Fred Ritchin, Dopo la fotografia, Piccola Biblioteca Einaudi Ns, 2012
“Dopo la Fotografia” di Fred Ritchin: tra salvaguardia dell’informazione ed elaborazione creativa
Nell’accezione elaborata da Fred Ritchin, il sistema digitale costituisce lo strumento ideale per ipotizzare che le fotografie possano essere, come la scrittura, reali e di fantasia
La fotografia, il campo privilegiato della registrazione e della riconoscibilità di identità e paesaggio, perde, con l’avvento dell’era digitale, il suo statuto di arte controllabile e di testimonianza inconfutabile. Dovrà rinunciare, paradossalmente, alla propria consolidata natura per divenire altro? Rappresenta, al momento, un insieme di potenzialità ancora da esplorare e mappare e, al tempo stesso, un mezzo di comunicazione indispensabile da salvaguardare.
La sfida che il testo di Fred Ritchin Dopo la Fotografia getta ai lettori consiste nell’esaminare le caratteristiche della fotografia digitale, mantenendo lo sguardo puntato al futuro e immaginando le possibili soluzioni a venire. I risultati della ricerca prendono in considerazione aspetti sociali, mediatici, artistici ed economici. È grande, inoltre, il ruolo ricoperto dalla tentazione di temporeggiare e osservare che cosa succederà con la diffusione delle nuove tecnologie, senza contenerne l’utilizzo. Sperimentazione, libertà artistica e i vasti e contaminati campi dell’economia e del marketing sono ragioni sufficienti per non intervenire con particolari limitazioni o preconcetti.
Il volume di Fred Ritchin, pubblicato da Einaudi, conserva una struttura che, a partire da un assunto storico-sociale sul ruolo della fotografia e dalle considerazioni di Susan Sontag e John Berger, approda alla presa di coscienza di un superamento. L’adozione del sistema digitale delinea, in questo senso, il momento propizio per ipotizzare che le fotografie possano essere, come la scrittura, reali e di fantasia, e non più analogiche o digitali, rendendo immediatamente obsolete le considerazioni su una possibile e problematica dicotomia. Messa in discussione, la differenza tra realtà e finzione potrà fare sì che uno dei mezzi di informazione più efficaci non andrà perduto, recuperando un’autorità testimoniale.
In ambito artistico, le considerazioni maturate spaziano dai legami tra arte e società alle formulazioni di nuove ipotesi vicine ad esperienze di avanguardia. Il libro presenta una serie di immagini di artisti contemporanei, strettamente legate alla trasformazione, attraverso la piena consapevolezza di nascenti metodologie, dello stesso linguaggio estetico. Opera premonitrice dell’approccio digitale, Linienstrasse, 137 di Shimon Attie mostrava, già nel 1992, una serie di proiezioni fotografiche della Berlino pre-Olocausto su edifici contemporanei della città. Il passato era costretto a conversare con il presente riguardo al futuro, in modo che ciascuna percezione potesse essere amplificata o contraddetta. L’autorevolezza dell’immagine risultava meno intatta.
Lavoro di carattere ambientale, Obsessive/Compulsive (2007) di Mike Solo è realizzato con Spellbinder, un nuovo approccio alla fusione di visibile e invisibile realizzato dall’Università di Edimburgo. Questa applicazione consente alle persone di fotografare luoghi con fotocamere incorporate nel cellulare e di sovrapporre sulla fotografia dei modelli di arte virtuale, creati appositamente per una scena. L’immagine iniziale viene trasmessa a un database e il fotomontaggio viene poi rispedito al mittente sotto forma di elaborazione grafica.
In Constallations – 77 Millions Paintings (2006), Brian Eno propone un’installazione generativa in cui circa trecento suoi dipinti vengono trasformati, grazie ad alcuni algoritmi, in forme che l’artista non ha mai visto prima. Secondo Eno, lo spettatore dovrebbe guardare per 450 anni per poter vedere la stessa immagine due volte.
Plastic Bottles (2007) di Chris Jordan è immagine costruita digitalmente e si pone sul versante della denuncia sociale, attraverso l’uso straniante di serialità e ripetizione. Raffigura due milioni di bottiglie in plastica per bevande, quante ne vengono consumate ogni cinque minuti negli Stati Uniti.
Il fotomontaggio di Pedro Meyer, in cui lo stesso artista compare due volte, come figlio e come padre, introduce un affascinante confronto fra nuove tecnologie di comunicazione dell’immagine e fisica quantistica. Concretizzazione della propabilità e, insieme, rassicurazione del reale, la fotografia tradizionale, nell’attuale momento di parcellizzazione del suo significato e dei suoi usi, rappresenta ancora un atto di credibilità in contrapposizione a quanto prospettato da matematici e scienziati. Da un altro punto di vista, la fotografia digitale, staccata dalla temporalità convenzionale e basata su segmenti, potrebbe rappresentare una presa di coscienza e un’esemplificazione pratica delle teorie scientifiche d’avanguardia.