Home / Video / Reportage / Mostre / Alla Mazzoleni è tempo di “More than words”
Mel Bochner, The Joys of Yiddish, 2014 Courtesy of the artist and Simon Lee Gallery

Alla Mazzoleni è tempo di “More than words”

Fino al 12 maggio alla galleria Mazzoleni di Londra la mostra che esplora il ruolo della parola scritta nell’arte

La galleria Mazzoleni di Londra inaugura la sua mostra corale dedicata all’arte concettuale, in particolar modo al ruolo che in questa ha giocato, dal 1958 in avanti, la parola scritta. “More than words” riunisce, nella suggestiva cornice di Mayfair, fino al 12 maggio, alcuni dei maggiori artisti italiani del dopo guerra insieme ad altri del panorama internazionale.

Tra loro, Vincenzo Agnetti (1926-1981), Alighiero Boetti (1940-1994), Dadamaino (1930-2004), Lucio Fontana (1899-1968), Emilio Isgrò (b. 1937), Piero Manzoni (1933-1963), Mimmo Rotella (1918-2006), Salvo (1947- 2015) e Mario Schifano (1934-1998), e ancora Cy Twombly (1928-2011), Joseph Kosuth (b. 1945), Jannis Kounellis (1936-2017), Mel Bochner (b.1940), John Baldessari (b.1931) e Tracey Emin (b.1963).

Trenta le opere proposte nell’esposizione curata dalla storica dell’arte trentina Daniela Ferrari, non solo dipinti, ma fotografie, collage, installazioni neon.

Salvo, Tricolore, 1972
Courtesy Mazzoleni

“Ho sempre pensato che il nucleo fondante della mia arte fosse la creazione di significato”, dice di sé Joseph Kosuth. È il valore stesso del concetto, del significato espresso nelle opere che la mostra alla Mazzoleni intende evidenziare: la parola intesa come domanda e affermazione, come viene rivelato dalla verifica del pensiero. L’opera al neon di Kosuth “#II49. (On Color/Multi #9)’ II49. The coloured intermediary between two colours. Wittgenstien Series (On Color)” esemplifica la posizione critica dell’artista nell’ambito dell’arte concettuale.

Mel Bochner, invece, altra figura chiave del movimento, in attività sin dagli anni ‘60, si è dedicato allo studio di diverse forme di espressione, compresa l’inclusione di frasi di testo in lingue e vernacoli differenti, ampliando così i confini del linguaggio sino a comprendere espressioni che sono entrate a far parte del parlato e appartengono alla cosiddetta sfera dei “senza significato”. A esemplificare il pensiero e la pratica duratura di Bochner, la serigrafia del 2014 “The Joys of Yiddish”.

La serie di “arazzi” o griglie ricamate con lettere colorate che contengono enigmi formati da frasi e parole, ideata da Alighiero Boetti negli anni ’70 e esemplificata nella mostra “More than words” da un’opera del 1988, sono stati realizzati da artigiani in Afganistan e Pakistan nell’arco di molti mesi.

Mimmo Rotella, A, 1959
Courtesy of Mazzoleni

Il tempo di fare e leggere regola anche gli scritti asemantici di Dadamaino, i suoi “Alfabeti della mente” trasformati in “I fatti della vita” ed esposti alla 39° Biennale di Venezia. L’artista è qui rappresentata da un trittico della serie “Alfabeti”, nel quale, tra il 1976 e il 1979, ha inventato il suo personale alfabeto. In mostra a Londra, le lettere 4, 7 e 10. Sulle lettere dell’alfabeto si è concentrato anche Piero Manzoni nelle sue tele dipinte a inchiostro e caolino, mentre l’esperienza di pittura-scrittura di Gastone Novelli si collega con la tendenza sviluppata sia in Europa che negli Stati Uniti sull’onda dell’esperienza surrealista della “scrittura automatica” – rappresentata nella mostra anche da Cy Twombly.

Le parole nelle opere sono state scelte per il loro valore concettuale o per il peso filosofico che veicolano (Agnetti), per l’importanza o l’ironia del messaggio trasmesso (Salvo), per l’espressività del contenuto comunicato o per la sua assenza (Isgrò): parole cancellate che proprio per la loro apparente forza negativa diventano più potenti.

Mario Schifano, Manifesto al 1° Canale TV a Marinetti e al Primo Futurismo, 1967
Courtesy Mazzoleni

La Pop Art è rappresentata nella mostra da Mario Schifano e Mimmo Rotella, entrambi ben consapevoli del potere della pubblicità, dei loghi, dei cartelloni, che combinano messaggi culturali contemporanei con immagini cult della storia dell’arte. I giovani David Reimondo (b.1973) e Rebecca Moccia (b.1992), infine, proseguono questa strada fatta di sperimentazione fino ai giorni nostri.

Profili differenti, differenti modi di utilizzare il testo e la parola scritta nell’arte. Ad accomunare tutti, creando una sorta di percorso unitario pur nella sua varietà, alcuni concetti chiave: la luce, il tempo, la filosofia, il dizionario. Soprattutto il desiderio di dare allo scritto un senso e un potere che superano il mero significato. “More than words”.

 

More than words…
MAZZOLENI, 27 Albemarle Street, London W1S 4HZ
23 febbraio – 12 maggio
Lunedì – Venerdì 10.00 – 18.00
Sabato 11.00 – 17.00
Ingresso libero
www.mazzoleniart.com | press@mazzoleniart.com

About Roberta Turillazzi

Giornalista per passione e professione dal 2015. Mamma e moglie giramondo, che attualmente vive a Londra. Lettrice a tempo pieno. Amo l'arte, il cinema, i libri e il calcio.
Precedente Julie Cheminaud, Violaine Sautter, Philippe Ouaki Di Giorno a Villa Medici
Successivo L’Arte sociale di Renato Guttuso alla GAM

C'è anche questo...

Diego Velázquez ospite illustre alle Gallerie d’Italia di Napoli

Sarà possibile ammirare sino al 14 luglio alle Gallerie d’Italia nella sede di Napoli due …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Exit mobile version

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni (privacy policy)

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi