Grande interesse, testimoniato dal folto pubblico che riempiva la sala, ha suscitato l’incontro sulle nuove norme sull’esportazione dei Beni Culturali in Italia promosso dalla Casa d’Aste Sant’Agostino a Torino.
Come raccolto da chi scrive secondo molti dei presenti, in massima parte operatori del settore, galleristi, collezionisti (ma anche molti avvocati) sono assolutamente necessari momenti di confronto come quello proposto per fare il punto su decreti attuativi di grande importanza per il mercato dell’arte (attesi peraltro da molto tempo), ma risulta quantomeno curioso che non siano proposti dalle istituzioni pubbliche e siano lasciati all’iniziativa di privati. La Soprintendenza, pur invitata all’incontro, non era rappresentata da alcun funzionario.
Vanessa Carioggia della Casa d’Aste Sant’Agostino dal 1969, che ha proposto l’incontro e moderato i numerosi interventi, ha ricordato come in Italia il 60% degli acquirenti di opere d’arte risieda in Piemonte e come dunque le nuove regole coinvolgano fortemente in primis il nostro territorio, per cui risulta fondamentale approfondire i temi e confrontare la nostra legislazione con quella degli altri paesi, in un mondo sì, sempre più globalizzato, ma non in questo settore, dove le diverse regole, differenti da stato a stato anche all’interno del Unione Europea, penalizzano fortemente il nostro paese rispetto ad altre situazioni, rendendo vita difficile a chi, come i galleristi, vive da anni una concorrenza fortemente debilitante.
Negli intenti la legge sulle nuove norme che regolano l’esportazione dei beni culturali, illustrata dalla Dottoressa Silvia Vitrò, Presidente di sezione del Tribunale delle imprese di Torino, intende dare nuovo slancio al mercato dell’arte, svincolandolo in parte dal controllo indiscriminato degli Uffici d’Esportazione, come sostenuto dall’avvocato Giuseppe Calbi, tra i promotori della riforma e presente al dibattito. Tra le principali novità della legge, entrata in vigore nell’agosto del 2017, c’è l’allungamento della soglia temporale di rilevanza al fine della tutela da 50 anni a 70 anni dalla data della creazione dell’opera, in caso di artista defunto. Il Ministero, nel caso riscontri un eccezionale interesse culturale, ha facoltà tuttavia di sottoporre a tutela le opere che hanno superato la soglia dei 50 anni; in caso di autocertificazione finalizzata all’esportazione di un’opera, l’Ufficio Esportazione può dichiarare l’interesse culturale nel termine perentorio di 60 giorni dalla presentazione della dichiarazione. L’altra novità è l’abbassamento della soglia economica a 13.500 euro, al di sotto della quale le opere possono essere esportate con un’autodichiarazione.
Un limite economico che è ai più appare eccessivamente restrittivo, come dichiara la gallerista Rossella Colombari, che lamenta il poco sostegno del Ministero a tutto il mondo dell’arte, inteso come motore economico in grado di generare ricchezza anche i termini di occupazione; opinione condivisa da Enrico Frascione, presidente dell’Associazione Antiquari d’Italia, che chiosa quella dei 13.500 euro come “una sogliola più che una soglia”, e nota come sia eccessivamente lasciata alla discrezione dei singoli Uffici valutare questo limite e dichiarare “il giusto prezzo”: abbassare troppo i valori rispetto a quelli di mercato crea delle discrepanze notevoli – talvolta più che imbarazzanti – nell’atto della compravendita, che dovrebbe restare a discrezione del commerciante.
Per quanto riguarda i dati di mercato Marilena Pirrelli del Sole 24 ore fa notare come nell’ultimo anno il mercato dell’arte abbia avuto una ripresa, in particolare grazie all’arte del ‘900 e del Post War, ma come notevoli siano le differenze nel paniere UE se si confrontano i singoli dati, e questo a discapito del nostro paese, poiché la normativa vigente non valorizza l’arte in situ ma sposta l’economia italiana fuori dall’Italia stessa. La dottoressa Pirrelli a questo proposito auspica la pubblicazione delle notifiche più importanti registrate dal Ministero, invitando non solo a renderle pubbliche ma anche a valorizzare le opere notificate, poiché la notifica senza valorizzazione appare un concetto poco coerente.
Per quanto riguardo il mercato globale l’Italia rappresenta solo l’1% (la pittura è la categoria che fa da padrone, anche se la scultura sta salendo nell’interesse) esportando in America, Regno Unito e Svizzera. In forte crescita l’esportazione verso l’Asia e la Cina, e quest’ultima può essere davvero una grande risorsa futura di mercato (Pirrelli sorridendo esorta a pubblicare più cataloghi in cinese! n.d.r.). In termini di esportazione la parte del leone la fa la Svizzera, seguita dal Regno Unito, nonostante la Brexit. Un altro dato interessante che emerge è che nell’ultimo anno di mercato ha spopolato la fascia alta di prezzo: sono i grandi capolavori, sopra i 10 milioni di euro, a muovere il mercato anche delle aste, mentre soffrono le opere di media fascia. I top lot dell’Italian Sales a Londra nel 2017 rimangono Fontana, seguito da Burri e Manzoni.
Roberto Cena, della galleria antiquaria Il Cartiglio, sottolinea le criticità degli ultimi anni, in cui si è sviluppata una concorrenza non leale nelle esportazioni per i tempi di attesa dei certificati (obbligatori anche a fini penali per la legislazione italiana) che richiedono dai 30 ai 40 giorni, tempi considerati assolutamente non competitivi in un ambito di compravendita internazionale, e che spingono molti a svicolare dalle regole, ponendo in difficoltà chi invece ha un comportamento ligio. D’altra parte le Soprintendenze sono fortemente sotto organico, una carenza che non può riversarvi sull’utente che obbligatoriamente ha questa necessità: “[…] da una parte lo Stato rivendica il diritto della tutela, a cui fa seguire una carenza di strumenti per supportarla. Il controllo e la tutela sono doverosi in uno Stato che intende valorizzare il proprio patrimonio, ma non a scapito del mercato”.
Chiude la giornata la testimonianza del collezionista Luigi Quaranta che parla del suo ruolo come quello di un “importatore”di opere d’arte. L’ingegner Quaranta non ha seguito le regole dell’arte come investimento: per lui (che si definsice bulimico frequentatore di diversi campi collezionistici) l’arte non è bene rifugio, o quanto meno non solo: si auspica che i beni e le opere d’arte italiane possano circolare sempre di più perché è così che si fortifica il mercato italiano all’estero e solo così lo si valorizza. In alternativa, chiosa con una battuta, “il collezionista italiano o è un santo o è un pazzo”.
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