Sino al 21 aprile 2018 la manica lunga del quarto piano della Cavallerizza Reale in Via Verdi 9 sarà abitata dalla grande installazione TEMPO IRREALE di Enrico Iuliano (Torino, 1968) progetto realizzato in collaborazione con Marco Albeltaro, storico contemporaneista, collezionista, gallerista e curatore.
Scultura e scrittura si fondono in un unico progetto che costituirà un percorso estetico e di riflessione in cui il pubblico sarà chiamato ad interrogarsi sul significato della dimensione plastica e di quella dell’espressione scritta. Abbiamo chiesto di raccontarci in coppia la genesi del progetto.
Enrico, le tue opere pongono spesso in relazione costruzione plastica e ambiente, nella ricerca di un equilibrio di forze. Ricordiamo qui le personali tenutesi presso la Esso Gallery di New York nel 2001, la Galleria Almirante di Madrid nel 2004, la Ermanno Tedeschi Gallery di Torino nel 2006 e la recente importante esposizione presso il Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivara. Attualmente è in corso la personale Tempo Reale presso la Riccardo Costantini Contemporary di Torino, che rimanda, nel titolo, a questo intervento, e idealmente ne completa il significato.
Come è nato il progetto “Tempo Irreale”?
Il progetto nasce nell’ambito della rassegna GPL, Grandi Progetti Leggeri, ideato da Marzio Zorio e Anna Ippolito insieme al collettivo Arti Visive che anima le attività della Cavallerizza: all’artista è richiesta un’opera di dimensioni monumentali che si confronti con i grandi spazi della Cavallerizza, affrontando le potenzialità di questo splendido spazio, difficilissimo ma al tempo stesso stimolante. Questo è il secondo appuntamento dopo il progetto di Domenico Olivero. Mi piace che si ricordi la parola “leggerezza”, un concetto che può essere sviluppato a diversi livelli: la scultura difficilmente è “leggera”, eppure lo può diventare nell’abitare, con equilibrio, uno spazio. Tra le condizioni vi è quella che l’opera sia concepita con la collaborazione di un curatore. Ho scelto di coinvolgere Marco Albeltaro perché mi erano piaciuti alcuni suoi recenti interventi curatoriali.
Cosa hai progettato per la Cavallerizza?
Ho immaginato e realizzato un’opera costituita da 16 moduli in gasbeton: su ognuna di esse è incisa con il waterjet, il taglio ad acqua, una lettera che in letta in successione compone la frase UN’IDEA DI SCULTURA; dentro ad ogni modulo è stata inserita un foglio con una “tesi”scritta da Marco, che è leggibile attraverso l’incavo creata dalla lettera e dalla luce pulsante che attraverso il modulo. Le 16 tesi andranno a comporre il libro d’artista a tiratura limitata, realizzato a quattro mani. L’opera nella sua interezza ha previsto l’occupazione di uno spazio complesso, di ben 70 metri lineari: ne è scaturito un percorso che prevede l’invasione di uno spazio architettonico, una lettura progressiva, e obbliga lo spettatore a percorrere lo spazio dall’inizio alla fine per coglierne l’intero significato. Lo stesso getto d’acqua che incide il materiale è di per sé un’idea di scultura; persino la scrittura all’interno di essa fornisce una nuova chiave di lettura. Tre modi di intendere la pratica scultorea.
Marco, qual è stato il tuo contributo al progetto?
Abbiamo pensato, dal momento che Enrico si interroga da tempo con le sue installazioni su “un’idea di scultura”, concetto che è anche al centro della personale in corso sino al 14 aprile da Riccardo Costantino contemporary, che avremmo potuto parallelamente interrogarci su un’idea di scrittura e porle in relazione tra loro.
La successione delle lettere diventa un percorso all’interno di questo spazio, è un attraversamento, la distanza non è la stessa tra ogni blocco, c’è un’accelerazione della prospettiva; la luce ad intermittenza vuol dare una pulsazione all’opera, una sua vita. Con il testo costringi lo spettatore a soffermarsi su ogni elemento scultoreo in sé e a riflettere, al contempo, su ogni tesi in essa contenuta. Per i testi, potrei dire che mi sono ispirato ai miei maestri, Gramsci, Benda, Said…Una ricerca intellettuale che diventa una ricerca di verità: la scrittura come l’arte è una strategia di narrazione di contemporaneità; nel momento in cui affronti una strategia inizi un percorso di avvicinamento alla verità come lotta alla mistificazione. Come affermo in un delle tesi, la scrittura deve costruirsi uno spazio autonomo dal potere; un’altra tesi afferma che la scrittura, come l’arte plastica, serve se pone dei problemi: ogni creazione artistica nasconde in sé una dimensione politica.
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Grandi Progetti Leggeri
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