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“Arshile Gorky: 1904-1948”: a Venezia la mostra personale

Arshile Gorky, Il fegato è la cresta del gallo. Gentile concessione della Albright-Knox Art Gallery

Dall’8 maggio al 22 settembre, a Venezia, la prima grande retrospettiva mai realizzata in Italia dedicata all’artista americano Arshile Gorky

Aprirà al pubblico l’8 maggio, nella splendida cornice di Ca’ Pesaro, sede della Galleria Internazionale d’Arte Moderna, a Venezia, per restare visitabile fino al 22 settembre 2019 “Arshile Gorky: 1904 – 1948”, la prima grande retrospettiva mai realizzata in Italia dedicata all’artista americano.

La mostra riunirà oltre ottanta opere e permetterà al pubblico di esplorare l’opera di Gorky in tutta la sua portata. A contraddistinguere l’intera produzione dell’artista, dal suo interrogarsi, negli anni ’20, sui maestri moderni fino agli ultimi dipinti degli anni ’40, è stata una particolare visione, che lo ha anche portato a venire riconosciuto come una delle figure chiave dell’arte americana del XX secolo, insieme a Willem de Kooning, Jackson Pollock e Mark Rothko.

Fotografia di Arshile Gorky, ultimi anni ’20. Fotografo sconosciuto

Curata da Gabriella Belli, storica dell’arte e direttore della Fondazione Musei Civici di Venezia, e da Edith Devaney, curatrice alla Royal Academy of Arts di Londra, la retrospettiva veneziana è stata realizzata in stretta collaborazione con The Arshile Gorky Foundation e con i membri della sua famiglia. Questo permetterà di ammirare anche opere che sono state raramente esposte in pubblico.

“La straordinaria personalità di Gorky – spiega Gabriella Belli -, per la prima volta in Italia con una mostra monografica, illuminerà zone ancora in ombra della storia dell’arte del nostro Paese, facendoci esplorare in profondità l’osmosi della pittura europea con quella americana, di cui Gorky fu senza dubbio uno dei più importanti innovatori”.

La mostra conta anche su prestigiosi prestiti da musei e istituzioni di tutto il mondo, come la National Gallery of Art e lo Hirshhorn Museum and Sculpture Garden di Washington, la Tate Modern di Londra, il Centre Pompidou di Parigi, lo Whitney Museum of American Art di New York. E ancora l’Albright-Knox Art Gallery di Buffalo, la Calouste Gulbenkian Foundation di Lisbona e la Diocesi della Chiesa Armena Americana a New York.

Arshile Gorky, Year the Milkweed © Eredi di Arshile Gorky / Artists Rights Society (ARS) New York

“Le opere più importanti della carriera di Gorky – sottolinea Edith Devaney – saranno riunite in una mostra che permetterà di riaffermarne il valore della sua esperienza all’interno dello sviluppo e della definizione dell’arte americana del XX secolo, evidenziando come la sua influenza prosegua tuttora”.

Le fa eco Saskia Spender, presidente della Arshile Gorky Foundation. “Circa un secolo fa il giovane Gorky arrivò tanto vicino a Venezia quanto mai lo era stato di persona, quando la nave che lo avrebbe condotto in America fece scalo a Napoli. A dire il vero non fu mai lontano, almeno spiritualmente, dall’arte di Pompei, Paolo Uccello e di De Chirico. Gli piaceva lavorare in maniera veloce come notoriamente faceva il Tintoretto perché, come disse una volta: Quando siamo in sintonia con il nostro tempo facciamo le cose con maggiore facilità”.

“Ci auguriamo – prosegue la Spender – che questa mostra faccia apprezzare ai visitatori il valore della posizione di Gorky e anche la sua energia prolifica. Gorky è stato un uomo che ha rifiutato confini ed etichette di ogni tipo, dal suo stesso nome sino alle categorie storiche dell’arte. La mostra di Venezia non potrà che confermare che una tale espressione individuale poteva emergere solo nella New York della metà del secolo”.

Arshile Gorky, Ritratto di Master Bill

“Arshile Gorky: 1904 – 1948” svela l’evoluzione del vocabolario artistico di Gorky, la sua vicinanza all’impegno artistico e intellettuale dei movimenti europei, sviluppata però in modo del tutto autonomo. Gorky ha integrato i paesaggi di Paul Cézanne, la linea di Ingres, la composizione di Paolo Uccello, la logica di Picasso, persino le vivaci forme di Joan Miró. Di fatto Gorky, assorbendo e reagendo al lavoro dei maestri del passato e degli artisti moderni, è stato in grado di sviluppare una propria visione e immaginazione. Lo si può dire una “una sensibilità europea” in un contesto americano.

Il linguaggio visivo dell’artista scorre come un filo conduttore attraverso tutta la mostra fino ad arrivare ai suoi capolavori.

Si comincia con la prima ritrattistica dell’artista, periodo a cui risalgono molti incontri con gli artisti avant garde emergenti di New York, come Stuart Davis, John Graham e David Smith. Tra le opere più interessanti di questo periodo, “Self-Portrait” (1937 circa), che fa riferimento ai ritratti neoclassici di Picasso degli anni ’20. La ritrattistica di Gorky non era solo un modo per esplorare il presente – attraverso ritratti di famiglia, amici stretti, altri artisti – ma anche per rendere omaggio alla famiglia che aveva perso.

Arshile Gorky, Leonora Portnoff © Eredi di Arshile Gorky / Artists Rights Society (ARS) New York

Gorky ha proseguito sintetizzando le problematiche e la struttura cubista con i contenuti e le tecniche surrealiste, in particolare isolando ed elaborando forme biomorfiche nei suoi paesaggi e nelle nature morte degli anni ’30.

La serie di disegni conosciuti come “Nighttime, Enigma and Nostalgia” rappresenta un momento cruciale nello sviluppo dell’astrazione dell’artista. Il suo vocabolario risulta perfezionato da motivi scaturiti dal suo interrogarsi sul Cubismo e il Surrealismo. Il disegno ha svolto un ruolo fondamentale nella pratica di Gorky, formando le sue idee e precedendo quasi ogni dipinto. In mostra opere su carta che documentano tutto il corso della sua carriera.

Arshile Gorky, Bull in the sun rug © Eredi di Arshile Gorky / Artists Rights Society (ARS) New York

Negli anni ’40 Gorky entra in contatto con i surrealisti, tra cui André Breton, Wifredo Lam, Max Ernst e Roberto Matta. Queste nuove frequentazioni avrebbero contribuito allo sviluppo dell’automatismo e del subconscio nei suoi dipinti. Opere come “Apple Orchard” (1943-1946 ca.) danno conto non solo della sua abilità e di una nuova linea precisa e fluida, ma anche di un mutato approccio.

Il lavoro di Gorky era stato ulteriormente rivitalizzato da una riconnessione con la natura, cementata nelle estati del 1942-1945 trascorse in Connecticut e alla Crooked Run Farm in Virginia. Questa periodo trascorso “en plein air”, e non immerso nel suo studio o nei musei di New York, gli ha permesso di estrarre simboli e motivi universali fondati sull’osservazione. Gorky esaminò da vicino le forme botaniche e biologiche e tradusse le metafore visive che vedeva in natura in nuove forme metamorfiche, capaci di esprimere la sua psiche più intima.

Arshile Gorky, La foglia del carciofo è un gufo © Eredi di Arshile Gorky / Artists Rights Society (ARS) New York

Il segmento finale di “Arshile Gorky: 1904 – 1948″ si concentra sugli ultimi capolavori, come ” The Liver is the Cock’s Comb” (1944), “One Year the Milkweed” (1944) e “Dark Green Painting” (1948 ca.). In questi lavori, i simboli istintivi di Gorky si trasformano in un personale vocabolario di forme fantastiche ricorrenti. L’artista ha intriso queste opere evocative di ricordi d’infanzia, della sua profonda affinità con la natura e delle complessità e contraddizioni che sentiva nella sua stessa esistenza. Il lessico così particolare di Gorky – un mix di energia propria e di empatia, subconscio e immaginario astratto – ne fanno un precursore dell’Espressionismo astratto in America.

Gorky ha vissuto un’epoca straordinaria per sconvolgimenti storici e culturali, caratterizzata da un movimento di persone senza precedenti durante le due guerre mondiali, cui ha fatto seguito l’ascesa di New York come capitale al posto di Parigi. Il contesto storico viene documentato attraverso il materiale d’archivio prestato dalla Arshile Gorky Foundation, che delinea non solo la cronologia della vita di Gorky ma anche eventi del periodo che hanno avuto un profondo impatto su di lui.

Il lavoro dell’artista ha avuto una influenza permanente sulle generazioni successive, in particolare su artisti come Willem de Kooning, Cy Twombly, Helen Frankenthaler e Jack Whitten. Sulla vita, il lavoro e l’eredità di Gorky riflette anche il film diretto da Cosima Spender, nipote dell’artista, che riunisce alcune voci artistiche contemporanee insieme a filmati inediti dell’artista.

 

Arshile Gorky: 1904 – 1948

9 maggio – 22 settembre 2019
Dal 1 novembre al 31 marzo 10.00 – 17.00 (orari biglietteria 10.00 – 16.00)
Dal 1 aprile al 31 ottobre 10.30 – 18.00 (orari biglietteria 10.30 – 17.30)
Chiuso il lunedì

Ca’ Pesaro Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Venezia

 

About Roberta Turillazzi

Giornalista per passione e professione dal 2015. Mamma e moglie giramondo, che attualmente vive a Londra. Lettrice a tempo pieno. Amo l'arte, il cinema, i libri e il calcio.
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