denaro, giornali) rappresenta parte del nostro modo di vivere di tutti i giorni. Spero che il mio lavoro diventi una piattaforma per avere più comunicazione tra le persone. Inoltre, vorrei condividere l’entusiasmo della riscoperta dei materiali a noi familiari con lo spettatore, e spero che lo spettatore riscopra nuovamente la sua sensibilità nei confronti della natura attraverso i materiali.

 

Per info

Yuken Teruya_WE BELONG HERE

Piero Atchugarry Gallery, Miami

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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