
Felice Casorati (Novara, 1883 – Torino, 1963) torna a Milano a Palazzo Reale sino al 29 giugno 2025, dopo 35 anni dall’ultima mostra del 1990.
La mostra, promossa dal Comune di Milano-Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Marsilio Arte in collaborazione con l’Archivio Casorati, è curata da tre tra i maggiori studiosi dell’artista: Giorgina Bertolino, Fernando Mazzocca e Francesco Poli.

Oltre cento opere, tra dipinti, sculture, disegni, scenografie e bozzetti teatrali, tracciano un percorso cronologico articolato in quattordici sale, che segue l’intera parabola creativa dell’artista, dagli esordi giovanili ai lavori della maturità. La selezione, rigorosa e di altissima qualità, attinge a importanti collezioni pubbliche – tra cui la GAM di Torino, che custodisce il nucleo più ricco dell’opera casoratiana, ma anche la GNAM di Roma, Ca’ Pesaro a Venezia, il Mart di Rovereto, il Museo del Novecento di Milano – oltre che a preziose raccolte private, spesso inaccessibili.
Casorati non è solo uno dei pittori più riconoscibili del secolo scorso, ma anche uno dei più difficili da collocare. Inclassificabile, indipendente, coltissimo, approda alla pittura passando per la musica, cui si dedica in gioventù. I suoi esordi, tra Novara, Padova e Verona, sono segnati da un realismo introspettivo, come testimoniano opere come Ritratto della sorella Elvira (1907) e Le ereditiere (1910), già intrise di un’atmosfera sospesa che diventerà cifra distintiva della sua poetica.

Decisivo è il soggiorno a Verona e la vicinanza a Venezia, dove Casorati frequenta gli ambienti di Ca’ Pesaro e si confronta con artisti come Gino Rossi, Arturo Martini, Teodoro Wolf Ferrari. In questi anni nasce il suo stile più emblematico: forme semplificate, spazi metafisici, figure immobili e chiuse in una dimensione interiore. Dopo la morte del padre, nel 1919, si trasferisce a Torino, dove resterà per tutta la vita. Qui si definisce una pittura fatta di silenzio e misura, in cui ogni elemento – oggetti, gesti, luci – è accordato in una partitura visiva che sfugge al tempo.
La mostra dedica particolare attenzione alla stagione torinese, cuore dell’attività di Casorati, con opere che esplorano i temi della solitudine, dell’attesa, del lutto. Per la prima volta dal 1964 vengono riuniti tre dipinti fondamentali – Una donna (o L’attesa, 1919), Un uomo (o Uomo delle botti, 1919–20) e Bambina (1919) – che compongono un ideale trittico metafisico pervaso da una profonda inquietudine esistenziale. A questi si affianca la monumentale Colazione (1920 ca.), straordinaria rappresentazione di un interno borghese al femminile, in cui lo spazio è scandito da silenzi e tensioni sottili.
Gli anni Venti sono segnati dalla piena affermazione di Casorati sulla scena italiana. A Milano espone alla Prima Mostra del Novecento italiano e stabilisce un sodalizio con Riccardo Gualino, imprenditore e mecenate, per il quale dipinge ritratti di famiglia e progetta, con l’architetto Alberto Sartoris, un piccolo teatro privato. La mostra ricostruisce questa collaborazione attraverso opere, disegni e bassorilievi destinati al teatrino torinese. A questo periodo appartengono anche i capolavori La donna e l’armatura (1921), Silvana Cenni (1922) e la celebre Conversazione platonica (1925), dipinto enigmatico e sensuale che divenne simbolo dell’arte italiana in numerose esposizioni internazionali.
Un momento speciale è riservato all’Annunciazione del 1927, proveniente da una collezione privata e raramente esposta: una scena quasi astratta, giocata su simmetrie e opposizioni, dove la dimensione sacra si traduce in rigore geometrico e luce analitica. L’opera, reinserita per la prima volta in una retrospettiva, rappresenta uno degli apici della riflessione di Casorati sull’essenza della pittura. Negli anni Trenta e Quaranta l’artista approfondisce la ricerca sulla figura femminile, con dipinti come Donne in barca (1933) e Le sorelle Pontorno (1937), immersi in atmosfere sospese e domestiche, dove l’intimità si carica di simboli e allusioni. La pittura si apre anche al paesaggio e a un dialogo più diretto tra interno ed esterno, come in Daphne a Pavarolo (1934), eseguito nella sua casa-studio nelle colline torinesi.

Gli ultimi anni vedono un ritorno alla natura morta e al simbolo, con oggetti archetipici – uova, elmi, frutti – che si caricano di un significato quasi metafisico. In opere come Natura morta con l’elmo (1947), Uova e limoni (1950) e Uova su fondo rosso (1953), la materia è essenziale, il colore puro, la forma sorvegliata da un’armonia severa. Dipinti come Eclissi di luna e Paralleli, entrambi del 1949, testimoniano una persistente tensione tra astrazione e realtà, tra emozione e intelletto.
Casorati non fu solo pittore. L’ultima sezione della mostra è dedicata alla sua intensa attività scenografica, con bozzetti e studi per spettacoli del Maggio Musicale Fiorentino, dell’Opera di Roma e della Scala di Milano. Dalle Baccanti al Fidelio, fino ai balletti su musiche di Petrassi e de Falla, emerge un altro volto dell’artista, capace di tradurre in scena la stessa eleganza silenziosa che permea i suoi quadri.
A chiusura del percorso, il visitatore è invitato a entrare in quello che i curatori definiscono l’“universo poetico” di Casorati: ambienti rarefatti, figure pensose, pause e vuoti che parlano di un’umanità assorta, riflessiva, profondamente consapevole della propria fragilità. Il catalogo, edito da Marsilio Arte, raccoglie i saggi critici dei curatori e approfondisce temi e contesti di un’opera che, oggi più che mai, interroga il nostro sguardo.
PER INFO
Casorati. Palazzo Reale, Milano
Fino al 29 giugno 2025