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Olafur Eliasson: prima personale in Portogallo alla Fondazione Serravels di Porto

Il Museo di Arte Contemporanea della Fondazione Serralves di Porto presenta la prima grande mostra personale in terra portoghese dall’artista islandese-danese Olafur Eliasson, dall’emblematico e oggi più che mai attuale titolo “O Teu/Nosso Futuro É Agora” (“Yours/Our Future Is Now”).

La mostra, a cura di Philippe Vergne, Marta Moreira de Almeida e Filipa Loureiro, è stata inaugurata lo scorso luglio e proseguirà sino a marzo (per quanto riguarda gli spazi museali) e a giugno del 2020 per il parco: il tratto distintivo, come è nella cifra stilistica e concettuale di Eliasson, è dato dalle numerose installazioni su grande scala, sia a carattere naturale che artificiale; le sculture coinvolgono e in parte stravolgono gli spazi dell’iconico museo disegnato da  Álvaro Siza Vieira e si spingono ad inserirsi e a confondersi, in un gioco mimetico su quinta naturale, nel grande parco della Fondazione Serralves, moltiplicando i livelli di lettura per il visitatore. Quest’ultimo è chiamato ad individuare le opere e a confrontarsi attivamente con esse, finanche a cercarle in un percorso personale di “scoperta”, e a considerale sempre in serrato dialogo con le architetture del museo e l’ambiente naturale.

La mostra, frutto di una lunga gestazione, abiterà gli spazi della Fondazione per quasi un anno e  avviene in contemporanea con la grande retrospettiva In Real Life alla Tate Modern di Londra (sino al 5 gennaio 2020) che riunisce 30 anni di carriera dell’artista. Proprio alla Tate l’artista nel 2003 aveva ricreato la luce dell’alba e un iconico sole all’interno della Turbine Hall con lo straordinario The Weather Project, che aveva richiamato milioni di visitatori.

Eliasson si confronta ancora, e si potrebbe dire da un punto di vista estetico quasi per sottrazione, con la questione ambientale e il tema della sostenibilità che affliggono il nostro Pianeta. Negli anni le sue installazioni si sono evolute verso un minimalismo di forme che sottolineano i contenuti, e impongono nuove prospettive, così come le sue riproduzioni delle realtà alterate nella forma e nella percezione.

Yellow Forest (2017), un bosco circolare di betulle posto al centro dell’atrio del museo, realizzato in collaborazione con l’architetto di paesaggi Günther Vogt, è illuminato da un anello che irradia luce gialla a mono-frequenza che altera la percezione cromatica nel visitatore, permettendogli di scorgere le gradazioni di grigio, giallo e nero. L’opera, organismo vivente e come tale in continuo divenire, è posta al centro per essere attraversata, “vissuta” riconducendo all’idea di luogo poetico che mette in comunicazione l’uomo e la natura: il fatto che sia all’interno dell’ecosistema “museo” ne fa percepire anche l’elemento conservativo, espositivo, di testimonianza del presente, (o forse di un passato), e indirettamente coinvolge anche una riflessione museologica sulla natura da parte dell’istituzione che la ospita.

Attraverso the Yellow Forest si giunge ad una sala in cui sono ospitati tre monumentali archi semicircolari in acciaio inossidabile dipinti di nero montati su specchi, che compongono l’installazione How do we live togheter?: grazie al riflesso che crea un enorme struttura circolare includono il visitatore (e i visitatori presenti con lui in quel momento, e il “tu” diventa “noi”, come suggerisce il titolo della mostra) in una alterata visione della realtà, unendo lo spazio artificiale con quello del museo, sollevando interrogativi sul costante inganno della percezione visiva e sulla verità di un destino futuro comune.

Di forma circolare anche The Curious Vortex, padiglione in acciaio inossidabile di cinque metri per otto che si incontra su uno dei sentieri del parco: la sua forma si ispira ai movimenti di un turbine, fenomeno naturale creato da una massa rotante di vento e acqua. Olafur Eliasson lo collega al lavoro delle istituzioni museali nella società contemporanea, ponendo in relazione “i campi di forza vorticosa” con la capacità dei musei di “incanalare pensieri, idee, sentimenti e affetti”, e allo stesso tempo invitando il visitatore ad entrare e a porsi in relazione con lo spazio.

Più avanti si incontrano le tre sculture Human Time is Movement (Spring, Summer, Winter), ispirate alle variazioni sulla curva matematica nota come “Clelie” dal nome della contessa Clelia Grillo Borromeo, vissuta all’inizio del 1800: la curva traccia la progressione di un punto che si muove simultaneamente lungo una sfera. La curva sferica risultante corrisponde al modo in cui si sbuccia un’arancia; e forme diverse in questa serie sono prodotte regolando le velocità di rotazione e contraendo la curva verso il centro sottolineando con pittura nera e bianca la diversa incidenza della luce. Un modo poetico, (paiono grandi fiori o estrose note musicali disegnate da una linea sinuosa che si stagliano sul verde del parco) per ricordare come le grandi leggi matematiche che sottendono alla Natura siano presenti anche se invisibili e abbiano un ruolo fondamentale nell’armonia del cosmo.

Sul prato, all’ingresso del museo, si notano grandi tronchi chiari, presenze silenziose e inquietanti in stretta relazione con l’architettura di linee segmentate e tagli di luce che caratterizza l’edificio di Siza Vieira: The Arctic Tree Horizon è caratterizzata da tronchi lunghi sei e sette metri trasportati da correnti marine che l’artista raccoglie nelle zone costiere dell’Islanda, paese con pochi alberi e nessuna foresta.

 

Come afferma Filipa Loureiro: “ […] Eliasson propone questa idea di “deriva” per sollevare altre questioni, come l’emigrazione: il legno è infatti dipinto, nella parte a contatto con l’erba, con catrame, materiale tossico e cancerogeno, mettendo così in discussione le attuali politiche ecologiche globali”.

PER INFO
3. 07. 2019 – 14. 06. 2020

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.
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