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Neighbours alla Pallazzina di caccia di Stupinigi: 5 artisti dialogano sul tema della Prossimità

Le sale della Palazzina di Caccia di Stupinigi e i suoi esterni accolgono per questa settima edizione di Art Site Fest  il progetto espositivo “Neighbours”.

Pablo Mesa Capella

 

Il progetto espossitivo vede convivere in una originale e stimolante “prossimità” le opere site – specific di artisti distanti per linguaggio e tecniche espressive, accostati in un racconto corale nel comune intento di restituire una nuova concezione di vicinanza nel nome dell’Arte: “Closeness”, il tema scelto dal curatore Domenico Maria Papa per l’edizione 2021, può essere letto quindi come un primo tentativo di ripresa, in nome del dialogo e della comunità, in risposta al difficile momento storico che l’emergenza sanitaria ci ha imposto.

Le opere dell’artista malaghiano Pablo Mesa Capella – approdato alle arti plastiche dopo una formazione nel mondo del teatro o quelle più riflessive e concettuali di Fabian Albertini, sono accostate alla ricerca artistica di Emilia Faro – fortemente incentrata sulle tracce del vissuto umano – e alle suggestive creazioni scultoree di Diego Dutto e di Carlo D’Oria, che per Stupinigi realizza un importante progetto installativo.

Pablo Mesa Capella

 

Formatosi nel mondo della regia teatrale, Pablo Mesa Capella (Malaga, 1982) è approdato alle arti visive realizzando opere e installazioni come la serie Natura Onirica, microcosmi racchiusi in antiche campane di vetro. La messa in scena è così stata traslata dalla sfrontatezza del palcoscenico all’intimità di una costruzione estetica in miniatura. Contemporaneamente, l’artista ha costretto lo spettatore ad abbandonare la staticità della sua condizione di osservatore dei movimenti altrui per diventare lui stesso partecipe, anche fisicamente, della ricerca del dettaglio che costituisce la composizione. Come un gigante in un mondo piccolo, l’osservatore si avvicina alle campane di vetro cercando rimandi, inseguendo dettagli, scrutando particolari alla ricerca di un disegno complessivo. Racchiudere il mondo dentro una campana di vetro non vuol dire mettersi dalla parte di dio, sentirsi dei creatori onnipotenti. Significa piuttosto concentrarsi sul dettaglio per leggere la bellezza del tutto. Le opere di Mesa Capella non intendono essere delle fotografie di una condizione o di una situazione; vogliono piuttosto essere il punto di partenza di una narrazione che si muove, in un continuo andirivieni, fra presente e passato. Fotografie d’epoca, oggetti, elementi vegetali, testi scritti si fondono in un gioco di rimandi in cui l’ironia sdrammatizza non soltanto la composizione e il messaggio, ma l’essenza stessa dell’arte, a partire dalla scelta dei titoli, che evocano luoghi, situazioni, storie, racconti, -addirittura il ritratto per immagini e oggetti di un celebre gallerista- in un tourbillon di ricordi e sensazioni evocate e cristallizzate in un ricordo sottovetro, oggetto che è già memoria del presente,  wunderkammer affettiva.

 

Pablo Mesa Capella

 

Emilia Faro (Catania, 1976) presenta l’installazione Battle for the Square, realizzata con ferri ed elementi vegetali (fusti di palme Washingtonia) rivestiti di resina e sabbia vulcanica dell’Etna. La Washingtonia, palma originaria del Messico, diffusa dall’uomo e dal vento in tutto il mondo, si è ormai “adattata” nei cinque continenti. In Battle for the Square, le foglie, scarnificate e annerite da sabbia vulcanica etnea, pendono drammaticamente dalle teche, formando un’installazione evocatrice della violenza dell’uomo sulla natura e, per traslato, degli uomini fra loro. Indifferenti all’origine e alla funzione delle specie, vegetali, animali, umane, le migrazioni forzate segnalano la tragedia che il nostro tempo è chiamato a risolvere.

Emilia Faro

 

 

Fabian Albertini (1965) presenta una serie di installazioni per illustrare la complessa relazione tra essere umano e natura, il suo potere, il suo tempo, il suo spazio, la sua forza. Come spiega l’artista: “La Terra, come la conosciamo, è una rete incredibilmente complessa e fragile di sistemi interconnessi, che si sono sviluppati lentamente negli ultimi 4,54 miliardi di anni. Fin dall’inizio, gli esseri umani hanno sempre avuto un impatto sull’ambiente, ma per la prima volta sono diventati la prima forza di cambiamento nella scala planetaria. Il reale significato della connessione tra l’essere umano e la natura si è perso, con conseguenze distruttive. Il riscaldamento globale è probabilmente la questione del nostro tempo, con numerosi politici che lo negano e molti di noi che lo ignorano. Il mondo artificiale ridefinisce le nostre percezioni, rendendo la natura meno necessaria e meno organica e trasformandola in un elemento secondario”.

 

Fabian Albertini

 

Durante la residenza Lab Verde Program nel 2018 l’artista ha realizzato una serie di fotografie ispirate alle forze della natura e al misticismo: gli Orixàs, dei della tradizione afro-americana, sono riconosciuti come l’energia divina della natura, in cui l’uomo è in armonia con quest’ultima. Albertini mostra la sua sensibilità trasformando la foresta in un intenso spazio blu, interferendo con elementi specchianti e oggetti dorati e argentati, che generano una profonda riconnessione con i due Orixàs. Ricorda l’artista: “Oxum è la divinità dei fiumi e della bellezza: si dice che sia tanto delicato quanto il rivolo di un torrente tra le rocce, ma anche potente come una cascata. Danzando in un ritmo chiamato ‘ijexa’, guardando vanamente nello specchio, lui rimane. I suoi colori sono il giallo e il dorato. Oxòssi invece governa la caccia e protegge gli animali e le foreste. Protegge anche i cacciatori che necessitano della caccia per sopravvivere, ma non tollera quelli che uccidono senza necessità. I suoi colori sono il blu e il verde. Niente è più naturale dell’atto del respirare. Questo per l’artista solleva una questione: qual è il nostro ruolo nella natura? Siamo interconnessi, non siamo osservatori, siamo parte di essa. Dobbiamo comprendere il bisogno di rispettare e onorare questa complessa relazione con il nostro pianeta Terra. Tutto è connesso con tutto”.

Diego Dutto

 

ORGANIKALL è il nome dell’installazione pensata da Diego Dutto (Torino, 1975) per la Palazzina di Stupinigi, composta da nove elementi scultorei dal carattere decisamente organico. Racconta l’artista: “si tratta di un progetto di alcuni anni fa, in cui volevo unire arte e design, portando all’estremo questa unione, pensando a pezzi unici dal forte carattere scultoreo. L’idea di poter esporre accanto a uno dei gioielli del barocco piemontese, forse uno dei pezzi più importanti e preziosi del Bonzanigo, mi ha subito allettato: mi è piaciuto il forte contrasto che avrei potuto creare, potendo associare da una forma così rigorosa e pulita, seppur nella sua ricchezza di dettagli e intagli millimetrici, forme molto irregolari, in antitesi con ciò che quel mobile rappresenta. In un qualche modo ho quindi cercato di creare con questi nove elementi una sorta di cortina difensiva a questo bene così importante che ben conoscono soprattutto gli amanti del mobile antico, con elementi che quasi vanno a formare come delle bocche che difendono, che vanno all’attacco, proprio per far sì che nessuno si possa avvicinare”.

Diego Dutto

 

Carlo D’Oria (Torino, 1970), scultore torinese formatosi all’Accademia Albertina di Belle Arti, esplora in tutta la sua produzione il tema della fragile e precaria condizione umana che affronta nella polarità tra individualità e moltitudine. Nelle sue opere, forme e linee essenziali, figurazioni plastiche minimali, geometrie e ingranaggi, colori e materiali concorrono a dare vita a un universo popolato di tracce della presenza umana. L’universo di D’Oria è popolato di figure strizzate ed essenziali, di corpi condotti alla loro estrema e rarefatta geometria. Il disegno, anch’esso asciugato fino a diventare una linea, fa da contrappunto alla pesantezza della materia. D’Oria impiega il marmo, il ferro, la pietra che lavora al limite tra astrattismo e figurazione. Le piccole figure in cera, terracotta e bronzo e le grandi sagome in tondini di ferro realizzate dall’artista giocano tra pieno e vuoto, tra positivo e negativo, applicando la lezione della lunga tradizione della scultura senza dimenticare la modernità e soprattutto Giacometti. Dalla modernità, D’Oria trae l’uso della moltiplicazione che diventa quasi seriale. Le sue forme, infatti, proliferano fino a diventare intricate strutture, fitte arborescenze. In questo modo la scultura può assumere una valenza anche installativa. La ricca produzione di D’Oria comprende importanti commissioni pubbliche per opere che nel ruolo classico di monumenti si collocano in piazze e luoghi pubblici, ma comprende anche installazioni, come quelle proposte in dimore e siti storici, come quella anch’essa monumentale per il parco del Castello di Racconigi, realizzata in occasione dell’edizione di Art Site Fest del 2019.

 

Carlo d’Oria

 

Per la Palazzina di Caccia di Stupinigi D’Oria propone un nuovo intervento con una realizzazione del tutto inedita, che segue una ricerca artistica da poco avviata. SI tratta di figure ridotte all’estrema astrazione, come nella poetica dell’artista, ma dalle linee meno morbide e con un vago accenno all’opera icona di Rodin, Il pensatore. I contorni delle figure si intrecciano e si fondono a creare un gruppo plastico dalla geometria elementare che dialoga, per contrasto, con le geometrie ricercate del barocco della Palazzina. Collocata davanti al padiglione centrale, l’installazione di D’Oria si offre come passaggio inconsueto tra il dentro e il fuori, tra architettura e natura. L’intervento richiesto a Carlo D’Oria, prodotto per Art Site Fest 2021, assume una valenza nuova in quanto non è un intervento pensato per una sola sede, ma si distribuisce contemporaneamente in tre luoghi: la Palazzina di Caccia di Stupinigi, Palazzo Madama e la Basilica paleocristiana di Nuvola Lavazza. È un progetto unitario che si articola per parti, tutte autonome ed originali, tutte in dialogo, in modo da connettere i tre luoghi storici in un’unica opera. Ciascuna delle installazioni comprende sculture in scatolare in metallo verniciato che riproducono figure umane strizzate, nella dialettica singolarità e moltitudine, ciascuna collocata e commisurata alle dimensioni fisiche e percettive dei tre spazi individuati.

 

Carlo d’Oria

 

 

Per info

Neighbours_ArtSite

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Sino al 7 novembre 2021

 

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.
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