E’ stata inaugurata al Museo Novecento di Firenze, nell’ambito delle cinque mostre estive che coinvolgono gli ampi spazi del Museo, Solo.Gino Severini, in mostra sino al 10 ottobre.
L’esposizione, a cura di Lino Mannocci e Sergio Risaliti, dal 2018 direttore del Museo, è il sesto appuntamento del progetto focalizzato su argomenti monografici di particolare rilievo. La mostra si concentra sulla produzione del grande artista toscano (Cortona, 1883 – Parigi 1966), risalente agli anni Venti e Trenta, particolare momento creativo di passaggio dal cubismo al classicismo, di un “ritorno all’ordine”, in cui l’iconografia dei soggetti è legata alla Commedia dell’Arte, al teatro e alla musica. Un tema, quello delle maschere ma anche dell’ambiente circense, che proprio in quei decenni affascinavano numerosi artisti come Picasso e Stravinskij, che aveva composto il balletto neoclassico «Ballet avec chant» Pulchinella (Musique d’après Pergolesi).
La mostra è preziosa occasione per riportare all’attenzione dei visitatori due cicli di grande interesse, legati a specifiche committenze per la decorazione di ambienti privati: il Castello di Montegufoni, di proprietà di Sir George Sitwell, nei pressi di Firenze (1921-22) e la casa di Léonce Rosenberg, suo mercante francese, a Parigi (1928-29).
La storia del castello di Montefugoni è un capitolo particolarmente affascinante: nel 1921 il nobile scrittore inglese Sir George Sitwell, proprietario di Montegufoni, chiese a Gino Severini, conosciuto a Parigi, di affrescare un salottino situato nell’ala assegnata ai suoi due figli con i personaggi della Commedia dell’Arte. L’artista fu entusiasta del soggetto proposto e rappresentò le maschere di Arlecchino, Beppe Nappa e Tartaglia impegnati a suonare strumenti musicali (nei quali si riconoscono i figli del committente e lo stesso Severini) sullo sfondo di paesaggi e nature in cui si riconoscono scorci del castello e dell’ambiente bucolico circostante. Come ricorda lo stesso Severini, il pittore nutriva una particolare predilezione per l’argomento già dalle prime esperienze giovanili: “[…] con i miei camerati si organizzavano società filodrammatiche, delle quali io ero l’animatore: dipingevo, su gionali, le scene, dirigevo le prove, e naturalemente recitavo. Questa mia predisposizione si accentuò quando venne a Cortona una povera compagnia di commedianti fra i quali vi era un Pulcinella napolitano. Questa compagnia era così moserabile, da doversi considerare appena al di sopra dei santimbanchi; ma per me, tutti quegli attori erano persone brillanti come re“. Oggi il castello è stato trasformato in un agriturismo e residenza storica, e su appuntamento è possibile visitare la sala affrescata.
In mostra al Museo Novecento è esposta una selezione di gouaches in preparazione all’affresco e preziosi documenti tra cui i libri dell’artista, inclusa l’autobiografia La vita di un pittore e la sovra copertina disegnata dallo stesso Severini, che tuttavia non fu scelta dall’editore. In parallelo e dialogo sono inoltre esposti quattro dei sei pannelli destinati alla dimora parigina del mercante Rosenberg e successivamente tornati sul mercato (due sono provenienti dall’Accademia di Brera, uno dal MART di Trento e Rovereto, il quarto di proprietà della Banca Toscana,) in cui paesaggi classici ricchi di riferimenti all’antico (ma si noti anche la citazione ai dipinti del medesimo periodo di Pablo Picasso) sono animati dalla vivacità delle maschere.
Completano la mostra alcuni disegni preparatori relativi ad entrambe le decorazioni e diversi documenti che attestano le ricerche attorno a tali soggetti: materiali che rivelano con vivida concretezza lo studio della geometria e delle leggi della proporzione che ha guidato Severini nell’elaborazione delle forme e che nutrirà anche le pagine del suo saggio Du Cubisme au classicisme (1921).
Queste opere, successive alla stagione delle avanguardie, si inseriscono nella tendenza ad un nuovo classicismo, un “ritorno all’ordine” che recupera gli stilemi di un linguaggio ispirato ai maestri del Rinascimento, tipica del clima artistico e culturale tra le due guerre; un’attitudine che trova in Severini un attento anticipatore, come testimoniato dalla celebre Maternità del 1916, dipinto che apre la mostra e in cui è ritratta la moglie dell’artista Jeanne, figlia del poeta francese Paul Fort, che allatta il piccolo Antonio, morto a soli quattro mesi. Il prezioso dipinto, una vera e propria Madonna laica di struggente verità e delicatezza, proviene in prestito dal MAEC, Museo dell’Accademia etrusca di Cortona, città natale dell’artista, dove gli eredi della famiglia, tra cui la figlia Romana e la nipote Alessandra Franchina, presenti all’inaugurazione, hanno trasferito l’archivio dalla sede romana, lo studio di Nino Franchina, genero dell’artista, già in Via Margutta.
Preziosa è infatti la dimensione famigliare che unisce e racconta quattro generazioni, a partire dal poeta francese Paul Fort, padre di Jeanne Fort, passando per Gina Severini (sorella di Romana, unica figlia ancora in vita) che sposò lo scultore Nino Franchina (Palmanova, 1912 – Roma, 1987), fino a Sandro Franchina, loro figlio, regista e sceneggiatore cinematografico.
Creato e curato per oltre cinquant’anni da Gina Severini Franchina, e poi integrato dalla nipote Alessandra Franchina, figlia di Sandro e sorella di Daniel, l’archivio raccoglie documenti, fotografie, film, opere, cataloghi, libri, appunti, poesie e bozzetti degli artisti di famiglia. Nei locali del Museo è anche allestita la Sala Severini che raccoglie alcuni dipinti disegni e documenti donati dall’artista e che sancisce il profondo legame con l’illustre concittadino, che con Luca Signorelli e la grande eredità etrusca porta alto il nome della città toscana nel mondo.
Museo Novecento Firenze