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Alighiero Boetti, Svelare e Rivelare, 1992, Torino, collezione privata

Il ricamo e la biro nella mostra di Alighiero Boetti a Palazzo Mazzetti di Asti

Sarà visitabile sino a domenica 15 luglio, PERFILOEPERSEGNO, personale di Alighiero Boetti presso Palazzo Mazzetti di Asti. La mostra, interamente prodotta dalla Fondazione Palazzo Mazzetti e dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, è curata dalla storica dell’arte Laura Cherubini in collaborazione con Maria Federica Chiola, che ne ha proposto l’idea.

Inaugurazione mostra Alighiero Boetti, Perfiloe perSegno Palazzo Mazzetti, Asti

Come afferma la curatrice, Laura Cherubini, studiosa e amica personale dell’artista, nell’ elaborazione del concept della mostra si è tenuto conto in prima istanza del luogo: Asti è stata sede di famose arazzerie, in particolare l’Arazzeria Scassa, fondata nel 1957 da Ugo Scassa, maestro della lavorazione e produzione di arazzi e celebre per aver tradotto in tessuto le opere di famosi pittori del ‘900 come Capogrossi, Corpora e Santomaso. Si è pensato quindi ad una mostra mirata su alcuni degli aspetti fondamentali della ricerca di Boetti, e tuttavia  poco studiati, in particolare il rapporto tra biro e ricami. Quest’ultimo è certamente noto alla critica, meno al pubblico, e non era mai stato affrontato con un approfondimento specifico che analizzasse i punti di contatto e le affinità tra i due media. Palazzo Mazzetti inoltre è legato concettualmente al progetto, perché scrigno di molti oggetti preziosi in ambito decorativo, afferibili alle cosiddette arti minori, che Alighiero non considerava assolutamente tali, tanto da scegliere il ricamo tra le sue pratiche artistiche.

Alighiero-Boetti-Alternandosi-e-Dividendosi-Positivo-e-Negativo-Asti-collezione-privata

Parallellamente alla ricerca sui ricami dal 1970 in avanti (anche se il primo lavoro in questo senso è Territori Occupati, ricamo a punto croce, fatto realizzare nel 1969; il soggetto sarà poi inciso su lastre di rame) Alighiero porta avanti quella con l’utilizzo delle biro. Entrambi i lavori sono delegati a mani altrui, riservando a sé la parte di “regista creativo”: nel caso degli arazzi l’artista delega la produzione alle donne afgane e, dopo l’occupazione sovietica, alla maestranze afgane esiliate in Pakistan. Nel caso delle biro colorate si tratta di una produzione realizzata in Italia e diretta da Mariangela de Gaetano, che organizzava il lavoro con studenti abituati a maneggiare uno strumento comune come la biro. Il lavoro consiste in un tratteggio monocromo con penna a sfera fino a saturare l’intera superficie disponibile, lasciando in bianco dei motivi, lettere dell’alfabeto e virgole come note sullo spartito musicale.

Alighiero Boetti, Le parole che uccidono, 1983, penna verde su carta intelata, Genova, collezione privata

Il ricamo era nella storia familiare di Boetti: la madre Adelina Marchisio, in un momento di difficoltà economica della famiglia, mise in piedi una piccola impresa di ricamatrici per corredi e abiti da sposa. “Linguaggio come merletto”: sono parole sottolineate da Alighiero nel suo libro preferito, Corpo d’amore di Norman O’ Brown. Curioso anche il riferimento ad un suo antenato nato ad Asti, Giovan Battista Boetti, frate domenicano missionario in Medio Oriente dalla vita avventurosa: convertito al sufismo, combatte con il nome Mansur l’imperialismo zarista nel Caucaso e finisce i suoi giorni imprigionato in una fortezza sul Mar Baltico. Alighiero adorava questo personaggio e il Medio Oriente, in particolare l’Afghanistan, terra con cui ebbe uno stretto rapporto per tutto la vita.

Alighiero Boetti, Svelare e Rivelare, 1992, Torino collezione privata

La prima volta che si reca Kabul vede le ricamatrici sulla soglia e commissiona loro tre fazzoletti per la cifra di 50 dollari: AEIOU, che gioca sulla parola “Italia”, è esposto in mostra, mentre su un altro fazzoletto fece ricamare la sua data di morte (purtroppo da lui prevista molti anni dopo quella effettiva, avvenuta nel 1994 quando aveva solo 54 anni). “Non sono un pittore. Sono un’artista ed è per questo che uso tecniche non pittoriche […] Usando i fili da ricamo come colori e pastelli ho impiegato una tecnica non pittorica per esprimere idee pittoriche….”.

Il tema del tempo è importantissimo nella ricerca di Boetti, “dare tempo al tempo,” “ammazzare il tempo”,  sono sue frasi ricorrenti. Boetti inoltre amava l’ars combinatoria delle lettere e delle date, sostenendo che in esse vi è una Bellezza in sé perché è il Tempo che lavora per te…. Dare tempo al tempo è anche il titolo del testo di Jean Christophe Amman, grande critico e studioso che per primo ha creduto al lavoro di Alighiero a livello internazionale, il quale ha scritto “[…] Quel che la biro rappresenta per un occidentale, per un Afgano è il ricamo, che come una memoria sovraindividuale reca in sé parti della biografia collettiva.”

Alighiero Boetti, Senza titolo, 1994-1995 tappeto in lana e cotone, Parigi, Collezione Agata Boetti

La mostra quindi è un racconto di una memoria corale in confronto serrato tra Oriente e Occidente. Il percorso si compone di 65 opere: al piano nobile di Palazzo Mazzetti sono ambientati i ricami, (Le Mappe, I vedenti, Ordine e disordine…), raccolta di frasi e pensieri riferite al tempo, tessuti all’interno di quadrati come formule matematiche, arazzi, arazzetti e i tappeti Kilim, mentre al piano terreno sono esposti i lavori realizzati con la biro (OGGETTOESOGGETO, Aerei, Normale e Anormale…). Sui lavori realizzati con la biro l’artista afferma “C’è la consapevolezza che si può usare tutto per fare arte senza nessuna gerarchia… Difatti i lavori con le biro sono opere bellissime che nascono dall’inchiostro di una penna cheap, popolare, in cui ho trovato una qualità pittoresca”. Alla fine del percorso ci si rende conto che la trama pittorica è la stessa e i lavori percorrono dunque due binari paralleli, in uno stretto dialogo formale e concettuale che diventa un “diario”comune,  in cui sono narrate stori, storie, concetti di vita, pensieri.

Alighiero Boetti, Senza titolo (ordine e disordine), 1979, ricamo su tessuto, Varese, dettaglio, courtesy Matteo Lampertico (Milano)

Come ricorda il presidente Michele Maggiora, La Fondazione Palazzo Mazzetti è nata nel gennaio 2012 con il compito di proseguire le attività avviate dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Asti, socio Fondatore originario, e di creare un polo di attrazione culturale per tutto il territorio. Il direttore Andrea Rocco e l’architetto Chiola sottolineano come  l’esposizione si inserisca in un fruttuoso percorso intrapreso nel 2015, sempre con la collaborazione dell’architetto Chiola, con il progetto “Asti Contemporanea, collezioni private”. L’obbiettivo è quello di approfondire la cultura del contemporaneo nella città di Asti attraverso il dialogo con i collezionisti privati, le fondazioni e i musei.

 

Per info:

PERFILOEPERSEGNO, Alighiero Boetti
Corso Vittorio Alfieri, 357 Asti

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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