• ......senza fine, 2010 - Quattro Stagioni 2014-2019 di Liliana Moro

  • Col profilo dei colli anche il tuo viso 2019 di Enrico David - This last line cannot be translated 2017-2019 di Chiara Fumai

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Né altra Né questa: la sfida al Labirinto – Padiglione Italia – La Biennale di Venezia

Il Padiglione Italia di questa Biennale di Venezia ha fatto molto parlare di sé, nel bene e nel male, sin dall’annuncio del suo curatore, Milovan Farronato. A poco più di un mese dell’apertura della 58. Esposizione Internazionale d’Arte, dopo che già sono stati spesi fiumi di parole per raccontarlo, qual’è la reazione dei visitatori?

In questo articolo un po’ particolare sul Padiglione Italia, mi faccio portavoce dei pareri chiesti a caldo a visitatori, galleristi, collezionisti ed operatori del settore appena usciti dal Labirinto creato da Milovan Ferronato. Sono reazioni raccolte nelle primissime ore del primo giorno di apertura della Biennale al pubblico. Prima ancora che le immagini, registrate da tanti colleghi nei giorni di pre-opening, facessero il giro del mondo; prima che alle aspettative create nell’ultimo anno seguissero i commenti dei critici e degli esperti d’arte di ogni genere; prima che si diffondesse il passa parola degli amici.

Voglio aprire però con due contributi, frutto di riflessione successive alla visita del Padiglione Italia, di due artiste d’oltre oceano così generose da volerli condividere qui nella mia brevissima inchiesta che non si esaurirà qui. Spero infatti nei commenti di voi lettori, liberi di dire sinceramente cosa ne pensate, dopo averlo visitato ovviamente!

Alcune sensazioni e impressioni ricorrono nelle dichiarazioni dei visitatori, indipendentemente dal Paese di origine o dal background artistico/culturale, vi riconoscete anche voi in queste parole?

“Venezia è un labirinto che per secoli ha affascinato e ispirato la nostra immaginazione. Il Padiglione Italia, nell’edizione di quest’anno della Biennale di Venezia, utilizza la metafora del labirinto a significare la non linearità della vita, dove l’uso dell’intuito e della scelta sono gli strumenti fondamentali della natura umana.

La mostra implica la corresponsabilità del visitatore nel senso che è tenuto a rispondere, con le sue azioni e decisioni, della costruzione di un mondo. Entrando nel Padiglione Italiano, qualsiasi ingresso tu scelga, sei in un labirinto. Le istruzioni sono là, non c’è giusto o sbagliato.  La reazione potrebbe essere quella di vivere un’avventura, o mettere in discussione le proprie certezze o ancora essere oppresso da un senso di costrizione. Fisicamente dove condurrà questo? I visitatori si trovano a confrontarsi con le proprie scelte e a contemplare i risultati del percorso che hanno scelto.

In questo labirinto di specchi e di svolte è un’accettazione consapevole di un viaggio fatto di angoli, aperture e immagini traslate in diverse misure e dimensioni, come in un sogno o forse come un ricordo perduto che ritorna un pezzetto alla volta.
Gli spazi e i luoghi privati, che si ritrovano non solo nel labirinto ma anche nelle opere, evocano pensieri nella nostra coscienza come se ci stessimo risvegliando dal sonno, spostando poi immagini e fantasie nella realtà cosciente. I momenti scollegati di fantasia sono parte di una finzione, che ci conduce ad un rientro improvviso dalla fantasia stessa per mostrarci riflessi nelle pareti a specchi delle istallazioni.

L’esposizione porta un messaggio molto forte, nella contrapposizione tra influenza culturale e reazioni primordiali, all’interno dello spazio fisicamente controllato del labirinto. La scelta di esporre delle figure in differenti scale di misura porta la nostra coscienza a creare una relazione tra le forme che ricorrono nella mostra. La memoria di queste forme ripetute crea un senso di déjà vu.

Nell’illusione non c’è né inizio né fine. Ci sono solo percorsi irrisolti che devono essere scelti, individuati, per poi ritrovare la strada. Come in Alice nel paese delle meraviglie, anche le curiose aperture nelle mura del padiglione, che si trovano a livello del pavimento, offrono solo un diverso punto di vista non una via per entrare o per uscire. Si è lasciati a porsi domande sulle scelte non fatte e sull’esperienza individuale che ne risulta.”

Joan Helen Farrenkopf, Artista e giornalista, Wilmington, North Carolina, Stati Uniti dAmerica.
www.Joanfarrenkopf.com

“Il Padiglione Italia mi ha colpito perché è centrato su bellezza ed estetica, sebbene il format del labirinto mi abbia lasciata confusa quanto al suo senso generale. Sono tornata a vederlo perché la prima volta non avevo visto tutto e mi sembrava di non aver colto l’idea che ci sta dietro. L’ho trovato interessante e diametralmente opposto rispetto della precedente edizione, Il Mondo magico curata da Cecilia Alemani, nell’approccio e nel modo di combinare gli spazi. Non sono paragonabili. Questo è molto curato e strutturato, soprattutto con un forte approccio al design che racchiude alcune moderne curiosità visive che attraggono i visitatori, l’altro era un’esposizione emozionale. Sono entrambi unici a loro modo.

Alla fine, ho avuto l’impressione che il titolo “Nè una nè l’altra”, fosse la rappresentazione esatta del sentimento generale che l’esperienza mi ha lasciato.”

Vian Sora, artista, Louisville, Stati Uniti dAmerica.
www.viansora.com

“L’effetto mi sembra interessante, anche nel modo in cui sono state esposte le opere. Mi sembra una delle poche volte in cui è stato esposto un progetto, che inglobi il padiglione e che sia all’altezza degli altri Paesi. E’ un Padiglione più internazionale ed in linea con lo spirito della Biennale. Il Padiglione Italia in passato aveva osato poco, quest’anno invece ha saputo farlo sia da un punto di vista strutturale che di qualità degli artisti coinvolti. Ha combinato un giusto mix tra concettuale ed estetico. Condivido la scelta degli artisti, anche se mi sembra che di Chiara Fumai ci siano pochi lavori, ma emerge il legame anche affettivo che c’era con il curatore. Per gli altri due artisti si vede che è stato fatto un lavoro molto pensato sicuramente. Tra le opere esposte ho apprezzato sicuramente il lavoro su tela di Enrico David (Enrico David, Fuori tutto 2018-19) e La piazza* di Liliana Moro, che rappresenta proprio l’Italia.” Marco Poggiali della Galleria Poggiali di Firenze, con sedi anche a Milano e Pietrasanta.

“Complicato da seguire il percorso, in compenso gli artisti sono molto validi. Enrico David mi è piaciuto molto, Liliana Moro e Chiara Fumai anche. C’è un grande fermento di cultura italiana. Mi ha colpito molto la ricerca, la profondità e l’uso di un linguaggio antico e contemporaneo insieme, si vede che partono da una lunga tradizione artistica italiana. Gli altri Padiglioni non hanno nulla da invidiare al nostro. Hanno giocato molto sul macabro e sui video, espongono tele che non hanno molta profondità e diciamo che il modello è il nostro Burri, rispetto al quale sono bambini che stanno iniziando a camminare.” Pietro Valsecchi e Camilla Nesbitt, collezionisti romani.

“Mi è piaciuto il concetto del labirinto, dove puoi muoverti liberamente andando in giro. All’inizio sono stata un po’ distratta da questo, ma poi ci si adatta. Direi anche l’aspetto culturale, presentare i lavori di diversi artisti e diversi stili, perché si possono vedere le differenze.”  Daniela Wageneder-Stellzhammer, curatrice esposizioni darte contemporanea, Vienna, Austria.

“La sensazione che ho provato nel labirinto è stata di disorientamento, l’ho trovato una soluzione molto ad effetto e mi ha fatto pensare ad una connessione con Venezia, al labirinto delle sue strade . Mi è piaciuto l’effetto degli specchi lungo le pareti, che hanno amplificato il disorientamento nel tempo e nello spazio. Gli artisti hanno fatto un buon lavoro, ma non saprei dire quale opera appartenga ad un artista piuttosto che ad un altro perché non li conosco.”  Alan da Glasgow, Scozia.

“La prima volta che si entra si riesce a cogliere solo l’atmosfera e qualche idea di ciò che rappresentano gli artisti, ma bisogna tornarci. Mi è piaciuta la canzone O bella ciao*, trasmette un’idea di malinconia, in realtà divertimento e malinconia allo stesso tempo, in qualche modo fa pensare al passato, a qualcosa che si è avuto e ora non si ha più.” Visitatore da Berlino.

“Mi è piaciuto il fatto che entrando nel Padiglione il labirinto ti lasci un po’ disorientato, ma poi ricostruisca diverse interpretazioni artistiche della nostra umanità.” Silvia dagli Stati Uniti dAmerica.

“E’ così sofisticato e pieno di stile. Ho questa impressione ogni volta che visito il Padiglione Italia. E’ strutturato in modo tale da sembrare estremamente profondo, ma è tutto stile e poco contenuto.” John dalla Gran Bretagna.

“L’architettura riflette l’idea dello scrittore Italo Calvino. L’essenza del Padiglione è l’esperienza di perdersi nel labirinto. Il modo di esporre i lavori, posti appena girato l’angolo in spazi architettonici non visibili subito all’occhio del visitatore, richiede molto tempo per esplorare il Padiglione, ci sono molte informazioni e molti lavori meravigliosi, ma io credo che non ci siano abbastanza didascalie e pannelli che li spieghino. Lo spazio è davvero imponente. La prima volta sono semplicemente entrata ed ho “navigato” lo spazio più che le opere d’arte, poi ho letto dei testi e l’ho rivisto in una chiave differente, guardando le opere. Il Padiglione ha molto a che fare con l’interpretazione. Ad esempio, dopo aver letto di Chiara Fumai ho immediatamente associato gli spazi con il suo lavoro. La prima volta è stato lo spazio a guidarmi, la seconda le opere d’arte. E’ stato importante vivere prima l’esperienza di perdersi.  Dopo aver letto il concept dell’esposizione che richiama il labirinto Italo Calvino tutto acquista un senso ed è comprensibile, e questo mi è piaciuto. E’ un’esposizione piacevole, che richiede però del tempo per essere vista. ” Miss Tan da Hong Kong.

“Mi è piaciuto molto il concetto del labirinto, la linea del percorso espositivo è molto interessante, ma è un percorso impegnativo da fare e quando si esce si ha bisogno di un attimo per somatizzare il contenuto. Mi sono rimasti impressi la piazza con la musica di O bella ciao* di Liliana Moro e il libro della bibbia insieme al vestito e alla parrucca (parte della serie intitolata Madonna Horiente di Chiara Fumai).” Antonella da Salerno.

“Il percorso dell’esposizione è abbastanza complesso, il fatto che non sia immediato capire dove entrare e dove uscire è molto interessante. Non è stato semplice comprendere ogni aspetto del contenuto, perché la mia cultura è molto diversa. Ho apprezzato molto le sculture fluide di Enrico David (Untitled 2018 – 2019).” Azura dalla città di Yangzhou, Cina.

“E’ interessante l’idea del labirinto ma il resto mi trasmette poco. Mi è piaciuta molto l’opera Senza fine*” Davide da Roma.

*(…..Senza fine, 2010 Diffusore acustico a tromba, montaggio del canto Bella Ciao in quindici lingue di Liliana Moro – Nella piazza anche l’opera Quattro Stagioni 2014-2019, tavoli-sedie-ombrelloni)

Enrico David, Fuori tutto 2018-19 – ph Diana Cicognini

“Non conosco molto i lavori di questi artisti, ma mi è piaciuto il modo in cui sono stati messi in mostra e il concept dell’esposizione, che dà al visitatore una sorta di libertà nella scelta del percorso per scoprire le opere, piuttosto che una visione o una panoramica storica o una presentazione statica delle opere in un percorso dettato dal curatore. La decisione di dare ai visitatori questa libertà, consente di arrivare alle opere grazie al proprio senso della scoperta. Si ha il privilegio di arrivarci da soli piuttosto che attraverso una mera trasmissione di una storia o di informazioni. La comprensione delle opere avviene attraverso l’incontro con l’opera stessa e il modo in cui è stata esposta. E’ bello per una volta, specialmente nel contesto della Biennale, non essere guidati da ciò che il curatore vuole trasmettere, non trovarsi di fronte ad opere da vedere e da assorbire in un percorso lineare come accade all’Arsenale o ai Padiglioni ai Giardini. Nel Padiglione Italia sei libero e hai il piacere della scoperta, incontrando le opere in un modo più elegante e poetico ” M. Lynton da Londra.

“Mi è piaciuto molto il gioco di specchi e il pavimento, le opere figurative su cui soffermarsi, l’architettura minimalista. Ad impressionarmi di più la consapevolezza e il misticismo trasmessi da un dipinto che ho visto sulla parete, la sua semplicità. (Enrico David, Fuori tutto 2018-19).” Renata da Berlino

“Non mi sono soffermato molto sul messaggio del Padiglione e sinceramente non ho visto nulla che mi abbia colpito o abbia sconvolto la mia mente. Non avevo letto nulla, sono solo andato in giro perdendomi nel labirinto. Non so quale sia il significato e non me ne sono preoccupato, sono sfinito dopo due ore di percorso nell’Arsenale”. Alexander dalla Germania.

“Credo sia uno dei migliori Padiglioni Italiani che io abbia visto, mi è piaciuto il fatto che lasci disorientati e che faccia riflettere, la disposizione delle opere all’interno, la combinazione degli artisti. Conoscevo il lavoro di Enrico David e avevo visto qualcosa di Liliana Moro, ma non di Chiara Fumai. Mi ha interessato molto il lavoro di Chiara Fumai sulla performance di Vito Acconci (Ballroom, 1973).” Emma da Londra.

“Ci tenevo a vedere il Padiglione Italia perché c’è un’artista che seguo da tempo, Liliana Moro. Bello, ma mi immaginavo di trovare molte più opere esposte. Un commento che mi sento di fare è basta con ‘Bella ciao’, ha stancato, sappiamo chi siamo e da dove veniamo.” Armando da Roma.

“E’ stato interessante il concetto del labirinto, non conoscevo gli artisti. Ho trovato intrigante la scultura con la testa allungata. (Enrico David, Tutto il resto spegnere 2019)” Visitatrice dal New Jersey, Stati Uniti dAmerica

La sfida del labirinto, il saggio di Italo Calvino del 1962 è la fonte da cui trae ispirazione Nè l’una nè l’altra la mostra, a cura di Milovan Farronato, presentata al Padiglione Italia. Le opere d’arte sono lavori inediti e opere storiche di tre artisti italiani:  Enrico David (Ancona, 1966), Chiara Fumai (Roma, 1978 – Bari, 2017), Liliana Moro (Milano, 1961).

Il calendario completo e aggiornato degli eventi presso il Padiglione Italia è consultabile sul sito www.neithernor.it.

Né altra Né questa: La sfida al Labirinto – Padiglione Italia alla Biennale Arte 2019 – Photo Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti – Courtesy DGAAP-MiBAC

About Diana Cicognini

Diana. Dea cacciatrice! Il mio territorio è Milano, la mia preda l'Arte ... che racconto, scrivo, disegno e metto in mostra. Giornalista pubblicista, la mia Nikon mi accompagna sempre per testimoniare la bellezza e là dove il mio obiettivo fotografico non arriva...un grazie dichiarato ad artisti, gallerie ed uffici stampa che mi concedono "uno scatto" per le mie parole.
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