È versatile lo spazio di Quartz Studio, accogliente, sfidante. Questa volta, fino al 23 marzo, ospita lei tesse vicino alla bocca / vedo ciò che mangio / mangio ciò che vedo / mangiare è un pò rischiare, la prima mostra personale in Italia dell’artista svedese Astrid Svangren (Göteborg, Svezia, 1972).
Il progetto site-specific, a cura di Nina Wöhlk, presenta il colore come elemento fondamentale nella ricerca dell’artista. Attraverso il rosso Astrid amplifica significati e forme paralinguistiche declinandole al femminile: la passione, l’amore, il sangue che dà la vita, il fuoco primordiale.
Il visitatore entra in un ambiente immaginifico dove, con apparente casualità, si ergono volumi scultorei realizzati con stoffa, vetroresina e oggetti trovati. Una stufa, un arcolaio, uno specchio a parete evocano il focolare domestico, dal sentire femmineo. “Attraverso l’esperienza” – sostiene l’artista – “questi elementi rimandano a ricordi, sensazioni, pensieri differenti, personali, che in mostra possono essere condivisi a livello percettivo ed emotivo”.
Nello spazio privo di presenza umana Astrid ha creato un racconto, un linguaggio dettato dal gesto pittorico e dal colore, che magicamente prende vita: tutto è animato da un’energia interiore che ciascun fruitore coglie attraverso la propria immaginazione.
Ai ganci a parete sono appesi i ricordi. La scena è senza tempo. Lo specchio costituisce un punto di fuga per raggiungere nuove dimensioni spazio-temporali, in un alternarsi di sogno e realtà che solo la favola restituisce.
Quattro sono le istanze sulle quali l’artista fonda il suo progetto: l’arte della tessitura, il cibo, la passione e il sogno. Elementi che attraverso la vitalità del colore descrivono la storia di un personaggio femminile che con forza e poesia conduce il suo vivere.
«Davanti a noi si dispiega una storia, un evento in rosso, e l’incantesimo di cui facciamo esperienza è quello di un copione culinario». – scrive Wöhlk – «Accesa da Svangren, l’immaginazione si anima proprio come “magicamente” si anima la vita biologica, la scena rosso-fucsia della sua opera. […] La mostra produce il sapore pungente e ingenuo della tradizione orale […] Mangiare è erotico, un gesto seduttivo […] Intessere racconti, cucinare e raccontare storie sono la produzione di un personaggio femminile».
L’indagine dell’artista non può prescindere dall’interazione con lo spettatore: l’opera assume senso e significato solo se vissuta, esperita, sentita.
Svangren ci invita ad entrare nel suo intimo rifugio, quello che ha saputo costituire con sentimento e perizia durante la sua residenza a Torino, città che l’ha accolta e ispirata nel suo vivere quotidiano fatto di arte, sensualità, ritmo e colore.
Il progetto è stato sostenuto dal Danish Arts Council e dall’Ambasciata di Danimarca a Roma.
QUARTZ STUDIO
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