Ambiente, Natura, effetto del comportamento umano sui delicati equilibri degli ecosistemi questi sono i temi indagati da grandi esposizioni come la XXII Esposizione Internazionale della Triennale di Milano, intitolata Broken Nature: Design Takes on Human Survival, e da tanti artisti, indipendentemente dal medium utilizzato. E così è per Mario Cucchi, fotografo, che realizza il suo progetto Ozone per puntare il dito contro i nostri comportamenti quotidiani, che rischiano di far sparire la flora spontanea dei nostri parchi. In un’intervista fatta a Mia Photo Fair 2019 ci racconta il suo lavoro.
“Il progetto che ho presentato quest’anno a Mia Photo Fair 2019 si chiama Ozone.
Ho vissuto per un periodo nell’area del Parco del Ticino, dove ho iniziato questo progetto sulla flora spontanea. È durato un anno per registrare tutte e quattro le stagioni e i cambiamenti delle forme. Il mio modo di fotografare è sempre legato molto alla vicinanza. I miei progetti sono sempre corposi perché ho bisogno di sviscerare il soggetto che in quel momento mi ossessiona. Solo alla fine scelgo gli scatti migliori. All’inizio volevo inserire i nomi scientifici delle piante, ma poi ho rinunciato, non volevo che sembrasse un erbario, volevo staccarmi da questo.
Ho voluto però testimoniare la bellezza e la rarità di alcune specie, come questo fiore, che trovi solo tre giorni all’anno: il dente di cane (Erythronium denscanis), che deve il nome alla forma del bulbo, che appunto ricorda il dente di un cane. Alto una decina di centimetri, si riconosce per le due sole foglie che possiede, di forma lanceolata e curiosamente di colore marrone con chiazze verdi, praticamente inconfondibili. Il fiore, singolo, è candido con stelo e stami arrossati; reclinato all’ingiù come il ciclamino, ha i petali ugualmente rivoltati verso l’alto. Dura 2-3 giorni, e in alcune varietà floricole emana un tenue profumo.
È un progetto molto legato all’aspetto estetico, ma soprattutto concettuale. È una riflessione sul rischio che corriamo di perdere la bellezza della natura, che rappresento nelle mie fotografie. Un rischio dovuto all’innalzamento della temperatura. Avevo bisogno di trovare una sorta di tecnicismo metaforico, un modo per raccontare questo fenomeno e indurre una riflessione. Lavoro molto sulla sperimentazione al momento dello scatto, perché sono convinto che lo strumento fotografico dia ancora un margine di invenzione, senza passare dalla post produzione. Da qui l’idea molto simbolica di usare i tappi degli spray come filtro. I propellenti degli spray sono stati una delle maggiori cause del buco nell’ozono.
Ho immaginato di vedere la natura dal buco dell’ozono, la metafora è proprio questa. In più questa tecnica mi consentiva di rendere l’immagine più attenzionale. Nel momento in cui c’era la fonte luminosa, ovviamente il sole, e nelle diverse condizioni atmosferiche, i tappi usati davanti all’obiettivo reagivano in modo diverso. Si creavano situazioni di luce molto diffusa o di ombre, dove l’alone creato dal tappo veniva fuori in maniera più grafica. In altri casi il sole pieno faceva riflettere la luce, che creava disegni diversi. Tanti modi di interpretare lo stesso filo conduttore.”
<<Uno studio pubblicato su Science ritiene che se la diminuzione dell’ozono, causata principalmente dai gas CFC, utilizzati anche per le bombolette spray, non sarà controllata e ridotta, la temperatura globale salirà di 4,3 gradi sopra il livello preindustriale, portando alla scomparsa del 16% dell’intera flora e fauna del pianeta entro il 2100>>.
Mario Cucchi
Nato a Milano nel 1958, ha studiato Visual Design e lavora con il mondo della pubblicità.
Ha esposto in mostre personali a Milano, Genova, Parma e Spagna e ha vinto numerosi premi per la fotografia.