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La cultura degli anni ’60 -’70 attraverso i gioielli al Museo DIVA di Anversa: nel parliamo con la curatrice Catherine Regout

Nel 2018 ha aperto ad Anversa DIVA, nuova realtà museale che unisce le collezioni del Museo dell’Argento e del Museo dei Diamanti in un’unica, innovativa istituzione culturale sita nel cuore della città.

The Jeweller’s Art, DIVA Antwerp. Foto di  Frederik Beyens.

Il museo si articola in un percorso che, attraverso la storia dei diamanti, dell’argento e del gioiello – ma non solo – racconta  con più di  500 oggetti la storia della città, sede di uno dei porti più importanti del mondo e della più antica borsa di diamanti e le vicende storiche e commericiali che hanno segnato nei secoli l’Europa. Abbiamo raggiunto Catherine Regout, curatrice di DIVA, in occasione della mostra The Jeweller’s Art – Revolutionary jewellery from the 1960s and 70s, in corso fino al 14 marzo 2021; le abbiamo rivolto alcune domande sulla mostra e sui programmi museali.

 

Jean Vendome, Veracruz Necklace, 1972, white gold, platinum, amethyst, diamonds, Courtesy of the Cincinnati Art Museum, Collection of Kimberly Klosterman, ph. Tony Walsh

 

Questa mostra nasce dalla collaborazione con il Cincinnati Art Museum: può dirci come si è sviluppato il progetto espositivo? Le diverse tappe della mostra sono pensate considerando i diversi musei ospitanti, gli spazi e il diverso pubblico?

La mostra è realizzata intorno alla meravigliosa collezione di Kimberly Klosterman. Cynthia Amnéus, curatrice del Cincinnati Art Museum, e Kimberly Klosterman hanno compiuto molte ricerche e si sono avvalse della collaborazione di  Amanda Triossi, Ruth Peltason e Rosemary Ransome Wallis per il catalogo Simply Brilliant. Artisti-gioiellieri degli anni ’60 e ’70. A DIVA abbiamo deciso di costruire una grande mostra intorno ai 130 gioielli che abbiamo avuto in prestito. Gli anni ’60 e ’70 sono un periodo così “selvaggio” ed emozionante: abbiamo voluto restuituire un’interpretazione contemporanea di questi meravigliosi e vibranti decenni. Accanto ai gioielli della collezione Klosterman abbiamo accostato gioielli della collezione DIVA che aggiungono un contesto belga all’esposizione e abbiamo posto in dialogo moda, design, musica e film degli anni ’60 e ’70.  Inoltre abbiamo inserito nel percorso l’installazione luminosa  Transito (realizzata da Children of the Light and Space Encounters), che può essere interpretata come un passaggio dagli anni Sessanta, pieni di colore e forme barocche asimmetriche, agli anni Settanta minimalisti e futuristici. L’era spaziale ha preso vita in questa installazione e passeggiare tra i pilastri è come ritrovarsi in un tempio psichedelico luminoso.

Volevamo attirare un pubblico più giovane al museo e creare una vera esperienza. Dopo due mesi e molte reazioni positive dei visitatori più giovani e della stampa, penso di poter affermare che ci siamo riusciti. Dopo DIVA, i gioielli saranno esposti allo Schmuckmuseum di Pforzheim in Germania e infine saranno in mostra al Cincinnati Art Museum alla fine del 2021. Non so come questi musei presenteranno i gioielli. Questo dipende completamente da loro.

 

The Jeweller’s Art, DIVA Antwerp. Installation View ph. Frederik Beyens.

 

Nello specifico, come ha pensato al percorso dei visitatori per le diverse sezioni espositive e come ha integrato la parte installativa multimediale?

Abbiamo pensato ad una particolare atmosfera per ogni sala. Quale storia vogliamo raccontare? Qual è il fil rouge e come possiamo rendere l’allestimento attraente, ma costruito con una logica stringente e al contempo ricco di informazioni? Ho deciso di ordinare i gioielli per temi piuttosto che per produttori o seconda una stretta cronologia. Abbiamo lavorato insieme a Remi Versteeg, architetto e partner della società di architettura Space Encounters per la scenografia.

Nella prima stanza sono presentati gioielli colorati, eccentrici e asimmetrici riferibili soprattutto agli anni ’60. Designer come Andrew Grima, Gilbert Albert, Barbara Anton e Arthur King hanno realizzato gioielli come fossero una dichiarazione d’intenti. I gioielli sono grandi, colorati, asimmetrici, ispirati alla natura;  i temi principali riguardano i materiali come le perle, l’oro, la Natura, l’astrologia, la scultura per il corpo.

La seconda sala propone una contestualizzazione storica dei gioielli. Quattro proiettori proiettano immagini di articoli di giornale (l’assassinio di Kennedy, il primo uomo sulla luna, ecc.), riviste di moda (Twiggy, Paco Rabanne, ecc.) e persino film e ricette di quel periodo storico. Si possono ammirare anche gli abiti di Emilio Pucci indossati da manichini seduti su tipiche sedie di design anni ’60 di Eero Aarino e Geoffrey D. Harcourt.

La terza sala riguarda l’era spaziale. Qui si entra fisicamente nell’installazione Transito  e si possono ammirare gioielli dell’ “era spaziale”, realizzati con materiali provenienti dallo spazio come meteoriti o con forme che richiamano stelle, ufo, paesaggi lunari ecc. Questa stanza è anche di passaggio dai gioielli eccentrici e asimmetrici degli anni ’60 ai gioielli futuristici più geometrici e dalle superfici lisce degli anni ’70.

Nell’ultima sala si scoprono i gioielli bianchi e futuristici realizzati negli anni ’70. Accanto a un abito Paco Rabanne in argento che brilla come se fosse composto da luci da discoteca, sono allestiti gioielli realizzati dalle grandi case per un pubblico più giovane e moderno. Accanto agli abiti disegnati dallo scultore belga Félix Roulin (tra cui pettorali in bronzo) si trovano gioielli realizzati da  artisti italiani come César Baldaccini, Afro Basaldella e Franco Cannilla. Gerda Flöckinger, la “First Lady of British Jewellery”, ha la sua vetrina. L’ultimo tema riguarda i gioielli ispirati alle culture antiche.

Installation view of the Transito by Children of the Light and Space Encounters The Jeweller’s Art, DIVA Antwerp. ph. di  Frederik Beyens.

 

La mostra è accompagnata da un catalogo e da una guida originale realizzata secondo lo stile anni Settanta della mostra più una rivista… Può dirci qualcosa al riguardo?

Come  ho detto in precedenza Kimberly Klosterman e Cynthia Amnéus hanno fatto molte ricerche sulla collezione di Kimberly e hanno realizzato un grande catalogo che supporta la collezione. In parallelo volevamo creare qualcosa di nostro in piena coerenza con il design della mostra: ancora una volta desideravamo creare una sorta di “esperienza”. Ecco perché la rivista e la guida-brochure del visitatore sono state splendidamente progettate da Jurgen Flick di Overburen  come se fossero una capsula del tempo – per catturare l’aspetto di questi decenni vibranti ed emozionanti.

Le riviste di modahanno subito recentemente una  certa flessione e allo stesso tempo abbiamo individuato nei teenager un nuovo target, così abbiamo pensato: perché non creare una nostra rivista? Un piccolo opuscolo in cui si possono condividere più informazioni generali sul museo, grazie al quale attirare più persone a venire a visitare la mostra o anche solo per portare a casa un bel souvenir.

 

Nella guida al visitatore sono presenti i testi delle sale le didascalie dei gioielli mentre nella “rivista” sono presenti un’introduzione del nostro direttore Eva Olde Monnikhof, un’intervista a Kimberly Klosterman e un riassunto del testo di Cynthia dal catalogo principale, maggiori informazioni su DIVA più alcune bellissime foto e “’pubblicità” progettate dal designer.

Avete realizzato inoltre la possibilità di una visita virtuale particolarmente accurata e coinvolgente…  Può dirci qualcosa al riguardo?

Notizie molto tristi ci sono arrivate il 29 ottobre scorso, la sera prima dell’apertura: a causa di un aumento del numero di infezioni da Covid-19,  il governo belga ha deciso di chiudere immediatamente tutti i musei. Questa notizia ci ha davvero colpito. Abbiamo lavorato così duramente per preparare tutto, il mio team, ma anche tutti gli altri colleghi del museo, il team esterno dello scenografo, il designer delle riviste ecc. Fortunatamente avevamo già deciso di fare un tour virtuale della mostra, così abbiamo deciso di lanciare la mostra online.  È stato un successo per numero di visualizzazioni e siamo stati in grado di raggiungere il pubblico in tutto il mondo, incluso il pubblico della New York  Jewelry  Week. Certamente un tour virtuale non è la stessa cosa di una vera visita e devi stare attento a trovare un tuo percorso, ma stiamo ottenendo risposte davvero positive. Provate a dare un’occhiata: https://my.matterport.com/show/?m=8wM7ZFDxyEf; suggerisco  il pulsante di riproduzione nell’angolo in basso a sinistra, in questo modo è più facile passare attraverso le diverse sale. Fortunatamente ora la mostra è riaperta al pubblico con prenotazione della visita in slot temporali, in modo da garantire l’accesso in sicurezza.

Ci può evidenziare alcuni punti salienti della mostra da non perdere per meglio comprenderne lo spirito?

Penso che l’elemento da sottolineare sia  la grande varietà di designer, nonché i materiali e le tecniche che hanno usato. Per me è stato molto interessante saperne di più sull’alta gioielleria di questo periodo. E anche il fatto che designer di gioielli che hanno lavorato con materiali preziosi come oro, diamanti e altre pietre preziose si siano adattati a un tipo di gioielleria più libera e artistica. Gilbert Albert è un buon esempio: è stato un grande designer molto noto negli anni ’60 e ’70, ma non molte persone lo conoscono oggi. Ha vinto molti premi prestigiosi ed è stato innovativo per l’uso di materiali non convenzionali. Si ispirò a forme naturali e trasformò materiali notevoli come fossili e meteoriti in forme organiche uniche, combinandoli senza sforzo con oro e gemme preziose.

Gilbert Albert (1930-2019), bracciale/spilla, anni ’60, oro, perla, diamante, fossile ammonite, Per gentile concessione del Cincinnati Art Museum, Kimberly Klosterman Collection, ph. Tony Walsh.

 

Oppure Barbara Anton, designer americana che ha realizzato bellissimi gioielli e vinto molti premi. Non si scrive molto sul suo design, ma se si osserva come è realizzata la collana di perle – è davvero meravigliosa. Rispetto alla collana di perle tradizionale degli anni Cinquanta la sua collana presenta un design sontuoso. Anton ha usato perle di forma irregolare in una varietà di tonalità pastello naturali, tenute insieme da viticci simili ad alghe in oro. La parte posteriore è splendidamente realizzata come la parte anteriore e la collana è incernierata e flessibile in modo che possa poggiare sul collo comodamente. Non sorprende che nel 1966 Anton vinse il primo premio nel concorso Cultured Pearl Associations of America and Japan.per il design, proprio grazie a questa collana!

Barbara Anton (1926-2007), Potpourri of Pearls Necklace, circa 1968, oro, perla, diamante, Per gentile concessione del Cincinnati Art Museum, Kimberly Klosterman Collection, ph. di Tony Walsh.

 

Può anticiparci alcuni programmi di DIVA per il 2021?

Abbiamo già in arrivo una nuova mostra: Masterpieces in Miniature: Treasures from the Rosalinde and Arthur Gilbert Collection.dal Victoria and Albert Collection. La mostra si apre il 5 marzo 2021 e avrà una piccola sovrapposizione con The Jeweller’s Art. Lanceremo anche il nostro programma di talk DIVA online, approfittando di queste nuove opportunità di comunicazione. Faremo il nostro primo discorso DIVA online a febbraio: parleremo della mostra e dei gioielli con Kimberly Klosterman e ospiti speciali. Maggiori informazioni presto sul nostro sito web e Instagram. Non molte persone sanno inoltre che abbiamo un atelier / studio completamente attrezzato nei pressi del museo, dove organizziamo masterclass, laboratori e  residenze per artisti. Nel 2021, se tutto andrà bene, avremo due nuove residenze. Abbiamo anche una grande e specializzata biblioteca, aperta a tutti per studiare o semplicementeper sedersi nella nostra sala di lettura e leggere le diverse riviste legate al mondo delle gemme, dell’argento e dei gioielli con magnifiche immagini. In questi giorni si deve prendere un appuntamento, ma siamo aperti e pronti ad aiutare chi ne farà richiesta.. Abbiamo davvero molti progetti, ma dobbiamo fare i conti, come tutti, con l’evoluzione dell’emergenza sanitaria.

Per info

The Jeweller’s Art – Revolutionary jewellery from the 1960 – 1970

DIVA

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.
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