Ha inaugurato da BABS Art Gallery la mostra personale di Riccardo Gusmaroli, visitabile sino a gennaio. In mostra gioielli che prendono ispirazione dalle sue opere più iconiche, tra cui l’Uovomondo e i Vortici, composti da innumerevoli barchette di carta origami interpretati come moduli scultorei.
La ricerca di Riccardo Gusmaroli è sostenuta da una innata curiosità per materie e tecniche diverse, che l’artista declina e fa dialogare con creatività, a seconda dell’ispirazione: il suo percorso artistico è certamente influenzato dall’esperienza come fotografo still-life, evidente nel senso della composizione e nella sua capacità di intervenire su oggetti di uso comune con rara poesia. La scelta delle modalità creative entra in gioco come elemento fondativo: una sorta di mantra, di loop manuale che lo porta a creare per ore e ore, come le celebri barchette di carta- origami che diventano “monadi” di un nuovo universo estetico e etico, sino a comporre enormi vortici, simili ai Mandala. Un processo che ha nel suo stesso compimento, e nella scelta dei supporti, una forte componente identitaria. Altrettanto significato acquistano le valenze simboliche: la barca, l’ uovo miniaturisticamente traforato come merletto, le carte nautiche increspate da minuscole scacchiere con conformazioni tridimensionali a stella diventano emblemi del viaggio come eterna migrazione, condizione del vivere di ogni tempo e con il quale ogni essere umano si confronta. Quella di Riccardo Gusmaroli è una ricerca concettuale incentrata sull’impulso dell’uomo verso l’esplorazione di nuovi territori, idealmente rappresentato come un vagabondare ellittico e spiraliforme su sfondi monocromi, e parimenti sull’essenza dell’essere vivente che l’uovo sintetizza con la sua forma unica e fortemente simbolica.
Nella collezione di gioielli realizzata per BABS Art Gallery il mondo di Gusmaroli trova una nuova, inedita voce espressiva, intensa e gioiosa: le minuscole barchette diventano elementi scultorei che lambiscono chi le indossa, come nella bellissima collana Vortice, dove 140 barchette riproducono la spirale che caratterizza il suo lavoro su tela. L’iconico Uovomondo viene invece reinventato mantenendo gli elementi decorativi più tipici: intarsi simili ad arabeschi, talvolta impreziositi da smalti, che ripropongono i colori spesso presenti nei lavori; crateri vulcanici che lasciano intravedere un nucleo di pietra dura; l’ironico “condominio” in cui diversi personaggi condividono il medesimo Uovomondo.
Abbiamo chiesto all’artista di raccontarci la sua esperienza con il mondo del gioiello.
Da sempre ti misuri con materiali e tecniche differenti, spesso anche di grandi dimensioni. Quale è stato l’approccio alla dimensione contenuta del gioiello? Era la tua prima esperienza in questo ambito?
In passato non ho mai realizzato gioielli ma ho lavorato spesso su formati molto piccoli, dipingendo santini, carte da gioco, uova, lavori in miniatura che da un punto di vista tecnico e compositivo richiamano la piccola dimensione del gioiello… Professionalmente ho iniziato il mio percorso con Studio Azzurro, da lì ho proseguito con la fotografia professionale che lentamente ho abbandonato per arrivare ad una pittura meno convenzionale, almeno per quanto riguarda i supporti: i miei primi lavori erano interventi pittorici sulle fotografie dei quotidiani (quasi una distruzione dell’immagine con la quale mi ero sempre relazionato) a cui regalavo “un’ altra vita”…ho cominciato quindi a dipingere su tutte le superfici, anche le più inusuali, molto economiche, carte dell’arancia, cartoni del latte, giornali…Oggetti del quotidiano che assumevano un valore simbolico e al tempo stesso mantenevano la freschezza dell’oggetto pop.
Il gioiello d’artista permette di declinare temi ricorrenti della propria ricerca: percepisci una differente veicolazione del tuo messaggio rispetto agli altri media, come la tela?
In realtà la tela mi imbarazzava, come dicevo all’inizio preferivo supporti di uso comune, dove fosse immediato il rimando ad un oggetto noto, familiare, che predisponeva lo spettatore a comprendere l’opera. Una scelta che all’inizio è avvenuta in modo inconsapevole, ma che poi ho utilizzato come elemento stesso della ricerca. Alla barca sono arrivato per l’essenzialità della forma (mi sento un minimalista per certi versi) e per la forza del suo significato uguale in tutto il mondo: è facile da fare (ma ognuno la fa in modo diverso), è un oggetto universale, empatico, riproducibile: da lì nasce la moltiplicazione che rende il modulo quasi astratto, sino a creare un pattern. Quest’ultimo è l’esito di un atto compulsivo ripetitivo e per certi versi contemplativo, tipico della mia ricerca pittorica. Un loop dal quale non recedo finché non è finito, possono passare anche 24 ore senza che io mi fermi. Le uova seguono lo stesso concetto, magari ci lavoro per quattro ore e alla fine il guscio si rompe. Non è importante, lo rifarò, l’importante è il processo, più del lavoro finito.L’uovo rappresenta la vita, è un’immagine iconica nel mondo per tutte le culture, un simbolo molto forte come origine del cosmo. Non a caso il primo che ho realizzato, bianchissimo, si chiamava Uovomondo e su di esso avevo collocato una barchetta bianca che lo circumnavigava. Da lì tutti i miei lavori con le uova si chiamavano Uovomondo, declinati in mille situazioni: l’uovo siamo noi e quindi noi siamo la nostra origine che rendiamo unica e irripetibile con la forza dell’immaginazione.
C’è un’opera tra quelle realizzate che ha superato le tue aspettative in termini di resa della tua poetica?
Tutti i gioielli realizzati per questa mostra hanno suscitato in me uno stupore totale, ho amato collaborare con dei professionisti come Barbara e Daniele, l’orafo: trovare un equilibrio e cogliere il loro personale contributo è un valore aggiunto per me essenziale, ha voluto dire per me imparare, osservare e soprattutto coltivare il mio stupore, emozione per me fondamentale che rincorro con il mio lavoro ogni giorno. Inoltre è estremamente interessante osservare il senso di continuità tra i gioielli e le mie opere esposte a parete e in mostra.
Cosa vorresti che percepisse di te (o cosa condividesse da un punto di vista emozionale) chi indossa un tuo gioiello?
Spero che chi indosserà i miei gioielli proverà delle emozioni intense, che magari non sono quelle che mi immagino, ma desidererei che percepissero la semplicità e l’essenzialità del lavoro: il collier uovo condominio è uno dei pezzi che trovo più riusciti per la forza del messaggio (abitiamo tutti lo stesso mondo con colori, modalità, creatività diversi). E’ interessante poi pensare a come le persone che indossano i miei gioielli diventino delle mie piccole mostre itineranti! Inoltre è intrigante non sapere chi li indosserà, normalmente io voglio conoscere chi colleziona le mie opere, in questo caso potrà capitare, chi lo sa, che incontrerò per caso una mia opera indossata. Sarebbe bellissimo!
In che direzione sta andando la tua ricerca? Quali i tuoi prossimi progetti?
In questo momento sto conducendo una ricerca sul mio metodo stesso di approcciarmi al lavoro con una visione più ecologica: sto lavorando su dei tessuti che sono filtri antibatterici e quindi possono avere un impatto diversi nel momento che li fruisci in una stanza: continuo poi a implementare le mie ricerche espressive in tutte le direzioni: dipingo, realizzo gli origami, declino il mio pensiero in mille modi…ho un continuo bisogno di sviluppare le mie suggestioni: ad esempio tra le ultime idee vi è quella di trasportare le mie opere sul vetro (relazionandomi quindi con nuove tecniche e nuove modalità esecutive, affiancandomi a maestri artigiani) impresa non semplice ma estremamente affascinante. Una nuova sfida.
Per info
Riccardo Gusmaroli, a cura di Ermanno Tedeschi