Home / News / Leggere l'Arte / Panza di Biumo. La Collezione

Panza di Biumo. La Collezione

Appartamento di Milano, 1971, Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo, alle pareti opere di Franz Kline, Gian Sinigaglia – Archivio Panza / Giorgio Colombo, Milano

Philippe Ungar, Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo Collezionisti, Silvana Editoriale, 2012

La storia della collezione Panza di Biumo è analizzata a partire da originali tentativi di comprensione dell’arte astratta, minimalista, concettuale: in conversazione con Philippe Ungar per delineare un’avventura filosofica e una singolare dedizione esplorativa…

Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo sono stati collezionisti illuminati e anticipatori nel riconoscere peculiarità e caratteristiche radicali delle opere acquisite. Instancabili e sentimentalmente coinvolti da sviluppi e finalità della loro opera di collezione, i coniugi Panza di Biumo hanno incarnato l’ideale dell’avventura intellettuale di scoperta dei contenuti inediti dell’avanguardia.
Silvana Editoriale ha ora pubblicato un’interessante intervista realizzata alla coppia da Philippe Ungar. Sviluppate nei tre anni precedenti la morte di Giuseppe, le conversazioni insieme al filosofo e storico dell’arte francese, si snodano per blocchi tematici, tenendo in considerazione anche il percorso cronologico delle operazioni di acquisizione, prestito e donazione ad importanti musei ed istituzioni artistiche internazionali.
Prendendo le mosse da una concezione della vista che ha saputo trascendere l’estetica dello sguardo, l’intervista ricostruisce i momenti dell’origine di una vocazione per Panza di Biumo. L’osservazione viene intesa, in questo senso, come dedizione esplorativa, come formula dell’”abitare”: capacità di entrare nelle strutture complesse dell’opera per comprendere il funzionamento di meccanismi a-temporali.
La storia della formazione della raccolta è analizzata a partire da originali concezioni di comprensione della pratica artistica. Giovanna Panza di Biumo considera il monocromo come una modalità di avvicinamento all’assoluto: traccia materializzata di infinito e, al tempo stesso, apertura all’immateriale e al silenzio. Arte di privazione per eccellenza e, insieme, operazione contraddittoria per chi crede nell’accumulo di oggetti, la monocromìa poteva rispondere all’esigenza di spiritualità in un mondo regolato dalle dinamiche economiche e da politiche di potere.
Se l’inizio del percorso poteva coincidere con l’acquisto di Composizione in marrone e grigio di Antoni Tàpies nel 1957 su suggerimento di Pierre Restany, la collezione subiva una prima svolta già con l’acquisizione di Franz Kline. Riflettendo sulle caratteristiche dei due autori e confrontandoli, i collezionisti avevano compreso che determinati cromatismi potevano entrare in risonanza con una concezione della pratica estetica emozionale e ancora embrionale, ma già ben definita nelle intenzioni. Opere di Mark Rothko, Ives Klein, Ettore Spalletti e Doug Wheeler rispondevano, con modalità profondamente diverse, alla stessa necessità di purezza, al bisogno di semplificazione astratta di urgenze ideologiche e contemporanee.
Il minimalismo, inteso come guida emotiva, creava, dopo un’iniziale fascinazione sensibile, le coordinate per la comprensione di meccanismi percettivi. Larry Bell, nel 1967, era in grado di imprigionare la luce in un cubo di vetro. Semplice realizzazione giocata tra materia e rarefazione, tra comprensione di un fenomeno tecnico-scientifico e illusione, l’opera faceva leva sull’esplicitazione di una domanda, su una elementare richiesta di svelamento e definizione. Negli stessi anni, le opere di Robert Ryman palesavano a Giuseppe Panza che un artista era tutt’uno con il proprio tratto. Da allora, il collezionista aveva iniziato a visitare le mostre, utilizzando una lente d’ingrandimento per comprendere la concentrazione dell’autore all’interno di un personale dettato poetico. Robert Irwin, legato all’arte ambientale di Los Angeles, lasciava intendere che la nostra percezione della realtà fosse sempre sfasata. Dopo una prima sensazione di fronte alle sue opere, concedendo a se stessi il tempo per la riflessione, si poteva capire che l’operazione nascondeva un doppio fondo, un trucco. Proprio come per la parete (Varese Scrim) del corridoio della collezione privata Panza di Biumo della Villa di Varese, realizzata dall’artista con un velario in tergal. A prima vista pare la continuzione del muro del corridoio, ma, camminando lentamente, ancora oggi ci si accorge che dietro c’è un altro spazio, misteriosamente nascosto agli sguardi distratti…

Giuseppe e Giovanna Panza di Biumo Collezionisti
conversazione con Philippe Ungar
Silvan a Editoriale
2012
pagg. 216
isbn: 9788836624553
18 euro
http://www.silvanaeditoriale.it/

About Ivan Fassio

Poeta, scrittore, curatore d'arte contemporanea.
Precedente Fotografia Italiana. Giart
Successivo Emilio Isgrò. Arte a Pioggia

C'è anche questo...

Diego Velázquez ospite illustre alle Gallerie d’Italia di Napoli

Sarà possibile ammirare sino al 14 luglio alle Gallerie d’Italia nella sede di Napoli due …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni (privacy policy)

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi