martedì , 14 Maggio 2024
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La grande mostra sul Divisionismo a Novara: la rivoluzione e l’emozione della luce.

Giovanni Segantini, Savognino_d'inverno

Ha inaugurato il 23 novembre la grande mostra Divisionismo. La rivoluzione della luce nella rinnovata cornice del Castello Visconteo Sforzesco a Novara.

Segantini – Dopo il temporale

La mostra, a cura della più importante studiosa dell’argomento, Annie-Paule Quinsac, tra i primi storici dell’arte ad essersi dedicata al Divisionismo già sul finire degli anni Sessanta, esperta in particolare di Giovanni Segantini (la cui gigantografia accoglie i visitatori con la celebre frase “Se l’arte moderna avrà un carattere sarà quello della ricerca del colore nella luce”), ha l’ambizione di essere la più importante rassegnsadedicata al Divisionismo presentata negli ultimi anni. Novara è stato ritenuto luogo ideale per ospitare una mostra incentrata sul Divisionismo lombardo-piemontese: i rapporti con il territorio e le provenienze geografiche dei suoi principali esponenti ne hanno determinato le scelte e il taglio complessivo.

Sul termine Divisionismo e sulle implicazioni non solo tecniche, come spiega la curatrice in catalogo “[…] Sussiste ancora e comunque una certa confusione sul significato di Divisionismo, in particolare si crede che ad identificarlo sia la pennellata franta a trattini, puntini, sciabolate, filamenti lunghi o corti e visibili a occhio nudo. Sicuramente la pennellata visibile e spezzata è condizione necessaria, ma non è sufficiente; imprescindibile è la giusta posizione dei colori sulla tela e i toni devono essere complementari secondo il Prisma o ravvicinati all’interno della medesima gamma per ottenere maggiore vibrazione e suggerire le distanze (e quindi i piani). Non è soltanto una tecnica (dovrei dire un insieme di più tecniche. La pratica di per sé è destinata a generare un’estetica anche se non uniformemente condivisa: liberando la pennellata il procedimento divisionista, indipendentemente dal livello di rigore con cui è applicato, crea infinite possibilità grafiche che, nel ventennio a cavallo tra otto e Novecento, hanno modificato la resa dell’immagine, permettendo tra l’altro di attribuire al segno l’espressività dell’idea da trasmettere.

Giuseppe Pellizza da Volpedo – La processione

Due elementi più di altri, oseremmo funzionali, reclamano una visita di persona alla mostra: uno materico, l’altro dimensionale, aspetto quest’ultimo tutt’altro che secondario. Se è corretto immaginare che tutte le opere d’arte siano da godere di persona, è pur vero che la pittura divisionista a maggior ragione, e per sua stessa intrinseca natura, necessita di questa tipo di fruizione, poiché il miracolo della luce rifratta sulla superficie pittorica si rinnova ad ogni sguardo, ad ogni differente prospettiva o inclinazione di osservazione: come ogni attività umana, un’esperienza (qui retinica, prima che intellettuale) assolutamente personale e sempre mirabile. Onore al merito all’allestimento della mostra che ha consentito una buona lettura delle opere in tutta la loro complessità, tanto da far percepire addirittura l’uso delle pagliuzze d’oro e la differente grammatura dell’impasto pittorico, per cui anche opere non tra le “vedette” della mostra, come il Pascolo Alpino di Carlo Fornara, sorprendono per la tessitura della pennellata, un vero arazzo di pigmenti.

Nomellini, Baci di sole

C’è un secondo aspetto nella pittura tra Ottocento e Novecento che va sempre considerato, ossia la monumentalità (insistita talvolta) di certe opere e il miniaturismo di altre, il che cambia totalmente la collocazione e la fruizione (ad esempio richiede sale di ampio respiro per permetterne la visione d’insieme) e impongono una corretta disposizione ed un giusto ritmo per non risultare esageratamente incombenti. La dimensione influisce sulla lettura dell’opera e ricorda come questa generazione di pittori fossero in grado di reggere queste tele senza perderne in grazia e perizia.

Per il percorso espositivo Annie-Paule Quinsac ha operato scelte accurate, certamente non banali, considerando anche la mancanza di molti prestiti di capolavori di Segantini, Morbelli e Pellizza dalle istituzioni che non hanno consentito al prestito. La curatrice ha selezionato alcune preziose tele provenienti da collezioni private; su tutte il celebre Savognino d’inverno di Segantini, esposto alla celeberrima mostra del Divisionismo Italiano alla Permanente di Milano nel 1970 e da allora mai più visto, che la curatrice ha scelto anche come immagine guida della mostra e relativamente al quale afferma: “E’ un unicum nella produzione di Segantini. Infatti rarissimi sono i paesaggi puri e, inoltre, questo ha un che di espressionista non riscontrabile altrove nel corpus dell’artista […] Il connubio fra materia cromatismo e gestualità conferisce una forte valenza emotiva, accentuata dalla nota lugubre del volo dei corvi su un paesaggio per altro rutilante di sole”.

Giovanni Segantini, Savognino d’inverno

Il Divisionismo nasce a Milano, sulla stessa premessa del Neo-Impressionnisme francese – meglio noto come Pointillisme -, senza tuttavia che si possa parlare di influenza diretta. Muove dall’idea che lo studio dei trattati d’ottica, che hanno rivoluzionato il concetto di colore, debba determinare la tecnica del pittore moderno. Si sviluppa nel Nord d’Italia, grazie soprattutto al sostegno di Vittore Grubicy de Dragon, mercante d’arte, critico, pubblicista e a sua volta pittore, che con il fratello Alberto gestisce a partire del 1876 una galleria d’arte a Milano. E’ Vittore a diffondere tra i pittori della sua scuderia il principio della sostituzione della miscela chimica dei colori tradizionalmente ottenuta sulla tavolozza, con un approccio diretto all’accostamento dei toni complementari sulla tela. Da dato chimico, il colore diventa fenomeno ottico e alla dovuta distanza l’occhio dello spettatore può ricomporre le pennellate staccate in una sintesi tonale, percependo una maggior luminosità nel dipinto.

Presto il Divisionismo da Milano e dalla Lombardia si allarga al Piemonte: la pennellata divisa è destinata a diventare strumento privilegiato nella traduzione di una poetica della natura o di una messa a fuoco delle tematiche sociali. Solo Gaetano Previati, irriducibilmente antirealista sin dagli esordi, elabora una visione simbolista che scaturisce dal mito, da un’interpretazione visionaria della storia o dall’iconografia cristiana, agli antipodi di quella di Segantini sempre legata alla radice naturalista di una percezione panica dell’alta quota.

Carlo Fornara, Fontanalba

Strutturata in otto sezioni tematiche, l’esposizione consta di settanta opere tutte di provenienti da importanti musei e istituzioni pubbliche e da collezioni private.La mostra si apre con uno sguardo rivolto alla scuderia di artisti della galleria Grubicy. Troviamo qui le opere di Tranquillo Cremona con Pensierosa (1872-1873), Daniele Ranzoni con Il bambino Morisetti (1885), Giuseppe Pellizza da Volpedo con Le ciliegie (1888-1889), Angelo Morbelli con La partita alle bocce (1885), Gaetano Previati con Le fumatrici di hashish (1887), Emilio Longoni con Le capinere (1883), Vittore Grubicy, Giovanni Segantini con La portatrice d’acqua (1886) e Dopo il temporale (1883-1885), sul quale afferma la curatrice: uno dei capolavori del periodo brianteo, è prevalentemente uno studio di luce, attraverso il quale prende vita un momento nel quotidiano della pastorizia. Non ancora divisionista, il dipinto è giocato su ricchi toni di argentei, verdi e giallo modulati sulla tela in impasti fluidi di vario spessore che suggeriscono lo squarcio di luce che irrompe tra i nuvoloni, l’umidità del terreno, la lana bagnata delle pecore, l’effetto del vento sui i protagonisti. La seconda sezione è dedicata alla I Triennale di Brera tenutasi a Milano nel 1891, ricordata come “uscita ufficiale del Divisionismo in Italia” in cui furono presentati esempi emblematici di pittura divisa, realizzati dai principali esponenti del gruppo: Segantini, Morbelli, Pellizza, Previati, Longoni e Giovanni Sottocornola. Lo stesso Vittore Grubicy, obbligato ad abbandonare nel frattempo la gestione della galleria, presentava paesaggi di transizione, mentre Pellizza e Sottocornola vi si sarebbero avvicinati di lì a poco.

A pianoterra si può ammirare la grandiosa e magnifica Maternità (1890-1891) di Previati di proprietà del Banco BPM che ritorna nel capoluogo piemontese dove non è mai stata esposta e che, proprio per l’eccezionalità del prestito, si potrà ammirare con ingresso gratuito. Ricorda la curatrice che l’opera, connubio tra Divisionismo e Simbolismo fece sì che Maternità fosse l’opera più controversa e derisa della I Triennale di Brera. Si parlò addirittura di “eclisse di genialità”. La novità della tecnica che veicola un innegabile misticismo suscitò l’accanimento della critica non ancora pronta ad accettarne né simbolismo né modernità pittorica.

Previati, Maternità

Al primo piano sono esposte alcune tra le opere più celebri presentate a quella Triennale, lavori già divisionisti, oppure appartenenti ad artisti che a breve avrebbero sperimentato questa nuova tecnica: Vacca bagnata (1890) di Segantini, Un consiglio del nonno – Parlatorio del luogo Pio Trivulzio (1891) di Morbelli, Bosco (1887-1891-1912) di Grubicy, Il mediatore (1891) di Pellizza da Volpedo e Fuori di porta (1891) di Sottocornola, e il notevole L’oratore dello sciopero (1890-1891) di Longoni, di grade attualità per taglio e messaggio politico.

Nella terza sezione, incentrata sul trionfo del Divisionismo e i suoi principali interpreti, trovano spazio capolavori come All’ovile (1892) di Segantini, dipinto da tempo assente dalla scena espositiva, Fontanalba (1904-1906) di Fornara, Riflessioni di un affamato (1894) di Longoni, La Diana del lavoro (1893) di Nomellini, Sogno e realtà (1905) di Morbelli proveniente dalla Fondazione Cariplo, Gallerie d’Italia.

La quarta sala è interamente dedicata a Pellizza da Volpedo, con cinque opere fondamentali nel percorso dell’artista: Il ponte (1893-1894), Il roveto (Tramonto), (1900-1903), La processione (1893-1895), Sul fienile (1893-1894) e Nubi di sera sul Curone (1905-1906).

Pellizza da Volpedo, Il ponte, 1892

Afferma la Quinsac: Il ponte è un vero gioiellino: considerato primo dipinto pienamente divisionista di Pellizza, non era stato più visto dopo la storica mostra del Divisionismo italiano a Trento nel 1990, ed è riapparso a Milano nel 2012 in una piccola mostra presso la GAM Manzoni. Nel 1892, data presunta dell’opera, Pellizza studiava i trattati dell’ottica da circa due anni, influenzato sia dagli scritti di divulgazione di Grubicy che dall’incontro con Nomellini a Genova. Le indagini riflettografiche hanno appurato che Pellizza parte da una stesura bianca a basi di piombo preconizzata da Seurat, alla cui tela “La grande Jatte” fa riferimento. In realtà non siamo in presenza di un uso sistematico dei puntini; anche se vengono usati, sono bilanciati da filamenti di colori lunghi e corti, più raramente circolari come nelle nubi del cielo. L’opera è composta          a partire di forme geometriche all’interno delle quali i colori complementari diventano elemento vibratile e si scagliano sullo sfondo  bianco  facendo emergere la luce anche dal gioco grafico.

La quinta sezione propone un focus sul tema della neve, con opere di Segantini – il celebre Savognino sotto la neve (1890), Fornara – con il magnifico Vespero d’inverno (1912-1914) che è stato restaurato per la mostra, Cesare Maggi, Morbelli, Matteo Olivero, Pellizza e Tominetti.

Nel corridoio di accesso il magnifico e grandioso Migrazione in Val Padana (1916-1917) di Previati introduce altre quattro splendide opere dell’artista tra cui le tre Marie ai piedi della croce (1888), mai più esposto dal 1920, il  trittico Sacra famiglia (1902) e Il vento o Fantasia (1908) prestato dal Vittoriale degli Italiani di Gardone Riviera. Il dipinto Migrazione in Val Padana, proveniente dalla collezione del figlio Alberto Previati è giunto verso la metà degli anni Trenta del Novecento presso la collezione privata Enel di Genova – Distretto Liguria che tuttora lo conserva. L’ultima uscita dell’opera è avvenuta in occasione della mostra antologica “Gaetano Previati (1852 – 1920)” presso Palazzo dei Diamanti a Ferrara nel 1969.   Il magistrale trittico, la cui configurazione come un fregio in sequenza è pervasa da una luce visionaria e ne demarca la sua natura onirica e simbolista, si mostra dunque al pubblico dopo un’assenza di cinquant’anni. Il dipinto rievoca i tramonti autunnali della campagna e del paesaggio ferrarese, come un ritorno all’infanzia, alla propria terra, una “migrazione” spazio-temporale verso il passato per uno sguardo oltre il visibile, “l’eterna peregrinazione dell’umanità che va lentamente verso la luce della perfezione”.

Nella sesta sala protagonisti sono sette magnifici disegni di Segantini, dove emerge, notevole, la grande maestria dell’artista.Tra essi svettano Ave Maria sui Monti (1890), Vacca bianca all’abbevveratoio (1890) Rododendro (1898), che riappare in pubblico dopo più di un secolo, e La natura, disegno di presentazione (1898). La loro presenza in mostra illustra la funzione che queste opere su carta, eseguite in casa, durante le lunghe serate o giornate rigide in cui non era possibile lavorare all’aperto, assumevano per Segantini. Declinate in un’infinite varietà di tecnica – carboncino, gessi, matite dure colorate, pastelli, inchiostro, acquerello, tempera, anche sovrapposti – andavano a colmare il vuoto di olii già venduti divenendo a loro volta un vero e proprio laboratorio figurale.

Giuseppe Pellizzada Volpedo, Sul fienile

Chiude l’esposizione una sezione su l’evoluzione del Divisionismo nei primi decenni del Novecento con imponenti opere dei principali interpreti: Primavera della vita (1906) e Sorriso del lago (1914) di Longoni, Alba domenicale (1915) e Meditazione (1913) di Morbelli, Baci di sole (1908) e Sole e brina (1905-1910) di Nomellini, Ora radiosa (1924-1925) di Fornara, cui si aggiungono tele di divisionisti meno noti e legati al territorio lombardo-piemontese quali Angelo Barabino, Carlo Cressini, Cesare Maggi, Filiberto Minozzi e Matteo Olivero.

Accompagna l’esposizione un catalogo scientifico approfondito: il saggio della curatrice è corredato da schede biografiche degli artisti, con schede critiche delle singole opere affidate agli specialisti di riferimento e apparati bibliografici ed espositivi. L’esposizione è promossa e organizzata dal Comune di Novara, dalla Fondazione Castello Visconteo e dall’Associazione METS Percorsi d’arte, in collaborazione con ATL della provincia di Novara, con i patrocini di Commissione europea e Provincia di Novara, con il sostegno di Banco BPM (Main Sponsor), Regione Piemonte, Fondazione CRT e Esseco s.r.l.

PER INFO

Il divisionismo. La rivoluzione della luce

Castello Sforzesco Visconteo_ Novara

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.
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