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Intervista#2: Le Macchine di Michelangelo Castagnotto

Michelangelo Castagnotto, La Macchina della Lettura

Dopo la recente esposizione collettiva OPEN THE BOXES II presso Gagliardi Art System, Canale Arte propone la seconda parte di un’intervista all’artista Michelangelo Castagnotto. Su macchine e automazioni, sistema dell’arte contemporanea e curatela, estetica e produzione di linguaggio…

Ivan Fassio: Ho fatto la tua conoscenza artistica alcuni anni fa, come pittore dotato di “una bella mano”, come si dice dei pianisti che hanno il “tocco”, cosa che è sempre il risultato di uno stile. Oggi la tua notorietà è legata alle Macchine Rituali che richiamano una forma di automazione del linguaggio artistico.
Come stanno alla pittura le tue Macchine e alla ricerca di uno stile nell’arte?

Michelangelo Castagnotto: Le mie Macchine non sono qui per dire, in modo più assoluto, la fine della pittura o che non ha più senso dipingere. Le Macchine sono dei percorsi decontaminati dentro il linguaggio dell’opera.

I.F.: Il termine che hai usato, “decontaminati”, fa pensare ad un possibile contagio.

Michelangelo Castagnotto: Si tratta di una vera epidemia. Il linguaggio artistico è esposto al virus dell’allusione, la figura retorica che propaga il sentimentalismo attraverso il mercato della divulgazione. È lo stesso veicolo della pubblicità, che in questo modo rischia di diventare il modello dell’arte.

I.F.: La Pop Art e in particolare Andy Warhol, sulla scia della teoria della comunicazione di Marshall McLuhan, hanno sdoganato artisticamente la pubblicità.

Michelangelo Castagnotto: Sarebbe giusto chiedersi se abbiano innalzato la pubblicità a livello dell’arte o abbassato l’arte a livello della pubblicità. Alcuni messaggi pubblicitari sono simil-autereferenziali e possono essere equivocati per poesia, ti faccio solo un esempio di uno slogan della Clarins che dice “Ama l’età che hai”… è poesia?
Andy Warhol è fondamentalmente un corruttore, anche se oggi sembra di dire una bestemmia.

I.F.: Le tue Macchine vogliono decontaminare l’estetica dal contagio con l’arte popolare?

Michelangelo Castagnotto: Anche quando si dipinge si usano materiali poveri per fare un’opera d’arte, non solo nelle mie Macchine, la poesia non si trova già pronta nella lingua di casa.

I.F.: La contrapposizione tra lingua quotidiana e lingua poetica è tipica di Stéphane Mallarmé e dei simbolisti, immagino che le tue Macchine siano dei programmi siano dei programmi narrativi per svuotare l’opera dai valori simbolici convenzionali. Ti fa paura il termine “narrativo”?

Michelangelo Castagnotto: Mi fa paura solo se “narrativo” vuole dire noioso. Sono noiose le opere che hanno bisogno di essere spiegate con dei preamboli. Come succede quando la stampa proclama che il tale artista è grande “perché usa materiale riciclato”, e questo “vuol dire” che sta lanciando un appello per salvare il pianeta dall’inquinamento; mentre quell’altro artista usa il ghiaccio per richiamare l’attenzione sullo scioglimento delle calotte polari.
Le opere che si raccontano da solo non sono quello che sembrano.

I.F.: La cosiddetta “autonomia del linguaggio artistico”, spesso non va d’accordo con la sua divulgazione. Secondo Michelangelo Castagnotto, l’opera d’arte è condannata ad essere fraintesa nel momento della sua diffusione e della fruizione da parte di quelli che non sono addetti ai lavori? In altre parole lo stile è estraneo al largo pubblico?

Michelangelo Castagnotto: Lo stile è una differenza ineffabile; e non “affabile” se non attraverso il linguaggio proprio dell’opera. Se così non fosse, le opere sarebbero intercambiabili con le parafrasi dei critici, che per altro hanno un ruolo dialettico con l’opera. Quando viene a mancare questa dialettica, e gli artisti sono programmati come polli in batteria dai curatori, le parafrasi arrivano prima dell’opera e diventano perifrasi. Oggi molta arte risulta noiosa perché vive all’interno dell’estetica della perifrasi.

I.F.: Immagino quindi che tu abbia come target quello di fare un’arte non noiosa. Come deve essere un’arte non noiosa e quali sono le caratteristiche “non noiose” delle tue Macchine?

Michelangelo Castagnotto: Finora le persone non si annoiano quando vengono a contatto con le mie Macchine perché si domandano in prima battuta che cosa sono e quindi che cosa farsene. Mentre le usano scoprono che non sono quello che sembrano: a differenza delle macchine di uso comune, come le forbici o un semplice cucchiaio. Congegni dei quali tutti sanno cosa farsene, anche se non è necessario sapere che sono macchine o come funzionano.

I.F.: Il termine “Macchine” fa pensare all’idea di automazione. Cosa c’è di automatico nell’opera d’arte?

Michelangelo Castagnotto: In quella che funziona, c’è come un motore che produce linguaggio. Se preferisci, una meccanica.
Anche il motore a scoppio delle auto non è “un pezzo di ferro”, ma è una grammatica per trasformare l’energia termica in energia meccanica. Il fatto di ammirare un motore in un museo dell’automobile è un evento del tutto accessorio rispetto all’invenzione del motore. Tant’è vero che per andare al museo si usa la macchina, anche se non si sa come funziona. Allo stesso modo del cucchiaio.

I.F.: Ti confesso che non ho mai pensato al cucchiaio come ad una macchina.

Michelangelo Castagnotto: In effetti, si può usarlo senza pensare a come funziona. Ma la prima volta che è stato inventato, credo, qualcuno avrà chiesto che cosa fosse, anche del cucchiaio.

I.F.: Visto che mi hai incuriosito, spiegami che tipo di macchina è il cucchiaio.

Michelangelo Castagnotto: È una leva di 1° grado in senso contrario: usata non per ampliare, ma per ridurre la corsa, di modo che quando ti trema la mano di 1 centimetro, l’oscillazione della minestra sul cucchiaio è minore di un centimetro

I.F.: In modo da non rovesciarsi la minestra sulla cravatta, ho capito?

Michelangelo Castagnotto: Esattamente.

I.F.: Le tue opere, in che senso sono paragonabili al cucchiaio?

Michelangelo Castagnotto: Le mie Macchine sono come dei cucchiai nel senso che ti fanno pensare alla “forma” del cucchiaio e non alla minestra.
Il cucchiaio funziona nello stesso modo anche con un’altra minestra, non importa se brodo pollo o pasta e fagioli.

Ivan Fassio: Che cos’è una minestra e che cos’è cucchiaio, nell’arte contemporanea e nelle tue opere?

Michelangelo Castagnotto: Per esempio la pittura: tutti la guardano come minestra perché si sono abituati che il cucchiaio è il discorso dei curatori, mentre secondo me anche la pittura non è affatto la solita minestra, a patto che sia lei il cucchiaio.

È un detto comune che se non apri una cassa, non maneggi un’opera d’arte, non valuti come esporla non sei un buon gallerista.
Niente è più vero se lo proiettiamo anche sui collezionisti.
Non è un caso che uno dei momenti più stimolanti (e di maggiore curiosità) per i collezionisti sia proprio la fase di allestimento di una mostra. Casse, trapani, lampade e scale non sembrano deprimere le opere anzi conferiscono loro una freschezza inconsueta.
Dopo il successo della prima edizione, OPEN THE BOXES II presso GAS – Gagliardi Art System è stato un invito a fare quest’esperienza a tutti quanti gli appassionati di arte contemporanea, il 19 marzo 2015 i lavori di Daniele D’Acquisto, Michelangelo Castagnotto, Richi Ferrero, Claudia Maina, Glaser/Kunz, Ahmad Nejad, Aurore Valade, Jelena Vasiljev, Fabio Viale, sono stati messi in evidenza insieme il contenuto del magazzino retrostante la galleria in via Cervino 16.
Michelangelo Castagnotto: http://www.michelangelocastagnotto.com/
http://www.gasart.it/

About Ivan Fassio

Poeta, scrittore, curatore d'arte contemporanea.
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