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L’Arte sociale di Renato Guttuso alla GAM

Riconsiderare l’attività del grande maestro nella prospettiva dei rapporti tra arte e politica: questa la finalità della mostra dedicata a Renato Guttuso (Bagheria, 1911- Roma 1987)  alla GAM di Torino,  dal titolo “L’arte rivoluzionaria nel cinquantenario del ‘68”, visitabile sino al 24 giugno. L’esposizione, a cura di Pier Giovanni Castagnoli (già direttore della GAM dal 1998 al 2008) con la collaborazione degli Archivi Guttuso, presenta circa 60 opere tra disegni acquarelli e dipinti, provenienti da importanti musei e collezioni pubbliche e private che coprono un ampio arco temporale, dalla fine degli anni Trenta alla metà degli anni Settanta.

Come afferma nella premessa la direttrice Carolyn Christov-Bakargiev: “Siamo a cinquant’anni esatti dalla primavera ’68, dall’insorgere delle proteste studentesche a Roma dove insegnava all’Accademia di Belle Arti Renato Guttuso, uomo ormai maturo che aveva dedicato una vita a dipingere l’antifascismo e i piaceri della libertà […] Siamo a Torino e si potrebbe ripartire da qui: ripensare il ’68, perché è compito dei musei riflettere sull’arte e la società del passato per offrire spunti al presente[…] Il curatore Pier Giovanni Castagnoli risponde in modo esemplare scegliendo proprio i quadri a soggetto più politico di Guttuso, quelli che esprimono maggiormente il suo impegno sociale di artista antifascista e poi, nel dopoguerra, di artista comunista, addirittura eletto nel 1951 al Comitato Centrale del Partito”[…]Nel secondo dopoguerra  negli ambienti della cultura di sinistra si discuteva tra avanguardia formalista e realismo figurativo. Ci si chiedeva quale fosse più rivoluzionaria e quale più reazionaria. Oggi, paradossalmente, nell’era della realtà aumentata e della virtualità, la pittura di Guttuso può sembrarci tanto reale e materica quanto il mondo che stiamo perdendo”

Renato Guttuso, Studio per la Crocifissione, 1940

Guttuso era stato, a partire dagli anni della fronda antifascista, un artista che come pochi altri in Italia si era dedicato con perseverante dedizione e ferma convinzione a ricercare una saldatura tra impegno politico e sociale ed esperienza creativa, nella persuasione che l’arte possa e debba svolgere una funzione civile e sia costitutivamente dotata di una valenza profondamente morale.

Renato Guttuso, Lotta di minatori francesi, 1948

La mostra prende avvio dalla Fucilazione in campagna del 1938, ispirato alla fucilazione di Federico Garcia Lorca, presentato nel 1938 nella prima personale del pittore presso la galleria la Cometa di Roma, e il disegno Fucilazione a Roma, quasi un fermo immagine di Roma Città Aperta,  per giungere alle crocifissione del 1941, di chiara ascendenza picassiana, e ai crudi disegni del Gott mit uns (1944).  Successivamente, dopo i giorni tragici della guerra, una reinventata epica popolare risuona in opere nuove per stile e sentimento come Marsigliese contadina (1947) o Lotta di minatori francesi (1948). Parallelamente prosegue la sua ricerca su una pittura che si fa sempre più espressionista,  con accenni persino alla scomposizione cubista e futurista e che, per quanto riguarda i soggetti, si concentra sulla gente del popolo, come la notevole Cucitrice del 1947, ma anche su ritratti, autoritratti, paesaggi, nature morte, nudi, vedute di interno e scene di conversazione: […] “Quadri tutti coevi ai tempi di esecuzione dei dipinti di ispirazione politica e sociale –afferma Castagnoli –  selezionati con il proposito di offrire indiscutibile prova dei traguardi di alta qualità formale conquistati da Guttuso nell’esercizio di una pittura che potremmo chiamare pura, dando così un profilo ampiamente rappresentativo della ricchezza espressiva presente nel grande catalogo dell’opera di Guttuso, nonché della versatilità del suo estro creativo”. Un estro che si esprime anche attraverso la scrittura: diari, articoli, lettere accompagneranno sempre, in parallelo, la sua pratica pittorica, fornendo ampi squarci su motivazioni, ideologie, sentimenti.

 

Renato Guttuso, Fucilazione a Roma, 1942

L’esposizione procede come un grande, ininterrotto racconto che approda negli anni Cinquanta e prende dichiarata distanza dagli astrattisti e dagli Informali:l’impegno  a sostegno della pittura realista si concretizza in una tela monumentale pensata per la Biennale del 1952, la Battaglia di Ponte dell’Ammiraglio , un grande quadro di storia che raffigura lo scontro per la conquista di Palermo tra l’esercito borbonico e le milizie garibaldine il 27 maggio 1860:”Una composizione studiatissima, gremita di richiami e rimandi a una lunga tradizione, ricca di esempi e modelli dal Cinquecento italiano alla pittura francese dell’Ottocento e in particolare a Delacroix e Géricault”. Negli anni Sessanta permane in Guttuso  una partecipe testimonianza militante, come in Vietnam (1965) o a espressioni di partecipe affettuosa vicinanza, come avviene, nel richiamo alle giornate del maggio parigino, in Giovani innamorati (1969) e più tardi, in chiusura della rassegna, a quel compianto denso di nostalgia che raffigura i Funerali di Togliatti (1972).

Proprio l’abbraccio tra i due ragazzi, denso di speranza e simbolo di un sentimento senza tempo, è l’immagine guida e quadro conclusivo della mostra, come se il tema politico, più che in immagini di lotta,  possa essere rappresentato dalla poetica visione di un un gesto che rimanda ad amore paritario, basato sull’uguaglianza  e per questo davvero rivoluzionario, un augurio valido per l’uomo di allora come quello di oggi. Ricorda Carolyn Cristov -Bakargiev a questo proposito: “Sulla rivista Epoca nel numero del 9 giugno 1968 si scrive dell’occupazione dell’università parigina nell’articolo “Qui Sorbona”, in cui viene pubblicata l’immagine di un ragazzo e di una ragazza che si abbracciano:[…] quell’immagine assomiglia molto al dipinto che quell’anno Guttuso realizza, intitolato “Gli addii di Francoforte” e potrebbe esserne la fonte.

Renato Guttuso, Funerali di Togliatti, 1972

 

per info:

Galleria D’Arte Moderna e Contemporanea di Torino GAM

Archivi Guttuso

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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