Hokusai Hiroshige Hasui, Viaggio nel Giappone che cambia è il titolo della grande mostra, visibile sino al 16 febbraio 2020 negli spazi della Pinacoteca Agnelli, dedicata ad alcuni dei più grandi maestri giapponesi della silografia policroma e all’evoluzione del concetto del paesaggio nella cultura figurativa nipponica.
Nel corso dell’affollata conferenza stampa la Presidente della Pinacoteca Agnelli, Ginevra Elkann, ha preso la parola per introdurre la mostra sui maestri giapponesi come primo capitolo di un nuovo corso nell’ambito della programmazione culturale dell’Istituzione da lei presieduta, diretta da Marcella Pralormo, che toccherà nel 2020 i 18 anni di attività. Per l’occasione è stata anche ripensata l’organizzazione degli spazi interni della Pinacoteca per permetterne una maggiore fruizione pubblica:
“[…] Questa esposizione si inserisce in un nuovo corso di mostre, sempre di qualità e rivolte al grande pubblico, che si affiancheranno alla programmazione tradizionale della nostra istituzione, incentrata sulla storia del collezionismo italiano e internazionale. La Pinacoteca vuole così riallacciarsi ad un aspetto importante della storia culturale della FIAT, che per circa vent’anni ha organizzato a Palazzo Grassi, a Venezia, mostre di fortissimo richiamo sul pubblico dedicate alle grandi civiltà antiche, alle avanguardie e alla storia dell’architettura. Oggi la nostra sede del Lingotto, che rappresenta il cuore dell’identità storica di FIAT, ci proponiamo di offrire alla città di Torino un contributo importante in termini di numero di visitatori e al tempo stesso un significativo arricchimento culturale: con questa mostra la Pinacoteca propone il primo appuntamento di questo tipo. Vorrei ringraziare il Museo of Fine Arts di Boston e tutti coloro che hanno collaborato alla buona realizzazione della mostra, in particolare le curatrici Sara Thompson e Rossella Menegazzo, il Ministero dei Beni Culturali, MondoMostre e FIAT per la sponsorizzazione.”
Il percorso espositivo, a cura di Rossella Menegazzo, docente di Archeologia, Storia dell’Arte e Filosofie dell’Asia Orientale presso il Dipartimento di Beni Culturali e Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, e Sara Tomphson, conservatore del Museo of Fine Arts di Boston, è diviso in 4 sezioni tematiche, e propone attraverso una selezione di 100 silografie dei tre maestri, Katsushika Hokusai, Utagawa Hiroshige e Kawase Hasui, un viaggio nei luoghi più suggestivi del Giappone, reali e immaginari, raccontando il mondo artistico di un paese che tra fine Ottocento e inizio Novecento subisce un’enorme trasformazione sotto l’influenza dell’Occidente. Ecco come il Mondo Fluttuante, reso noto dai primi due maestri, scivola dentro una società che aspira ai canoni artistici europei,e non solo, di cui Hasui è testimone.
La produzione di immagini del Mondo Fluttuante (ukiyoe), un genere artistico che si sviluppò a partire dal XVII secolo, ha riguardato moltissimi artisti che attraverso pitture su rotoli, paraventi e soprattutto stampe, accompagnarono queste immagini souvenir alla massima fioritura nei primi decenni dell’Ottocento. Hokusai è uno dei più raffinati rappresentanti della visione estetica dell’ukiyoe. Seppe rappresentare con forza, drammaticità e sinteticità i luoghi e i volti, oltre che il carattere e le credenze della società del suo tempo. Nei suoi dipinti su rotolo, ma soprattutto nelle sue silografie policrome, l’artista ha saputo interpretare in modo nuovo il mondo in cui viveva, con linee libere e veloci, un uso sapiente del colore e in particolare del blu di Prussia, da poco importato in Giappone, traendo spunto sia dalla pittura tradizionale autoctona sia dalle tecniche dell’arte occidentale. I soggetti delle sue stampe coprono ogni ambito dello scibile di cui la mostra dà ampio conto, presentando stampe di bellezze paesaggistiche e naturalistiche dell’arcipelago che comprendono anche i luoghi appartenenti alla tradizione letteraria e poetica e i grandi poeti che li resero famosi. Tra le serie di maggior successo degli anni Trenta vanno ricordate quelle dedicate alle cascate e ai ponti famosi del Giappone, anche se fu con le Trentasei vedute del monte Fuji che Hokusai si affermò sul mercato delle immagini di paesaggio come grande maestro. Da allora in avanti nessun artista del Mondo Fluttuante poté esimersi dal far riferimento alla sua opera e, in particolare, alla stampa appartenente a questa serie divenuta icona dell’arte giapponese: La Grande Onda presso la costa di Kanagawa, conosciuta come la “Grande Onda”.
Più giovane di circa vent’anni rispetto a Hokusai, Hiroshige divenne un nome celebre della pittura ukiyoe poco dopo l’uscita delle Trentasei vedute del monte Fuji del maestro grazie a una serie, nello stesso formato orizzontale, che illustrava la grande via che collegava Edo (l’antico nome di Tokyo) a Kyoto. Si tratta delle Cinquantatré stazioni di posta del Tōkaidō, conosciute come “Hōeidō Tōkaidō” dal nome dell’editore che lanciò verso il successo Hiroshige. Da allora l’artista lavorò ripetutamente su questo stesso soggetto, producendo decine di serie diverse fino agli anni Cinquanta. La qualità delle illustrazioni di paesaggio e vedute del Giappone, la ricchezza degli elementi stagionali e atmosferici – nevi, piogge, nebbie, chiarori di luna – che Hiroshige seppe descrivere facendoli percepire in modo quasi sensoriale, gli valsero il titolo di “maestro della pioggia e della neve”. Per la prima volta in Italia l’opera moderna e nostalgica di Kawase Hasui, (che pur lavorando con la silografia fa sue le sensibilità e le tecniche occidentali), è messa accanto a quella dei due grandi paesaggisti classici, per mostrare la continuità in termini tecnici, che talvolta rasenta l’accademismo, e i grandi cambiamenti avvenuti in seguito all’occidentalizzazione e alla modernizzazione.I paesaggi rappresentati da Hasui riprendono solo in parte quelli già resi celebri dalla tradizione dell’ukiyoe (meisho), prediligendo invece luoghi poco conosciuti del Giappone tradizionale e rurale, che andavano svelando un’anima nuova del Giappone. L’artista concilia i soggetti e le tecniche dell’arte giapponese tradizionale con le tecniche del realismo occidentale, come la prospettiva e il chiaroscuro in una nuova tendenza definita come shin hanga, stampe nuove, o moderne. Combina la sensibilità atmosferica, tipicamente giapponese, con lo studio della luce: riprende le diverse condizioni meteorologiche e i diversi momenti della giornata, le scene notturne, gli effetti della pioggia, della nebbia e della neve (similmente a Hiroshige) per esprimere gli stati d’animo dell’uomo moderno alla ricerca del Giappone autentico. Sono queste immagini, e in particolare i paesaggi di Hiroshige, le vedute di Hokusai e le atmosfere nostalgiche di Hasui, a divenire punto di riferimento estetico per tutti gli artisti contemporanei e successivi: i fotografi giapponesi e occidentali affermatisi in Giappone si rifecero ai colori, alle inquadrature e ai soggetti dell’ukiyoe per i loro scatti da proporre agli stranieri, confermando quelle immagini come “l’Immagine del Giappone” oltreoceano che conquistò e sconvolse il mondo artistico europeo, trasformando e rivoluzionando la modalità pittorica. Un fascino che continua a perpetuarsi ancora oggi non solo nella produzione grafica contemporanea che da quest’arte fluttuante è scaturita, dai manga agli anime, dal tatuaggio fino ai gadget più commerciali, ma anche nel costante richiamo ai temi e alla qualità delle stampe dell’ukiyoe nella pratica di artisti contemporanei giapponesi e non solo.
E’ proprio al paesaggio, alle località celebri (meisho), alle bellezze naturali come cascate, fiumi e vedute fino al sacro Monte Fuji, ma anche alle costruzioni religiose come templi e santuari, ai luoghi d’intrattenimento come case da tè, ristoranti e locande, o di uso quotidiano come ponti, traghetti e pontili, alle usanze e ai costumi della gente dell’epoca che questa mostra dedica grande attenzione, proponendo da quattro diversi punti di osservazione l’approccio dei tre maestri a confronto. Da Edo a Tokyo: vedute della Capitale Orientale evidenzia attraverso le stampe appartenenti alle più importanti serie dei tre artisti alcuni dei luoghi celebri compresi nel territorio di Edo, la sede shogunale sviluppatasi intorno al castello a partire dal Seicento quando il primo shogun Tokugawa Ieyasu la scelse come capitale, lontana da Kyoto ancora città imperiale. Non manca il ponte di Nihonbashi, cuore di Edo, punto di partenza per intraprendere il viaggio lungo il Tokaido, ma anche punto zero per le misurazioni di tutte le distanze verso le province; e i templi principali, meta di preghiera e di svago per la popolazione, affrontati da tutti e tre i maestri, compreso Hasui, in epoca più moderna. Spiccano le stampe delle Cento vedute di luoghi celebri di Edo, ultima opera di Hiroshige interrotta dalla morte nel 1858, che testimonia l’adozione di uno sguardo fotografico costruito con importanti close-up che risentono dell’epoca di apertura verso l’esterno del Paese e la grande sensibilità di questi maestri per la luce – si notino le vedute notturne con la luna – e per i cambiamenti stagionali. In viaggio lungo le vie del Giappone offre la visione – attraverso alcune significative stampe delle serie più importanti di Hokusai e Hiroshige – di località e attrazioni notevoli lungo il Tōkaidō, l’antica strada costiera orientale giapponese, come mostra la mappa a volo d’uccello di Hokusai, o delle provincie più lontane: ponti sospesi e di pietra, scorci del monte Fuji lungo vie fiancheggiate da alberi, guadi di fiume da attraversare, scogliere, templi ma anche case rurali, e soprattutto di nuovo la bellezza di ogni località nella stagione più consona: con la neve (Kanbara), sotto la pioggia battente (Shōno), con gli aceri arrossati o sotto la luna piena autunnale, che si moltiplica nel suo riflesso sulle risaie.
Luoghi della poesia è una sezione che attraverso le opere di Hokusai, tratte dalle sue due più importanti serie dedicate ai poeti cinesi e giapponesi della classicità, propone una visione del paesaggio nel suo significato letterario, idealizzato (o liberamente interpretato): Cento poesie per cento poeti in Racconti illustrati della balia, serie sviluppata in orizzontale, e Specchio dei poeti cinesi e giapponesi, in verticale. Furono tra le ultime creazioni di Hokusai per il grande mercato prima di ritirarsi e dedicarsi esclusivamente alla pittura su rotoli; sono molto diverse nei colori rispetto alle precedenti serie e sono testimonianza del riferimento poetico e letterario nella trasmissione visiva del paesaggio nella tradizione giapponese. Vedute del Fuji chiude la mostra accompagnando il visitatore in una sorta di pellegrinaggio al luogo simbolo del Giappone, il sacro monte Fuji, attraverso le famose Trentasei vedute del Monte Fuji di Hokusai, tra cui La Grande Onda presso la costa di Kanagawa e il Fuji Rosso, le due icone della serie, alcune vedute tratte dalla omonima serie creata da Hiroshige oltre un ventennio dopo secondo uno sguardo occidentalizzato e una veduta di Hasui del 1930, unica ma di grande forza per l’assoluta modernità.
Come ci spiega Rossella Menegazzo […] il progetto espositivo è particolarmente prezioso perché ha voluto concentrarsi su tre artisti che raramente vengono accostati, normalmente affrontati come entità separate e mai posti a confronto. Hasui in particolare ha veicolato una tradizione di oltre 250 anni fino alla metà del ‘900 con immagini che ci portano direttamente alla cultura visiva, all’animazione e alla grafica contemporanea (si pensi ad esempio a maestri come Hayao Miyazaki).
Con Hasui passiamo da paesaggi letterari densi di poesia a paesaggi dipinti dal vero, che mantengono la poesia ma si avvicinano al realismo di stampo occidentale. Le stampe di Hokusai e Hiroshige facevano parte di una produzione di bottega molto articolata, un lavoro che coinvolgeva un’intera equipe, lo stampatore, l’intagliatore, e non ultimo l’editore; le matrici venivano usate finché non si consumavano. Se la matrice sopravviveva e la serie era di successo poteva essere ripresa nel tempo anche a distanza di molti anni. Sappiamo di alcuni editori che ancora oggi sopravvivono grazie alle matrici conservate, risparmiate da incendi e inondazioni, nei loro magazzini. Interessante inoltre è il fatto che Hasui ha portato al massimo livello la produzione di immagini policrome fino a giungere a oltre venti sfumature di colore. Anche le immagini più semplici prevedono l’uso di almeno 9 matrici come la Grande onda di Hokusai (di cui il Museo di Boston conserva ben 7 versioni) che punta solo sul blu di Prussia; per alcune opere di Hasui abbiamo anche 30 matrici diverse! Le matrici venivano utilizzate quindi finché non si consumavano, l’editore poteva anche intervenire togliendo particolari, o apportare modifiche semplificandole; a volte le matrici venivano ripiallate se non di successo oppure copiate oppure addirittura interrotte. La serie delle poesie di Hokusai per esempio fu interrotta dopo pochi esemplari per ragioni che non conosciamo, forse a causa del fallimento dell’editore; di esse ci rimane il disegno. E’vero che sono duplicati perché la matrice è la stessa ma ogni stampa è unica perché l’inchiostratura è data a mano dallo stampatore e ogni inchiostratura è diversa. Ogni Grande Onda di Hokusai giunta fino a noi è diversa”.
La mostra è corredata da un catalogo bilingue pubblicato da Mondo Mostre.
Per Info
Hokusai Hiroshige Hasui. Viaggio nel Giappone che cambia.
Pinacoteca Agnelli _ Torino