È stata una musa, un’artista, una giornalista di guerra e un’amica di geni. Ma soprattutto, Lee Miller è stata una donna che ha saputo vivere tante vite in una sola, senza mai perdere lo sguardo unico che l’ha resa una delle fotografe più straordinarie del Novecento. A Torino, presso Camera – Centro italiano per la fotografia, una nuova mostra ci porta in un viaggio visivo attraverso la sua esistenza, fatta di coraggio, ironia e una curiosità inesauribile. Un percorso in oltre centosessanta immagini, molte delle quali inedite, che raccontano la sua evoluzione: da modella a fotografa, da artista surrealista a reporter di guerra.
Nata negli Stati Uniti, Lee Miller capisce presto che la sua strada è altrove. Arriva a Parigi alla fine degli anni Venti con un’unica missione: diventare fotografa. Ha una determinazione che pochi hanno. Si presenta nello studio di Man Ray, uno dei nomi più importanti della fotografia del tempo, e con un’audacia disarmante gli dice: “Buongiorno, mi chiamo Lee Miller e sono la sua nuova assistente”. E da quel momento, lo diventa davvero. Lavora al suo fianco, lo ispira, e insieme a lui contribuisce alla scoperta della solarizzazione, una tecnica che rivoluzionerà la fotografia.

In quegli anni si immerge completamente nel mondo del surrealismo, frequentando artisti del calibro di Pablo Picasso, Max Ernst e Paul Éluard, diventando amica di donne altrettanto brillanti come Eileen Agar e Dorothea Tanning. Non è più solo la musa, ma una creatrice a tutti gli effetti, autrice di scatti iconici come “Impasse des Deux Anges” e “Coiffure”. Eppure, quando la sua carriera sembra decollare, la sua inquietudine la spinge a un nuovo cambiamento. Abbandona la capitale francese, torna a New York, apre un suo studio e collabora con Vogue.
Ma l’America, ancora una volta, le sta stretta. Si innamora di un uomo d’affari egiziano, lo sposa, e si trasferisce con lui in Egitto. Anche qui la sua macchina fotografica non si ferma, catturando paesaggi enigmatici e misteriosi. È qui che scatta quella che forse è la sua immagine più celebre, “Portrait of space”, uno scatto che si dice abbia ispirato persino Magritte.
Ma il destino ha in serbo un’altra svolta. Lee Miller torna in Europa nel 1937, si unisce a un nuovo gruppo di amici artisti e, alla vigilia dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, si trasferisce in Inghilterra con Roland Penrose, che diventerà il suo secondo marito.
Di fronte al conflitto, Lee Miller fa una scelta audace: rifiuta di tornare negli Stati Uniti e decide di lavorare come fotoreporter per Vogue a Londra, documentando la città martoriata dai bombardamenti. I suoi scatti non sono solo reportage, ma un mix straordinario di moda e quotidianità, in cui lo stile si mescola alla cruda realtà della guerra.
Ma il suo reportage più potente e, per lei, più doloroso, arriva alla fine del conflitto. Lee Miller segue l’avanzata delle armate alleate e documenta la tragica realtà dei campi di concentramento e il crollo del regime nazista. Le sue fotografie mostrano la devastazione delle città e il disfacimento morale di un’intera nazione. Questi scatti, pubblicati su Vogue, lasceranno un segno indelebile sulla sua anima.

Dopo la guerra, Lee Miller si ritira nella campagna del Sussex con Roland Penrose. Mette da parte la macchina fotografica e accoglie gli amici artisti come Saul Steinberg e Max Ernst. In queste ultime immagini, apparentemente intime e familiari, si può ancora leggere quel genio sovversivo e l’ironia che l’hanno sempre contraddistinta.
La mostra di Torino ci restituisce la complessità di questa donna che ha vissuto tante vite, esplorando l’arte, la moda, la guerra e la vita privata con una curiosità insaziabile. Lee Miller non è stata solo una grande fotografa, ma una testimonianza vivente della storia del Novecento. Una figura che non ha mai smesso di cambiare, di guardare il mondo e di mostrarcelo con la sua visione unica e inconfondibile.
Lee Miller. Opere 1930-1955, è la mostra che Camera – Centro italiano per la fotografia presenta al pubblico dal 1 ottobre 2025 al 1 febbraio 2026.

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