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Addio alla Signora del design, Elsa Peretti, icona del gioiello internazionale.

E’ mancata la Signora del Gioiello, Elsa Peretti, nota per la sua collaborazione con Tiffany and Co.; per il celebre marchio ha disegnati gioielli oggi famosi in tutto il mondo, come il bracciale Bone, che ha compiuto 50 anni. Dotata di un talento straordinario, la ricordiamo con questo articolo scritto per celebrare il suo ottantesimo compleanno, nel maggio del 2020.

 

Image of Elsa Peretti from the catalogue Elsa Peretti My Forty Plus Years with Tiffany, 2008 ph. cr. Eric Boman

 

“La qualità di un progetto dipende dal grado, sia pur minimo, di cambiamento culturale che innesca”. Questa celebre frase di Enzo Mari restituisce pienamente il contributo di Elsa Peretti al mondo del design e della creatività, legando in modo indelebile il suo nome al gioiello e ad una celebre maison – Tiffany & Co. – collaborazione che dura dall’inizio degli anni ‘70. Elsa non solo ha provocato un cambiamento culturale nell’ambito del design (a partire da una nuova percezione del valore dell’argento per l’ornamento come lusso democratico e la possibilità di estenderlo a  molti aspetti del quotidiano): la vita stessa di Elsa è emblema di un’evoluzione socio-culturale (e non solo fulgido esempio di indipendenza al femminile) che agilmente cavalca i decenni e li interpreta sempre in leggero anticipo, con il mistero e la grazia di quei pochi che sono dotati di un anticonformismo naturale, coerente a se stesso e diverso da tutti, a partire dalla scelta di essere una donna libera, creativa, imprenditrice di se stessa, artigiana, ma anche modella, filantropa, donna di mondo che dal mondo si è voluta esiliare per dare vita a nuovi progetti.

Elsa Peretti® medium Bone cuff in sterling silver and Elsa Peretti® large Bone cuff in 18k gold,Tiffany & Co.

Bella di una bellezza eclatante, che indossa con la naturalezza di un abito solo apparentemente facile da portare, ha celebrato poco tempo fa 80 anni nella sua casa a San Martí Vell, un villaggio vicino Barcellona che lei stessa ha fatto rinascere negli anni (dalla prima casa acquistata qui nel 1968), proiezione del suo mondo, lei che il mondo lo ha vissuto e percorso instancabilmente; da qui continua ad irradiare il proprio universo creativo che coinvolge l’impegno sociale, perché Bellezza significa anche armonia tra le persone: la Fondazione Nando ed Elsa Peretti, fondata nel 2000 e dedicata alla memoria di suo padre – storico fondatore dell’API, Anonima Petroli Italiana –  nell’arco dei suoi vent’anni di vita, ha finanziato oltre 1000 progetti senza fini di lucro in più di 80 paesi per un investimento complessivo di oltre 56 milioni di euro. La Fondazione nasce originariamente con una doppia vocazione: da un lato un’attenzione privilegiata agli interventi umanitari e di prima emergenza, nonché di sostegno materiale a soggetti in situazioni di grave povertà e indigenza; dall’altro un convinto impegno di conservazione dell’ambiente e protezione della biodiversità animale e vegetale.  Nel corso degli anni la NaEPF ha progressivamente ampliato i propri settori di intervento e diversificato la tipologia dei progetti che sostiene, nel tentativo di rispecchiare una visione filantropica più ampia. Oggi la Fondazione infatti è impegnata anche a sostenere programmi volti alla tutela e alla promozione dei diritti umani, progetti di promozione della salute fisica e mentale e progetti culturali.

Elsa Peretti® Bean® purses, Photo credit Josh Haskin

Le interviste rilasciate negli anni restituiscono una personalità forte, che mira dritta al punto e che detta le proprie regole, un carisma trasmesso alle sue opere diventate, nel tempo, pietre miliari del design della seconda metà del XX secolo (ma con il crisma dell’opera dell’arte): molte di esse sono entrate nelle collezioni permanenti di istituzioni come il  British Museum di Londra  – che nel 2009 le ha dedicato una mostra acquisendo trenta opere – , del Metropolitan Museum of Art di New York, del Museum of Fine Arts di Boston. Numerose le mostre e i riconoscimenti ricevuti; in occasione del suo 25° anniversario di collaborazione con Tiffany & Co., nel 1990, la Maison ha creato (prima volta in assoluto) la cattedra “Elsa Peretti Professorship in Jewelry Design” presso il Fashion Institute of Technology di New York, e l’ha insignita anche di una laurea honoris causa. Ultimo in ordine di tempo, il premio internazionale alla carriera “Leonardo da Vinci” conferitole nell’ambito della XII Biennale di Firenze nel 2019.

Elsa Peretti® Scorpion Necklace, ph. cr. Josh Haskin

 

La sua biografia aiuta – in parte – a comprenderne il temperamento, ma, aspetto più rilevante, permette di cogliere la pluralità di stimoli culturali e sociali che ella ha saputo tradurre e interpretare in modo assolutamente personale, sostenuta da un naturale talento per il disegno e senso per le volumetrie. Nata a Firenze il primo maggio del 1940 in una famiglia dell’alta borghesia, dopo gli studi a Roma fugge di casa e da un ambiente considerato troppo formale per riparare in Svizzera, dove si mantiene con lezioni di sci; dopo un corso da interior design a Milano ed una collaborazione nello studio di Dado Torrigiani, giunge nella Barcellona della metà degli anni ‘60, scintillante milieu culturale (nonostante il Franchismo) dove conosce artisti e intellettuali che ne segneranno la formazione e ne coltiveranno l’estro creativo (posa in abiti da suora per Salvador Dalí, scopre il fascino delle architetture organiche di Antoni Gaudí); un amore, quello con la Spagna, che non muterà nel tempo e che sarà sempre fortemente ricambiato. La figura slanciata ed il portamento elegante le permettono di avviare una fortunata carriera da modella nella New York della fine degli anni ‘60: l’immagine di Helmut Newton di qualche anno dopo che la ritrae come statuaria ma disincantata coniglietta di Playboy sul tetto del suo appartamento a Manhattan coglie perfettamente lo spirito del tempo e – fatalmente – le intenzioni della giovane Elsa, che saprà cogliere tutte le possibilità della grande mela (a cui dedicherà anche un gioiello). Naturalmente curiosa e versatile, inizia a disegnare gioielli per l’amico stilista Giorgio di Sant’Angelo: a questo periodo – e al ricordo di una Portofino sfavillante di eleganti signore in abiti di Pucci – Elsa associa la nascita della sua vera prima opera: una piccola bottiglia in argento da portare al collo per tenere in vita una gardenia.

 

Elsa Peretti® Bone cuff advertisement shot by Hiro, Tiffany & Co.

 

Quale manifesto più radicale di un object trouvé – poi plasmato sino a diventare un filone creativo, the bottle – da indossare con un gesto prossimo alla performance? Inevitabile ripensare al surrealismo di Dalí, alle forme sinuose e curvilinee dei desideri liquidi, alle azioni da opera d’arte vivente non così lontane dalle atmosfere delle passerelle d’autore. In un colpo solo Elsa azzera la differenza tra ornamento per la persona e oggetto di design (rendendo plausibile un vaso con un fiore al collo invece che al centro del tavolo!) un equilibrio instabile ma verosimile con cui ama giocare, coniugando mondi prossimi e lontanissimi, la Natura e la sua trasfigurazione astratta, l’audacia dell’Idea e la purezza della Linea. Un innato senso per la scultura dalle linee stondate, di matrice organica, gioca qui un ruolo nodale, per cui un gioiello è un ornamento che si può indossare ma che si può ammirare come un oggetto d’arte in sé compiuto senza che perda un grammo della sua forza, proprio come sosteneva Dalí. A questo va aggiunta una qualità tattile che ella ricerca con una scelta oculata delle pietre (prediligendo il taglio cabochon per i turchesi, la giada nera o verde alternata all’oro) e un trattamento del metallo che deve apparire lucente, levigatissimo, quasi liquido alla vista, piacevole da accarezzare.

Elsa Peretti® Cabochon ring in 18k gold with green jade, Tiffany & Co.

 

In quegli anni continua ad essere una modella di successo (ricordiamo la collaborazione con il grande fotografo Hiro), frequenta il jet-set, è richiesta e amata dal mondo del fashion, ma il primo successo con Sant’Angelo la incoraggia nel continuare a disegnare gioielli: nel 1971 inizia a posare come modella e parallelamente a disegnare creazioni per Halston, il re degli stilisti newyorkesi. Nello stesso periodo collabora con lo scultore Xavier Corbero in Spagna, le sue opere riscuotono successo da Bloomingdale’s a New York che le dedica una boutique in esclusiva e viene insignita del prestigioso Coty Award. Con Halston nasce un vero e proprio sodalizio artistico: Elsa sarà musa, modella, amica; per lui disegna una celebre bottiglia di profumo e sarà proprio Halston, nel 1974, ad accompagnarla al colloquio da Tiffany & Co. La collaborazione inizia subito e i suoi gioielli vengono esauriti nel primo giorno di vendita. Un successo immediato e globale anche per un metallo, l’argento, che Elsa predilige: considerato fin ad allora poco attraente per il gioiello, diventa nelle sue mani un materiale duttile e sofisticato, e al contempo abbordabile per i costi più contenuti rispetto all’oro, appetibile anche da un pubblico più vasto dell’élite della Quinta Strada: un sogno democratico, che la leggenda e l’autorevolezza del nome Tiffany mantiene ad alto tasso di glamour. L’argento modellato, sinuoso e sensuale (la conoscenza profonda del mondo della moda si rivela un dato essenziale per la valorizzazione del corpo) è perfetto per una donna contemporanea che ama il lusso della semplicità. Elsa, nel tempo, introdurrà anche altri materiali come la seta, la lacca, il legno, cristallo, persino il bambù  – che utilizza per delle spettacolari borsette da sera laccate d’argento, d’oro o di platino, chiuse da raffinate corde di seta e fermagli di giada – anche per gli oggetti per la casa che realizzerà dagli anni ‘80; visiterà l’Oriente e in particolare il Giappone, sposandone la cultura, ammirandone e carpendone con intelligenza le conoscenze artigiane millenarie e lo stile essenziale, così affine alla sua sensibilità.

Elsa Peretti® Mesh scarf necklace, ph. cr. Josh Haskin

 

Sono anni di grandi successi personali, di frequentazioni che ne fanno una vera e propria protagonista della New York di quegli anni: Liza Minnelli (che indosserà praticamente tutti i suoi gioielli in celebri scatti) Diana Vreeland, Liz Taylor, Andy Warhol, Joe Eula tra i suoi amici. Dopo l’inizio degli anni ‘80, pur avendo a disposizione diverse case in giro per il mondo, sceglie progressivamente la Spagna come luogo del cuore, anche in questo caso dando sfogo appieno alla sua creatività nel ridare vita ad un antico villaggio, officina delle idee oltre che “casa” nel senso più completo del termine.

Molti gli ambiti concettuali in cui si muove la sua creatività, forse il più celebre è quello anatomico da cui nasce il Bone, bracciale disegnato seguendo l’anatomia del polso e dell’osso che ne sporge (pensato quindi per il destro e per il sinistro): indossato diventa tutt’uno con la persona, protesi metallica per elegantissime donne guerriere dai corpi ibridi. Un progetto iconico che nasce da un ricordo dell’infanzia, le visite alla cripta dei Cappuccini in via Veneto a Roma foderate di ossa dei monaci e a quei piccoli, innocenti furti di amabili resti che Elsa bambina trovava così affascinanti nella loro serica sinuosità. Una seconda versione del Bone presenta una fenditura persino troppo realistica, ma la fluidità la rende comunque ipnotica e attraente. Splendido il candeliere in argento, un osso che si avvita su sé stesso, fiabesco e surreale, cristallizzato nella sua metamorfosi. I suoi gioielli sono masse ben visibili, sculture sciolte che non imitano pedissequamente la Natura ma ad essa si ispirano astraendola grazie ad un continuo lavoro di sottrazione.

Nella realizzazione del progetto nella sua complessità Elsa si accosta a temi come la portabilità, la produzione e riproducibilità su larga scala: negli stessi anni Giancarlo Montebello, editore di gioielli d’artista in Milano, conduce una partita simile, suggerendo al mondo come il gioiello d’artista possa diventare quasi un bene collettivo attraverso il multiplo, senza perderne in qualità ed esclusività.  Anche i modelli creati da Elsa, pur nati nell’epoca del consumismo di massa, mantengono negli anni un valore che è sempre attuale o in crescita, al pari dell’opera d’arte. Grazie ad un’accorta strategia di distribuzione della Maison oggi non è raro cercare suoi pezzi fuori produzione e individuarli alle aste, talvolta non tra i gioielli, ma tra le sculture preziose, ambite dai collezionisti. Come nel periodo dell’Art Déco (sorprendente e illuminante scoprire che Andy Warhol, grande amico di Elsa, collezionava i gioielli modernisti realizzati negli anni ‘30 da Jean Després, che prediligeva la lunare freddezza dell’argento all’oro) ella si fa interprete di una donna con un nuovo senso dello stile, dove la Bellezza è data da un’armonia che inneggia alla semplicità non priva di scarti dal senso comune. Come se la frenesia degli anni ‘70 dovesse tradursi – quasi per fatale contrappasso – in forme sobrie e piacevoli al tatto (smussate dal tempo, dal vento, dal tocco della mano) composizioni ritmate, organiche, funzionali, che, a prescindere della preziosità dei materiali impiegati, esaltano la nuda invenzione formale.

Nelle creazioni della Peretti, proprio come per il pop di Warhol, il richiamo alla moda è capace di acquisire l’iconicità e l’atemporalità dell’Arte. Altre donne in epoche diverse hanno compreso e valorizzato l’importanza dell’accessorio come complemento essenziale della persona e il gioiello come prolungamento del corpo: si pensi a Coco Chanel, Elsa Schiaparelli, e, nel campo del gioiello “organico”, la svedese Vivianna Torun, o ancora Claire Falkenstein, artista americana esponente dell’espressionismo astratto le cui sculture di vuoti e linee concentriche si declinano felicemente in gioielli di grande personalità, sempre attuali.

Tutto nel mondo di Elsa si trasforma grazie al suo tocco: cristallizzare una forma vuol dire trovarne l’essenza. La seta nella spilla Amapola riproduce fedelmente la vividezza del petalo di papavero con un rapido accenno conciso, quasi astratto; l’umile seme, il Bean, simbolo della vita, riprodotto in materiali diversi e differenti scale acquisisce un valore scultoreo dagli inaspettati effetti ergonomici (Elsa ne ricava persino una clutch da sera perfettamente aderente alla mano); zucche, mele (poco più di una linea vuota col picciolo, ma quale forza evocativa!), tonde lacrime come orecchini (meglio lì che in viso, dirà lei), diventano elementi di un linguaggio sempre nuovo e riconoscibilissimo per coerenza di stile, che apre a nuove narrazioni. Il mondo della Natura è sempre, negli anni, fonte di ispirazione, a partire dall’oceano che Elsa ama molto, e include conchiglie, stelle marine suggerite da sottili grafismi (oggi la stella è simbolo della sua Fondazione), onde marine, la bellissima collana Aegean che imita la falsata percezione visiva di un oggetto sott’acqua. Poesia e sogno si uniscono magistralmente alla capacità di assorbire e fare propri simboli universali (e per questo difficilissimi) come il cuore: ispirata alle forme cave di Henry Moore, riesce a trarne un modello – l’Open Heart – che è ancora oggi uno dei gioielli Tiffany più venduti. Tra le innovazioni, anche tecniche, le Mesh Jewelry, la maglia metallica che drappeggia come un tessuto, i diamanti resi accessibili ma non per questo meno preziosi nei Diamonds by the Yard, lunghe catene d’oro decorate da singoli diamanti con essenziali montature a castone,  la cintura Equestrian che le ricorda gli amati cavalli, la collana ad artiglio o quelle a foggia di scorpione o serpente attorcigliato, monili dal fascino ipnotico che ancora una volta attraggono invece di respingere.

Bracciale Bone cuff di Elsa Peretti® per Tiffany & Co., 2020, ph. cr.Thomas Milewski

Proprio il giorno del suo compleanno, il primo maggio, ricorrono i 50 anni del Bracciale Bone, caposaldo della sua poetica e ancora oggi uno dei simboli della Maison: Tiffany & Co., per festeggiare questa doppia importante ricorrenza, ne presenta un’edizione speciale in nuove sfumature di colore – rosso, blu e verde – e nella versione con pietre dure. Un omaggio ad un oggetto senza tempo che ancora una volta compie la sua magia, restituendo l’emozione di una precisa consapevolezza, di forza e seduzione, che si proietta nel futuro.

La rivoluzione può passare da una semplice linea sinuosa.

 

 

Paola Stroppiana

 

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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