Una collezione che da privata diventa pubblica fa notizia (ed è sempre una bella notizia!), soprattutto quando le si costruisce uno scrigno prezioso e al contempo si valorizza uno dei più bei palazzi di Verona, nel cuore della città.
Ha aperto a febbraio la Casa-Museo Palazzo Maffei, frutto del restauro del più importante edificio seicentesco veronese che chiude – come straordinaria quinta architettonica – Piazza delle Erbe: un regalo a Verona dell’imprenditore e Cavaliere del Lavoro Luigi Carlon (per tutto il 2020 i cittadini veronesi non pagheranno il biglietto!) collezionista – mecenate che pensa che più occhi possano godere e quindi valorizzare ciò che ha raccolto in cinquant’anni di istintivo e indomito amore per il Bello.
Il percorso espositivo coniuga in prezioso dialogo antico e moderno; una cavalcata di oltre cinque secoli, con oltre 350 opere (e altre 100 saranno esposte a rotazione) poste in progressione cronologica: 200 dipinti, una ventina di sculture, disegni e un’importante selezione di oggetti d’arte applicata (mobili d’epoca, vetri antichi, ceramiche rinascimentali e maioliche sei-settecentesche, ma anche argenti, avori, manufatti lignei, pezzi d’arte orientale, rari volumi) disegnano un percorso eclettico che molto parla delle passioni del collezionista e che conducono il visitatore alla riscoperta dell’interno del Palazzo Maffei, caratterizzato da una splendida facciata barocca ora tornata a nuova vita, l’imponente scalone elicoidale autoportante, gli stucchi e le pitture murali del piano nobile. Il restauro è stato condotto su progetto architettonico e allestitivo dello studio Baldessari e Baldessari e da un’idea museografica di Gabriella Belli, con contributi scientifici di Valerio Terraroli e Enrico Maria Guzzo. La scelta espositiva propone una doppia lettura grazie ad una precisa valutazione museologica: nella prima parte, che occupa gli spazi sulla piazza, il tentativo è quello di ricreare l’atmosfera di una casa privata in cui è sottolineato il valore della sintesi tra arti pittoriche scultoree e decorative, nell’ottica di una wunderkammer che attraversa i secoli, con nuclei tematici d’arte antica in cui irrompe all’improvviso il confronto con la modernità. Dalla visione privata, dall’intimo della residenza quotidiana, questo patrimonio d’arte diventa per Carlon e la sua famiglia (la moglie e le figlie Vanessa e Veronica) una ricchezza condivisa con la città, custodita e tramandata in uno dei palazzi più simbolici del territorio: un patrimonio per il futuro culturale del territorio, da condividere e tramandare.
Nella seconda parte, dedicata al Novecento e all’arte contemporanea, si è invece voluta creare una vera e propria galleria museale, dove si colgono le passioni per il Futurismo e la Metafisica e s’incontrano alcuni dei massimi artisti del XX secolo: Boccioni, Balla, Severini, ma anche Picasso e Braque; de Chirico, Casorati e Morandi accanto a Magritte, Max Ernst, Duchamp. E ancora, Afro, Vedova, Fontana, Burri, Tancredi, De Dominicis, Manzoni. Come racconta Luigi Carlon, le opere raccolte negli anni sono racconti di vita, gesti d’amore, testimonianze di quella sensibilità unica e singolare che egli ha colto negli artisti fin da giovane e dalla quale è stato affascinato e colpito. La collezione contiene molti nuclei significativi, che testimoniano l’organicità delle acquisizioni, mentre l’interesse per la storia artistica veronese rappresenta un elemento di forte valore identitario della raccolta d’arte antica con preziose opere, tra gli altri, di, Altichiero e Liberale da Verona, Nicolò Giolfino, Zenone Veronese, Bonifacio de’ Pitati, Antonio e Giovanni Badile, Felice Brusasorci, Jacopo Ligozzi, Alessandro Turchi, Marc’Antonio Bassetti, Antonio Balestra, Giambettino Cignaroli. È dedicata proprio a Verona e ai paesaggi veneti la sala intitolata “Cannocchiale sulla città” con bei dipinti di varie epoche tra i quali spicca un assoluto capolavoro di Gaspar van Wittel Veduta dell’Adige nei pressi di San Giorgio in Braida, opera molto amata da Carlon: un’iconografia senza precedenti nelle vedute di Verona, eseguita dall’artista olandese sulla scorta di un disegno realizzato durante il secondo viaggio in Italia nel 1695.
Il percorso, come accennato, si sviluppa cronologicamente e per temi, lungo 18 sale, dove si susseguono “affinità elettive” che rispondono alla sensibilità e al gusto del collezionista: introduce, come un manifesto programmatico per cui tutta l’arte è contemporanea, l’installazione in vetro e acciaio di Arcangelo Sassolino Qualcosa è cambiato (2019) e l’opera site specific in neon di Maurizio Nannucci New horizons for other visions / New visons for other horizons, che invitano il pubblico a leggere l’arte secondo nuove e inusuali prospettive.
Segue un notevole taglio rosso di Fontana – uno tra i Concetti spaziali esposti – accostato a tavole a fondo oro d’arte sacra del tre-quattrocento; la monumentale Maternità di Arturo Martini, a tu per tu con antiche e importanti rappresentazioni iconografiche della Madonna con Bambino; o ancora i potenti affondi sul tema della guerra e del conflitto con Leoncillo, Marino Marini e Alberto Burri in dialogo con le eroiche battaglie di Matteo Stom e Antonio Calza. Un crescendo di emozioni, passando tra le protagoniste femminili della storia e del mito e le vedute di Verona, per poi ripercorrere le principali avanguardie del Novecento costellate di imperdibili capolavori, a partire dall’ultimo arrivato nella collezione Carlon, uno straordinario Paesaggio Urbano di Mario Sironi del 1921, appartenuto a Margherita Sarfatti, simbolico dei soggetti e delle atmosfere novecentesche della pittura sironiana dopo l’esperienza futurista.
Nelle sale che seguono i lavori degli artisti segnano l’incontro con le avanguardie del Novecento – Metafisica, Surrealismo, Realismo magico – e con la complessità di un rinnovamento radicale percorso da da de Chirico, Savino, Magritte, Marx Ernst. Ecco dunque una Piazza d’Italia del 1912 con tutti gli elementi tipici della poetica metafisica (più avanti nel percorso è presente anche Il saluto dell’amico lontano (1916),opera particolarmente amata da Carlon); ecco uno spettacolare Magritte con la La fenêtre ouverte (1966) dipinta un anno prima della morte, in cui il pittore belga crea un ambiente onirico, misterioso e immobile; ed infine La fidèle épouse, opera capitale nel percorso di Alberto Savinio.
Un crescendo che attraversa il Novecento (come non citare una straordinaria Tete di femme di Picasso, con cui l’artista raffigura con drammatiche pennellate nere e grigie la sua compagna Dora Maar, il Picasso, questa volta cubista, di Femme assise (1954) che ritrae Françoise Gilot, la compagna che prenderà il posto di Dora Maar, o la straordinaria Boîte-en-valise (1935 -1941) di Marcel Duchamp, un sorta di catalogo in miniatura di tutta la sua opera) e giunge sino alle istanze più attuali con Pistoletto, Cattelan, De Dominicis, per concludersi con l’opera Cloud (2016), installazione del giovane artista argentino Leandro Erlich, a rappresentare l’enigma e l’incognita della vita che si fa arte.
Molto ricco il programma per il futuro per Palazzo Maffei, che non vuole essere solo uno spazio espositivo ma un’opportunità, un luogo di cultura in dialogo stretto con la città e le grandi Istituzioni culturali di Verona e non solo. Eventi, incontri, laboratori didattici e iniziative diverse, incluso lo sviluppo della ricerca nel campo dell’arte, delle tecnologie applicate e della conservazione e tutela dei beni architettonici, animeranno gli spazi del Palazzo, che nelle intenzioni del committente, offre anche una biblioteca specialistica da lui costruita nel tempo e consultabile su prenotazione.
Da rilevare In questi tempi di emergenza sanitaria le iniziative digitali che consentono nuove interazioni con il pubblico, tra queste il progetto ColorArt: i canali ufficiali del museo (Instagram @palazzomaffeiverona, Facebook @palazzomaffei, www.palazzomaffeiverona.com )si tingono ogni settimana di un colore diverso e il colore scelto diverrà il filo conduttore di tutta la narrazione social dei giorni successivi, raccontata dalla voce di Paolo Valerio, affermato regista e interprete teatrale; Valerio dal 1994 è Direttore Artistico del Teatro Stabile di Verona (tra le sue regie Jezabel di Irene Nemirowsky del 2020, Misura per misura di William Shakespeare del 2019 e tra i lavori più legati alla pittura Poema a fumetti, con parole e immagini di Dino Buzzati), che con le sue letture e il contrappunto di flash visivi, suggerisce atmosfere, emozioni e suoni in dialogo con le arti visive.
Per info