Daniel Mullen, 2018

I mondi astratti e cromatici di Daniel Mullen da PRIVATEVIEW a Torino

Nel maggio di due anni fa inaugurava in San Salvario la galleria PRIVATE VIEW dei giovani (anagraficamente parlando, considerata la grande esperienza da collezionisti) Silvia Borella e Mauro Piredda, con una personale del grande artista greco Antonis Donef, noto a livello internazionale per le sue opere realizzate con una straordinaria tecnica nell’ambito del disegno. Da quella mostra è trascorso un biennio, periodo nel quale i due galleristi hanno privilegiato l’attività all’estero, secondo l’antico adagio del  nemo propheta in patria, tanto è vero che le risposte fuori dall’Italia sono state molto buone.

Daniel Mullen, Elusive Monolith, 2017

Incontriamo il gallerista in occasione della personale In Search Of Higher Worlds dell’artista scozzese Daniel Mullen, in visita a Torino, visitabile su appuntamento sino al 19 maggio.

Mauro, puoi stilare un bilancio della vostra esperienza sino ad oggi?

In questo due anni, fedeli ad una nostra linea, abbiamo avuto ottime risposte in termini di critica e di vendite, in particolare dall’estero: abbiamo quindi intensificato la nostra presenza nelle fiere sia nel nord Europa (Rotterdam, Copenhagen, Bruxelles,  Vienna) e ora anche nel Sudamerica, dove saremo presenti in aprile alla Fiera Internazionale d’arte contemporanea SP-ARTE a San Paolo con uno stand monografico proprio dedicato a Daniel. Anche la linea della galleria si è in parte evoluta pur mantenendo la nostre scelte iniziali, che guardano ad un minimalismo cosciente, colto, con un back-ground importante. Lo studio della storia dell’arte, l’analisi del tratto, dell’aspetto cromatico, che a noi interessa moltissimo, emerge evidente in opere di grande rigore e compiutezza formale, che sarebbe riduttivo ricondurre ad un mero neo-minimalismo. Sono opere “empatiche”, che creano nuovi dialoghi con lo spettatore contemporaneo.

Daniel Mullen

Cosa ti è piaciuto del lavoro di Daniel?

In Daniel, che ho conosciuto per la prima volta in una mostra sul neo-astrattismo, apprezzo particolarmente la sua capacità di destrutturare la composizione sulla tela grezza, materia che io amo molto (e che anche per lui è un elemento nodale nella costruzione dell’opera) e la maturità di citare in modo autonomo le avanguardie europee, il Neo-plasticismo, lo Spazialismo, l’Optical, il Costruttivismo. Inoltre mi piace la sua scelta di prediligere strutture astratte (spesso realizzate con algoritmi) che possono essere autoportanti, ossia costruite con una serie di piani su cui idealmente anche l’occhio può trovare punti di appoggio, o totalmente sospese. Daniel, che ha esposto tra gli altri a New York e a Berlino, ha già un curriculum importante, nel 2012 è stato nominato per il premio Buning Brongers per la pittura; nello stesso anno è stato anche uno dei finalisti del programma televisivo Nieuwe Rembrant. Nel 2014 è stato nominato per il Koninklijke Prijs voor Schilderkunst (Il premio reale olandese per la pittura) e nel 2016 è stato selezionato per il premio Aesthetica Art.

Daniel, puoi parlarci della tua personale in galleria?

Sin dall’inizio dei miei studi ero interessato all’idea di uno spazio astratto che potesse essere creato e ordinato dall’immaginazione, uno spazio puro, vuoto: ho iniziato a dare vita a dipinti senza presenze umane o di altro genere perché non volevo fosse presente alcun riferimento ad una scala, poiché la scala è un limite alle possibilità di visione allo spettatore. Frammentando e decostruendo lo spazio in modo progressivo potevo, al contrario, moltiplicare queste possibilità.

In questa personale sono presenti più serie di lavori?

In questa mostra sono presenti quattro serie di lavori differenti, diverse esperienze visive che intendo esplorare (a cui lavoro in contemporanea). Per la serie intitolata “Retro-active” inizio direttamente dalla pittura di un singolo motivo che, come in un linguaggio visivo, costruisco e decostruisco mantenendo un equilibrio espansivo in cui alcune parti si evolvono, altre svaniscono. Gli spazi architettonici diventano impalcature, punti di appoggio visivi che “rassicurano” lo spettatore mentre in altri dipinti, al contrario, creo degli sfondamenti con l’utilizzo di linee convergenti che portano ad un senso di perdita totale di punti di riferimento, di vertigine. Tutte le serie sono collegate le une alle altre da almeno un elemento che ricompare e permette di ricostruire un ideale fil rouge tra i diversi linguaggi.

Daniel Mullen, Radiation Space, 2016

Nel dipinto con cerchi concentrici ho lavorato sulla tela come un tessuto, e ho insistito sul concetto di linea in modo tale da creare la profondità visiva grazie al gradiente di colore, dal più chiaro al più scuro. Le linee possono anche essere studiate come un frattale, un algoritmo che nuovamente si interseca con il gioco delle cromie per creare una prospettiva maggiore nel dipinto. Nella serie dei bianchi, la “White Series”, ho usato invece le diverse densità di velature sul bianco monocromo per ottenere la profondità dello spazio: un omaggio alla storia dell’arte, al minimalismo e al plasticismo.

Daniel Mullen, White Series

Quali gli altri campi di indagine?

Le linee sono poi state sviluppate nei Monolithe, dove ho realizzato un intreccio tra il disegno a matita e il dipinto con l’uso di nastri colorati sovrapposti alla tela : un lavoro molto complesso che è per me come una meditazione. Una volontà da parte mia di richiamare, di imitare il linguaggio digitale, dando l’impressione di riproducibilità, e al contempo di mostrare ad uno sguardo più attento le imprecisioni di un lavoro che rivendico come profondamente artigianale, realizzato a mano. Un’illusione della realtà, del progresso, della società stessa, che io intendo indagare con i miei lavori.

La tua è un’astrazione basata sulle strutture cromatiche e percettive ma anche quelle linguistiche, tanto da dedicare una serie alla sinestesia, figura retorica che fa riferimento all’associazione espressiva tra due parole pertinenti a due diverse sfere sensoriali, in questi casi una sequenza numerica tradotta in piani cromatici gradianti.

La serie Synaesthesia, che presenterò con PRIVATE VIEW a San Paolo, nasce in collaborazione con Lucy Engel. La sinestesia è un’esperienza sensoriale involontaria che si presenta sotto forme diverse: nel caso di Lucy, quando vede o pensa tempo e numeri (giorni della settimana, mesi, anni) così come le lettere/parole (come il nome di una persona), sperimenta un colore diverso sotto forma di sequenza che il suo occhio filtra alla mente. Ho cercato di tradurre con un linguaggio visivo questi concetti, ne è scaturita una serie dove piani cromatici gradianti creano delle ritmicità e delle variazioni in linea con la mia ricerca, con effetti estremamente interessanti.

Daniel Mullen, Retro-Active, 2015

 

Per Info:

PRIVATE VIEW , Via Goito 16, Torino

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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