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Jean-Auguste-Dominique Ingres and workshop, Odalisque in Grisaille © The Metropolitan Museum of Art / Art Resource / Scala, Florence

Monochrome: arte in bianco e nero

Fino al 18 febbraio, Monochrome alla National Gallery di Londra

Un viaggio nel mondo delle luci e delle ombre, declinato in oltre cinquanta tra dipinti, statue e creazioni realizzate nell’arco di 700 anni. Alla National Gallery di Londra, fino al 18 febbraio, sarà in mostra Monochrome: Painting in Black and White, un’esposizione che permette di gettare uno sguardo nuovo su quello che succede quando un artista decide di mettere da parte i colori e concentrarsi sul potere visivo del bianco, del nero e di tutto ciò che c’è in mezzo.

Dipinti di grandi maestri come Jan van Eyck, Albrecht Dürer, Rembrandt van Rijn, e Jean-Auguste-Dominique Ingres fianco a fianco a lavori di artisti contemporanei come Gerhard Richter, Chuck Close e Bridget Riley. A chiudere il percorso, l’istallazione di Olafur Eliasson “Room for one colour” (1997), che trasporta il pubblico in un mondo monocromo.

Las Meninas (Infanta Margarita María), Pablo Picasso. Monochrome © Succession Picasso / DACS, London 2017 / Photo: Museu Picasso, Barcelona. Photograph, Gasull Fotografia

Perché usare il colore, nell’arte, sembra suggerire la mostra londinese, è una scelta, non una necessità. “Ci sono diversi motivi che possono spingere un artista a ridurre la sua tavolozza – spiegano Lelia Packer e Jennifer Sliwka, curatrici di “Monochrome: Painting in Black and White” – ma solitamente lo si fa per attirare l’attenzione di chi guarda su un particolare soggetto, su un concetto, su un aspetto tecnico. Può essere una scelta liberatoria: senza la complessità del lavoro a colori puoi sperimentare con le forme, i materiali e le consistenze, l’atto creativo”.

Il pubblico viene guidato in un viaggio attraverso sette stanze. Ognuna affronta un aspetto diverso della pittura in bianco e nero, nota anche come grisaille (o grisaglia, in italiano).

Si inizia dai soggetti sacri. I primi lavori monocromi arrivati fino a noi risalgono al Medioevo, e furono realizzati per scopi devozionali, al fine di eliminare ogni elemento di distrazione e favorire la concentrazione. Sfondo grigio e traslucido, immagini in nero e giallo, come si nota in uno dei pannelli in vetro realizzati per la Basilica di Saint-Denis, vicino Parigi (1320–4, Victoria and Albert Museum, Londra).

Drapery Study, Monochrome
© Kupferstichkabinett. Staatliche Museen zu Berlin / Photo: Jörg P. Anders

A partire dal XV secolo gli artisti iniziarono a realizzare studi in bianco e nero per affrontare le sfide poste da soggetti e composizioni. Eliminare i colori consentiva di concentrarsi sul modo in cui la luce e l’ombra cadono sulla superficie di una figura, di un oggetto o di una scena prima di impegnarsi nella tela a colori. Si veda ad esempio il bellissimo “Drapery Study (studio per San Matteo e un angelo)” (1477 ca., Kupferstichkabinett, Staatliche Museen zu Berlin), attribuito a Domenico Ghirlandaio.

Col passare del tempo, i dipinti a grisaglia vennero realizzati sempre più spesso come opere indipendenti, complete; e la terza sezione della mostra inglese esplora proprio questo aspetto. La “Santa Barbara” di Jan van Eyck (1437, Royal Museum of Fine Arts, Anveesa) è il primo esempio noto di opera monocromatica su tavola, realizzata in metallo, inchiostro e olio.

Jupiter and Ganymede, Jacob de Wit, Monochrome
© Ferens Art Gallery, Hull Museums

 

Il “Giove e Ganimede” di Jacob de Wit (1739, Ferens Art Gallery, Hull), facilmente scambiabile per un rilievo tridimensionale murario, è invece un eccellente esempio del gusto europeo per gli elementi decorativi illusionistici e il tentativo di mimesi, in pittura, della scultura in pietra.

A partire dal XVI secolo, i pittori svilupparono modi ingegnosi per competere con i nuovi sviluppi della stampa. Un rarissimo lavoro a grisaglia di Hendrik Goltzius, “Senza Cerere e Bacco, Venere congelerebbe” (1606, the State Hermitage Museum, San Pietroburgo), ad esempio, lascia l’osservatore sbalordito per la sua realizzazione, davvero simile a quella di una stampa.

Allo stesso modo, l’invenzione della fotografia nel 1839 e successivamente quella dei film, spinsero gli artisti a cercare di imitare gli effetti di questi nuovi media, per provare a tenere loro testa. Gerhard Richter utilizzò una fotografia stampata di una prostituta brutalmente uccisa come base per il suo dipinto “Helga Matura with Her Fiancé” (1966, Museum Kunstpalast, Düsseldorf). Il grigio – per Richter, “il colore ideale per rappresentare l’indifferenza” – rimuove qualsiasi sentimentalismo per il fatto. Sfocando la foto, l’artista rende consapevole l’osservatore che si tratta di un’immagine alterata, in contrasto con l’originale.

Horizontal Vibration, Bridget Riley, Monochrome
© Bridget Riley 2017.

Anche gli artisti astratti e d’installazione sono stati attratti dal bianco e nero. Quando hai accesso ad ogni possibile sfumatura, l’assenza di colore può essere ancora più scioccante o stimolante. Nel 1915, l’ucraino Kazimir Malevich dipinse la prima versione del rivoluzionario “Black Square” (la mostra propone la versione del 1929, della State Tretyakov Gallery di Mosca) – un quadrato nero che galleggia in una cornice dipinta di bianco – e lo definì l’inizio di un nuovo tipo di arte non rappresentativa. La sezione comprende opere di Josef Albers, Ellsworth Kelly, Frank Stella, Cy Twombly, che esemplificano tutte l’uso del minimo colore per ottenere il massimo impatto.

“Gli artisti hanno scelto e scelgono il bianco e il nero per ragioni estetiche, emozionali e talvolta persino morali – spiega il direttore della National Gallery, Gabriele Finaldi. – La continuità storica e la diversità della monocromia dal Medioevo a oggi dimostra quanto cruciale sia il tema nell’arte occidentale”.

About Roberta Turillazzi

Giornalista per passione e professione dal 2015. Mamma e moglie giramondo, che attualmente vive a Londra. Lettrice a tempo pieno. Amo l'arte, il cinema, i libri e il calcio.
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