In occasione di Arte Site Fest le sculture materiche e coinvolgenti dell’artista altoatesino Aron Demetz (Val Gardena, 1972) dialogano con il sito archeologico della Nuvola Lavazza, per la prima volta aperto all’arte contemporanea.
Giunto alla quinta edizione, Art Site Fest propone anche quest’anno uno stimolante percorso attraverso le arti visive, la musica, la scrittura, in luoghi non normalmente dedicati all’arte contemporanea: dimore storiche, parchi, giardini e musei sono chiamati ad accogliere opere che si adattano ai luoghi in modo non convenzionale e fuori dai normali contesti espositivi e allestitivi, trovando in essi un nuovo significato e nuove chiavi di lettura.

La manifestazione è realizzata con il patrocinio di Regione Piemonte, Città di Torino, Comune di Govone, Comune di Collegno, Comune di Moncalieri, con il sostegno di Fondazione CRT e Fondazione CRC e con la collaborazione della Soprintendenza di archeologia, belle arti e paesaggio per la Città metropolitana di Torino, Torino Fondazione Torino Musei, Museo Storico Reale Mutua, Casa Martini, Museo Lavazza, Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino e Seeyousound festival.
La Nuvola Lavazza, il cui Museo aderisce alla rete Museimpresa, ospita un progetto di Aron Demetz: sette sculture scelte nell’ampia produzione dell’artista altoatesino sono collocate all’interno del perimetro della necropoli paleocristiana venuta alla luce durante i lavori di costruzione d’edificio, sede della società torinese. Nel 2014 i lavori di scavo della Nuvola Lavazza, il cui progetto porta la firma dell’architetto Cino Zucci, hanno portato alla luce i resti di una chiesa paleocristiana del IV-V secolo d.C., verosimilmente intitolata a San Secondo Martire, in un’area archeologica di circa 1.600 metri quadrati, il cui rinvenimento è stato vissuto come un’occasione di arricchimento. Il progetto architettonico originario è stato infatti modificato proprio per tutelare e valorizzare il sito; l’ampia vetrata all’interno del nuovo Centro Direzionale Lavazza – all’angolo tra via Ancona e corso Palermo permette ai passanti di vedere i resti archeologici dei mausolei e della chiesa emersi dagli scavi.

Con il progetto di Demetz, realizzato in collaborazione con la Galleria Doris Ghetta (Ortisei), figure umane intagliate nel legno (si noti come le sculture siano tratte da tronchi di alberi in unico blocco) ricoperte di gesso o fuse in bronzo emergono dalle rimanenze archeologiche e intrattengono un dialogo serrato – non solo cromatico e materico, ma anche concettuale – con le superfici terrose, i resti delle pareti, il perimetro delle tombe, e non ultima con la struttura in ferro che contiene lo scavo, come a segnare il recupero della radice originaria della scultura e stabilire una connessione che supera le dimensioni spaziali e temporali in un’unicità di visione empatica.

“Jean-Pierre Vernant, – afferma il curatore della mostra Domenico Maria Papa – nell’illustrare la religiosità della Grecia antica, ci parla del kolossos, un primo concetto di statua, un manufatto approssimativamente abbozzato che un tempo prendeva il posto del corpo di un defunto. La scultura, e con essa l’arte, nascono a rimarcare il passaggio verso un’altra dimensione.Le sculture di Aron Demetz recuperando la radice antica della scultura, pur attraverso un linguaggio attuale, offrono la chiave per cogliere il senso del luogo, la storia e, insieme, la valenza sacra dello spazio.”
Abbiamo chiesto ad Aron Demetz di illustrarci le sue opere:
“Questo progetto prosegue il mio dialogo con l’antico iniziato già da alcuni anni e culminati con la grande personale “Autarchia” dello scorso anno: alcune opere qui esposte sono state infatti realizzate per la mostra che ho tenuto presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli nel 2018. Entrare in contatto con dei reperti antichi di tale importanza, e oggi con questo straordinario scavo, è stato lo spunto per una riflessione su come anch’io possa lavorare sui reperti, e in generale sul concetto di memoria e trasformazione, all’interno della mia ricerca. Una grande sfida che ho accettato e che ha soddisfatto le mie aspettative, mi sembra che il legame tra passato e presente che ho cercato di esplicitare sveli una continuità tra sensibilità lontane nel Tempo. Per alcune mie sculture ho utilizzato come modelli i mei nipoti che hanno età differenti: fondendo diversi elementi in un’unica scultura ho posto quindi l’attenzione sul passaggio del tempo. Passaggio che ho voluto esplicitare anche in altri modi: su una scultura in legno per esempio ho usato il gesso per mostrare i segni delle mani (che compaiono anche come entità fisiche che agiscono sulla statua), elementi che hanno a che fare di per sé con la scultura stessa ma parlano del tempo presente, dell’opera in divenire. Nella mie opere i materiali hanno molta importanza, il gesso è materia fragile cha ha una sua fine, come lo chiamo io è “un fallimento del fallimento” non è mai finito, ha sempre necessità di essere restaurato, e questo riporta al concetto stesso del reperto archeologico, che ha necessità di una cura continua, di interventi di restauro. Anche la dimensione verticale delle mie figure collabora all’armonia installativa, le sculture dialogano con i vani orizzontali sul pavimento in cui erano collocate le tombe.

Ci parli delle opere in bronzo?
Le opere in bronzo, come la casa posta all’inzio del percorso, fanno parte delle serie dei corpi bruciati: per me bruciare un corpo è come bruciare la casa in cui abitiamo per cui bruciano i ricordi, le memorie, quello che abbiamo investito nella casa stessa:;tuttavia le mura rimangano in piedi: la figura umana, come la struttura esterna della cassa, rimane in piedi con una sua dignità, con postura eretta, non c’è cenere, c’è piuttosto un desiderio di resistere e trasformarsi. La trasformazione spirituale passa anche attraverso la materia”.
