Ezio Gribauodo, Omaggio a Giovanni Paolo II, Torino, Duomo, dal 26 al 27 Aprile 2014, mostra a cura di Paola Gribaudo
Oggi e domani 27 aprile 2014, la canonizzazione di Giovanni Paolo II sarà celebrata a Torino con l’esposizione dell’opera di Ezio Gribaudo nel Duomo. L’esposizione sarà visitabile dalle 9 alle 18.30
Per l’occasione, Canale Arte pubblica uno stralcio della prefazione al Catalogo “Ezio Gribaudo e il Concilio Vaticano II” edito da Skira per una recente mostra organizzata nel Palazzo Municipale di San Mauro torinese
I Simboli del Concilio di Ezio Gribaudo, inscenando un vero e proprio pellegrinaggio, raccolgono le tracce dell’intera cultura occidentale: a partire dal substrato grafico e alfabetico della pittura di Giotto e dal tonalismo Cinquecentesco di scuola veneta, le figure sono filtrate attraverso particolari e stranianti riletture dell’Umanesimo. L’Illuminismo è immortalato nella sua matrice di conquista ecumenica, rapporto evolutivo tra scienza e fede, tra speculazione e convinzione intima. Le fenditure e gli allontanamenti concettuali dallo spazio di rappresentazione, tratti in salvo dalle rapide delle avanguardie, sono ricollocati in circolo sulla tela, in un’interiorizzazione pacificata di elementi rivoluzionari. Gli esercizi barocchi, i cromatismi e la sacralità ieratica delle volute consentono al messaggio di involarsi verso rive di levante: mosaici bizantini illuminano una nuova alba dell’evangelizzazione. L’aurorale pretesto dell’Oriente si presenta ad Ezio Gribaudo come punto di fuga per un’esausta prospettiva occidentalizzata, cristallizzata nei concetti di autorialità, individualità, storicizzazione. Mitre cardinalizie, paramenti e indizi del potere temporale transustanziano in simulacri, per ritornare, definitivamente, pesci, pane e vino, arcaiche effigi, decorazioni paleocristiane… Archeologici fregi sono riformulati per l’occasione in una fruttifera dicotomia tra iconografia e iconoclastia. La Chiesa è colta, così, in un plausibile percorso di ritorno ad origini comunitarie, nella completa rivalutazione delle radici apostoliche. Le lettere di una lingua assoluta prendono vita: grafia universale, esperanto concreto, ibridazione ideale tra parola e figura.
Il passaggio obbligato attraverso la riduzione dell’immagine in una sorta di scrittura segnica era già stato individuato nei testi di Giuseppe Marchiori del 1964. Il critico intuiva, in contrasto con l’opera di Sergio Vacchi, una definizione della sensualità che esulava dall’esplicitazione carnale per farsi momento grafico spirituale: anima della comunicazione. Nello stesso anno, infatti, l’artista bolognese pubblicava, per le Edizione d’Arte Fratelli Pozzo curate dallo stesso Gribaudo, il proprio catalogo di tele intitolate al Concilio. Enrico Crispolti, che aveva dedicato intense pagine all’espressività sensuale di Vacchi avvicinandolo alla tesa e scarna prosa di Samuel Beckett, riconosceva ai simboli di Ezio Gribaudo, distanti dalle opere del primo per stile e tematica, un autentico impulso elegiaco, un’originale riflessività sognante e distaccata.
L’emotiva partecipazione che Andreina Griseri notava nell’indagine di inusitati anfratti della fantasia si accompagnava idealmente con la positiva riscoperta della linea arginante, del tratto realizzato a punta di pennello, che Albino Galvano consigliava come singolare rimedio alla pittura informale. Un tentativo di rinascimento umanistico nel pieno degli Anni Sessanta? La formulazione diaristica e il fremito pulsionale abbozzano gli affetti senza proporne una copia definita, alludendo ad una volontà di rielaborazione teorica personale e collettiva. Nel confronto con il Concilio Ecumenico Vaticano II, tenutosi dal 1962 al 1965, la cronaca si insinua nel taglio introspettivo, nel dettato intimistico. L’accenno all’attualità, alla rilevanza storica dell’evento, si palesa in filigrana, in laminate presenze, in misurate intuizioni. L’esplosione del colore non attende: è preventivata nel tracciato. Anche dopo mezzo secolo, allo stesso modo, la vena di ispirazione potrà vagare da un’opera all’altra, gioiosa e stimolante, coinvolgente per ogni aspetto dell’esistenza e del sapere, del passato e del presente. Negli omaggi a Giovanni Paolo II, a Benedetto XVI, al Cardinale Carlo Maria Martini, la creazione si ritroverà certa della propria libertà, perché conscia della scelta compiuta, della decisione necessaria. Aprire alla modernità, ripartendo dal Concilio – come recentemente affermato da Papa Francesco in un’intervista a Eugenio Scalfari – potrà essere il correlativo etico e sociale di questo dominio di emancipazione: destino comune al linguaggio dell’arte, della filosofia e della religione…