Inaugurerà il 25 febbraio la grande mostra personale Massimo Vitali. Costellazioni Umane al Mef di Torino, a cura di Andrea Busto.
Le fotografie di Massimo Vitali (Como, 1944) sono celebri per la capacità di indagine antropologica delle masse aggregate in grandi spazi come spiagge, discoteche, parchi (qui chiamate Costellazioni, come se cogliesse l’insita architettura delle “folle”): una realtà da osservare, una “dimensione” umana da analizzare nella complessità del suo insieme e al contempo nella lettura delle singole storie -anonime – che la compongono. Un modo per osservare, da un punto di vista leggermente distante, ma non troppo, così come nella cifra stilistica dell’autore, i comportamenti sociali nel loro contento, sempre diverse eppure universali.
La mostra, per la quale si è preferito un andamento tematico ad uno meramente cronologico, si articola in circa 30 opere scelte in venticinque anni di produzione dell’artista. Come afferma il curatore Busto, direttore del MEF, l’opera si presenta come una vera e propria mostra antologica, a partire dalle spiagge italiane assolate e gremite di gente in vacanza (1995), sino ad alcuni inediti, come gli scatti dei concerti di Jovanotti nel suo ultimo tour italiano del 2019 o al Kappa Futur Festivala Torino, esposti qui per la prima volta.
L’opera di Massimo Vitali attinge esteticamente alla storia dell’arte e non solo a quella della fotografia. Italiano d’origine, anglosassone di formazione e con una visione internazionale, l’artista appare come un fotografo incline a non lasciare tracce nelle sue opere di momenti legati a fatti storici identificabili. Il suo mondo estremamente raggelato e cristallizzato appare come sospeso in un fermo immagine cinematografico che decontestualizza e cancella date e riferimenti, se non per i titoli che talvolta ne richiamano la genesi o ne confondono le acque riferendosi a singoli dettagli.
La sua opera appare come conseguente a un periodo “illuminista”, dove vengono registrati luoghi che, al di là del loro interesse geografico, paesaggistico o atmosferico, sono immortalati per ciò che sono e “catturati” da un occhio algido e preciso per quantità di dettagli e particolari illustrati fino al parossismo. Le costruzioni vengono restituite in tutta la loro identità e fisicità architettonica; le montagne sono riprese, per quanto impossibile, fino all’ultima roccia e lichene; le spiagge e le dune di sabbia, ammorbidite dai riflessi e dalle ombre percepibili fino all’orizzonte. Come Canaletto e molta della pittura settecentesca, il suo occhio capta ogni minimo dettaglio e lo trasferisce sulla carta fotografica in modo realistico e analitico. L’atmosfera – per intenderci quella leonardesca dello sfumato e della percezione spaziale della nebulizzazione nell’aria dell’acqua e della polvere – è inesistente nelle sue fotografie. Tutto è definito. Come in Canaletto le figurine poi recitano parti di una commedia scritta in modo corale, le persone appaiono come dirette da un regista fuori scena e obbediscono a dettami predefiniti anche se in modo ovviamente inconscio. Tutto è proiettato su uno schermo in cui i protagonisti recitano, come attori istruiti, parti a loro destinate dai fatti contingenti. I titoli delle opere tendono talvolta a confondere lo spettatore come se l’artista avesse destinato, alle persone ritratte, parti precise e ruoli da primo attore. In opere come De Haan Kiss (2001), in cui due ragazzi in primo piano si scambiano un bacio, o in Cefalù Orange Yellow Blue (2008), dove vi sono costumi da bagno colorati, è il caso che determina il titolo dell’opera deciso in post produzione dopo un attento riesame della fotografia.
In opere come Carcavelos Pier Paddle (2016), il ragazzino – che sulla sinistra dell’opera è immortalato per sempre nel suo tuffo acrobatico, riprendendo la grande storia delle immagini sportive, dal tuffatore del notissimo affresco di epoca romana a Paestum fino al Tuffatore (1951) di Nino Migliori – non dà nessun titolo all’opera, pur avendone “pieno diritto”. Ciò non significa comunque che le opere di Vitali siano dei “d’après” ma, al contrario, sono degli originali che continuano la storia della fotografia in modo innovativo e personale. L’opera di Vitali è – dopo oltre trent’anni di lavoro – quella di un grande autore classico, totalmente immerso nella storia dell’arte italiana e internazionale, che lo colloca fra i maggiori artisti dei nostri tempi.
Due volumi antologici, editi da Steidl, documentano il lavoro dell’artista con le riproduzioni di tutte le opere esposte. La mostra è realizzata in collaborazione con: Mazzoleni, London – Torino
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MEF Torino