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Frida Khalo vista da Nickolas Muray alla Palazzina di Caccia di Stupinigi

Si preannuncia come una mostra dai grandi numeri FRIDA KAHLO Through the lens of Nickolas Muray, ospitata alla Palazzina di Caccia di Stupinigi sino al 3 maggio 2020.

© Nickolas Muray Photo

 

Come introdotto dal titolo l’esposizione,  organizzata da Next Exhibition e ONO arte contemporanea con il patrocinio dell’Ambasciata del Messico, del Consolato Onorario del Messico a Torino e di Torino Città Metropolitana, presenta un ricco corpus di fotografie scattate alla grande artista nell’arco di poco più di dieci anni da Nickolas Muray: nato in Ungheria nel 1892 ma naturalizzato americano (fu anche olimpionico di scherma a squadre, medaglia di bronzo per gli Stati Uniti nel 1932) Muray fu fotografo di moda e pubblicità, famoso per i suoi ritratti di celebrità, politici e artisti. Artista prolifico, – i suoi archivi infatti contengono oltre 25.000 negativi – è stato sperimentatore nel campo della fotografia a colori sin dai primi anni della sua carriera: bellissimi gli scatti realizzati con tecnica carbro, che utilizza dei pigmenti di colore al carbone.

© Nickolas Muray Photo

L’unicità di questa mostra (che ha in sé il fascino un po’ voyeristico dello spettatore autorizzato a penetrare nel privato di una grande personaggio, come la fotografia in fondo dovrebbe saper fare)  è che Muray non solo fotografò Frida Khalo con l’indubbia capacità di un grande professionista, regalandoci tra i ritratti più iconici di Frida, ma la ritrasse con gli occhi di persona innamorata: questi scatti raccontano, attraverso il silenzio dell’immagine e l’intensità dello sguardo, una storia tra due persone che si è sviluppata nel tempo, attraversando personali vicissitudini, altri amori, fortune e dolori. Scatti che ci restituiscono una Frida al centro del suo mondo colorato, bella come non mai nonostante e in forza alla sofferenza fisica che le vela lo sguardo di una fiera malinconia, a metà tra Regina, idolo pagano di antiche tradizioni e Madonna contemporanea, anche grazie alle sontuose vesti della tradizione messicana: apparente padrona del proprio destino, in realtà martire laica ed esempio fulgido di quella che oggi chiamiamo resilienza, capacità di sublimare il dolore in arte.

© Nickolas Muray Photo

Alcune di queste foto sono entrate a far parte dell’immaginario della Khalo a livello planetario, ma molti sono anche gli scatti che raccontano la Frida più segreta, circondata dai suoi affetti, Diego Rivera, la sorella Cristina, e infine lo stesso Muray che la ritrae, sedotto dal suo carisma. Una fotografia più di altre racconta questa relazione: in un autoscatto Muray osserva Frida che guarda in camera durante una pausa dalla sua pittura (l’autoritratto Io e i miei pappagalli ultimato nel 1941) un gioco di scatole cinesi che ci fa comprendere l’amore, l’ammirazione di lui verso di lei, mentre lei guarda fieramente verso di noi.

© Nickolas Muray Photo

L’incontro tra Muray e Kahlo avviene quasi per caso: nel 1923 Nickolas Muray incontrò l’artista messicano Miguel Covarrubias che era venuto a New York con una borsa di studio di sei mesi offerta dal governo messicano. Poco dopo il suo arrivo, Covarrubias iniziò a lavorare per Vanity Fair – rivista alla quale Muray contribuiva da diversi anni con i suoi ritratti di celebrità – e i due diventarono presto amici. Nel 1931 Muray si recò in Messico in vacanza con Covarrubias e sua moglie Rosa. Poiché Covarrubias era stato uno studente di Diego Rivera, era inevitabile che Frida Kahlo e Nickolas Muray si incontrassero. Ed era altrettanto inevitabile che il magnetismo unico di Frida conquistasse Nickolas. I due iniziarono una storia d’amore che continuò e si spense per i successivi dieci anni e un’amicizia che durò fino alla sua morte, nel 1954.

Sono circa sessanta gli scatti in mostra che raccontano il percorso professionale e personale di Frida, a partire dagli scatti del 1937 a Tizapan in Messico, per chiudere con quelli del 1948 a Pedregal e Coyoacan. In questo lasso di tempo nascono alcune delle foto più importanti mai fatte a Frida Kahlo, come quelle realizzate nel 1939 nello studio di Muray e nel 1946 a New York, esposte in successione temporale come a ricostruire un album fotografico di famiglia.

Bellissima e rara la foto in in cui indossa un curioso paio di orecchini a forma di piccole mani, regalo “surrealista” di Pablo Picasso: il grande artista spagnolo aveva grande stima della sua pittura: «Né tu, né Derain, né io sappiamo dipingere volti come quelli di Frida Kahlo». Così scriveva  Picasso a Diego Rivera dopo aver visto una sua mostra parigina.

Frida Kahlo with Picasso Earrings © Nickolas Muray Photo

Articolato il corredo narrativo pensato a complemento delle fotografie: in mostra copia delle lettere spedite al suo amato (“firmate” con lo stampo di un bacio lasciato dal rossetto rosso), la ricostruzione del letto “d’arte e di sofferenza” dal quale Frida dipinse (un letto a baldacchino al cui soffitto venne legato uno specchio in modo che lei potesse vedersi; come lei stessa ebbe a dire : “Dipingo me stessa perché sono il soggetto che conosco meglio”), la riproduzione degli ambienti cari a Frida e la simulazione multimediale, in collaborazione con il Museo FRIDA KAHLO Riviera Maya  in Messico, dell’incidente che segnò la vita dell’artista; scriverà Frida: “Ho subito due gravi incidenti nella mia vita… il primo è stato quando un tram mi ha travolto e il secondo è stato Diego”.

Curiosa anche la registrazione della voce a lei attribuita: nel 2019 la Fonoteca Nacional del Messico ha rilasciato un audio nel quale si sente una voce che viene attribuita a Frida. Si tratterebbe di un frammento di un’intervista andata in onda tra il 1953 e 1954 sull’emittente radiotelevisiva messicana Xew. Se fosse confermata l’autenticità del reperto (i pareri sono discordanti) si tratterebbe dell’unica registrazione in circolazione contenente la voce di Frida. Una mostra che restituisce il grande potere seduttivo di Frida Khalo, personaggio il cui fascino sublimato giunge sino a noi, restituito dallo sguardo di un grande artista.

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About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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Un commento

  1. Le fotografie sono molto belle. Le audioguide devono essere monouso o disinfettate prima di essere date; inoltre chi le distribuiva non era molto gentile nelle spiegazioni in quanto pretendeva di fare una spiegazione congiuntamente a più persone. Il video con la storia non si sentiva bene a causa del volume molto basso inoltre non c’era personale che gestiva i disturbatori.

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