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Camille, una performance teatrale allo spazio Manifiesto Blanco 

Giovedì 7 febbraio lo spazio Manifiesto Blanco dedicato di solito all’Arte Contemporanea si apre alla performance teatrale di Astra Lanz, che interpreta la figura di Camille Claudel: un’artista della scultura nel marmo troppo moderna e indipendente per la famiglia e la società dell’epoca, che hanno chiuso la sua straripante creatività tra le mura di un sanatorio. L’intervista all’attrice vi incuriosirà al punto spero di seguirla nelle repliche del 15 Febbraio all’Auditorium Santa Cecilia a Perugia organizzato dalla cooperativa sociale Polis e del 23 Maggio a Bologna al Teatro Dehon

La performance di Perugia sarà preceduta da una conferenza tenuta dall’editore “Sono come Cenerentola” con l’intervento dello psichiatra Marco Alessandrini, che ha curato la traduzione delle lettere di Camille Claudel e ha scritto tanto di Arte e Follia.

Camille Claudel

La performance teatrale Camille è ideata ed interpretata da Astra Lanz, con musiche dal vivo di Pitti Caspani e le coreografie di Natasha Mordovkina. Astra interpreta con la sua sensibilità le parole delle lettere scritte dalla scultrice francese prima e durante l’internamento in sanatorio, dove ha trascorso gli ultimi trent’anni della sua vita. Unisce gesto, arte plastica, danza e recitazione per compiere un viaggio sentito nel mondo interiore di Camille Claudel in un crescendo di emozioni.

Dopo aver assistito alla sua performance le ho fatto alcune domande a caldo, ottenendo anche che si aprisse dicendo ad alta voce il nome di altre due grandi donne che vorrebbe interpretare in futuro e le auguro di riuscirci. Le giovani artiste che arrivano da una scuola teatrale (di Sondrio in questo caso) meritano di essere messe alla prova.

La preparazione del personaggio
“La performance è nata da una lettura, non pensavo inizialmente di interpretare un personaggio realmente esistito. Fino ad ora sono andata in scena attingendo dalla letteratura, l’interpretazione di personaggi veri era un veto che mi ero data. Poi è successo che la Direttrice del Teglio Teatro Festival, Maria Agnese Bresesti, mi ha chiesto di fare una lettura da Piccole Donne perché questo era il tema del festival. Non era proprio nelle mie corde e allora le ho proposto di fare una grande donna costretta a rimanere piccola ed Agnese mi ha lasciato carta bianca. Ho cominciato quindi a fare la selezione dei testi, ho visitato anche il museo Rodin e mi ha particolarmente colpita. Non sono entrata nel merito delle attribuzioni ad altri delle sue opere o della sua pazzia. Mi sono concentrata sull’interpretazione della donna e ho voluto dare voce a lei e a quello in cui credeva. Il fatto che Camille Claudel sia riuscita a resistere 30 anni in un sanatorio, per come venivano gestiti all’epoca, mi fa pensare che avesse una centratura tale da non poter essere completamente pazza. Certo aveva un bel caratterino.”

Come è nata la volontà di fare teatro
“Non è stata una scelta è stato un richiamo”.

Quale ruolo ti piace interpretare
“Ultimamente sono le donne a chiamarmi, due in particolare, non è una scelta consapevole. Mi piacerebbe lavorare su Ipazia e Giovanna d’Arco. Ipazia è stata una filosofa a cui si devono alcune scoperte astronomiche, che fu lapidata ad Alessandria d’Egitto e tutti i suoi testi furono bruciati. Per fortuna gli allievi hanno riportato in parte le sue scoperte e i suoi insegnamenti.

L’anno scorso ho fatto un’esperienza bellissima lavorando in carcere, ma forse ad attrarmi non è tanto l’aspetto della reclusione quanto il potenziale inespresso di queste donne. Cosa ci siamo persi? Questa è la cosa che più mi fa rabbia e mi muove. Ho una grande stima per Camille Claudel, per il suo lavoro e per quanto mi sta dando.”

Nel 1905 il giornalista Henry Asselin così racconta la sua visita nell’Atelier di Camille Claudel (1864-1943) al 19 di Quai de Bourbon a Parigi: “Tra statue di marmo e gruppi di gesso c’era una donna vestita con una lunga blusa di tela bianca che, armata di uno scalpello e di un corto mazzuolo, stava terminando di far nascere da un blocco di marmo bianco, appena venato di blu, una figura dall’esecuzione davvero notevole”

Altre innumerevoli dichiarazioni come questa testimoniano il lavoro di questa artista, che tante volte è stato attribuito ad altri. In particolare il lavoro per il capolavoro “Vertumno e Pomona” è documentato in una sua lettera del 1905 al giornalista Gustave Geffroy: “E’ inutile che vi dica che dall’altro giorno sto ancora tossendo e starnutendo mentre levigo con smania il gruppo che distrugge la mia tranquillità; ho terminato i capelli di Vertumno e Pomona con gli occhi che lacrimavano e ruggiti convulsi: speriamo che, nonostante questi diversi infortuni, saranno terminati in una maniera sensata e adatta ad amanti perfetti…”

 

MANIFIESTO BLANCO
via Benedetto Marcello 46
www.manifiestoblanco.com

About Diana Cicognini

Diana. Dea cacciatrice! Il mio territorio è Milano, la mia preda l'Arte ... che racconto, scrivo, disegno e metto in mostra. Giornalista pubblicista, la mia Nikon mi accompagna sempre per testimoniare la bellezza e là dove il mio obiettivo fotografico non arriva...un grazie dichiarato ad artisti, gallerie ed uffici stampa che mi concedono "uno scatto" per le mie parole.

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