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Giuseppe Penone: impronte, foglie, parole da Tucci Russo a Torino

Impronte foglie parole è la sesta esposizione personale dell’artista con la Galleria Tucci Russo e la prima ad essere ospitata nella sede di Torino.

La mostra, visibile fino a al 20 maggio, consta di opere di varia tipologia quali sculture, lavori su tela e un corpus di disegni. Nel 1970 Giuseppe Penone inizia a realizzare un ciclo di opere titolate Svolgere la propria pelle. La pelle ha la proprietà di delimitare e insieme separare: la pelle come superficie sensibile, capace di relazionarsi con il mondo.

Giuseppe Penone, Gli Anni dell’Albero più uno, 2020, bronzo, cm 250 × 10 ø circa | approx; sullo sfondo Fervor de Buenos Aires, 2015,
olio su tela, terracotta, filo, cm 135 × 267

L’azione del contatto diventa fonte primaria di conoscenza, ed è ciò da cui scaturisce la scultura. Il contatto è una conoscenza che avviene in modo continuo e spontaneo, e l’IMPRONTA è la conseguenza della funzione primaria del tatto e un segno di identità. A questo concetto si lega l’importante opera presentata in mostra Svolgere la propria pelle – Dita (1971) costituita da dieci fotoemulsioni su specchio. Ogni fotografia riprende un dito diverso delle mani dell’artista premuto su una superficie trasparente. Nel punto di pressione la punta del dito appare bianca, conferendo allo specchio la trasparenza necessaria alla rifrazione.

Nella zona interessata dal contatto la pelle del dito scompare e lì, nel punto di incontro tattile, si verifica il passaggio della luce. Giuseppe Penone ci conduce “per mano” alla visione della nuova personale presentata alla Galleria Tucci Russo nella sede di Torino, ultima di una lunga consuetudine tra l’artista e la galleria: il rapporto tra Giuseppe Penone e Antonio Tucci Russo nasce nel 1969.

La mostra mette in dialogo le esperienze creative creando dei parallelismi che, partendo dall’esperienza primaria del toccare come principio della conoscenza, mettono in relazione l’azione dello scultore nel toccare la materia e quella dello scrittore che lascia le sue impronte sulla prima copia pubblicata di un suo libro, da cui per entrambi alla prima impronta ne segue un’altra e un’altra ancora. Lo scultore, manipolando la materia, realizza l’opera; lo scrittore, toccando e sfogliando il suo libro, permette alle parole di evidenziare il suo pensiero.

Uno scritto dell’artista chiarisce questo suo pensiero:

“Un paesaggio di impronte, pensieri, parole impresse

sulla superficie del mondo.

Lo avvolgono come un suono continuo, modulato dall’intensità

delle parole del poeta che affida alla superficie delle pagine

del suo primo libro attese, speranze, fervori, illusioni,

e, pubblicato il suo libro, lo ricopre di impronte, lo accarezza,

lo sfoglia, lo apre come apre la mano e toccandolo

raccoglie sulle dita tracce di inchiostro delle sue parole,

la foresta dei suoi pensieri.”

Giuseppe Penone, Scritti, Electa, Milano, 2022

Tre delle opere presentate, Canti (2013), Fervor de Buenos Aires (2015) e Die Metamorphose der Pflanzen (2014) s’ispirano agli scritti omonimi rispettivamente di Giacomo Leopardi, Jorge Luis Borges e Johann Wolfgang von Goethe, le cui prime edizioni sono anch’esse esposte in mostra. Penone, come detto, considera l’impronta, ovvero il toccare, come principio della conoscenza, che concepisce come «segno, ordine, gesto taumaturgico, o proiezione di un pensiero». Ad una prima impronta l’artista ne aggiunge progressivamente altre fino a raggiungere migliaia di impronte accumulate che, differenti tra loro, ricordano il fogliame degli alberi. Al centro di ciascuna tela è presente una piccola scultura in terracotta, l’impronta della sua presa. Vengono inoltre esposti il frottage della copertina della prima edizione di Die Metamorphose der Pflanzen di Johann Wolfgang von Goethe, che riporta l’artista a una tecnica da lui utilizzata tanto in opere storiche quanto più recenti, e i disegni intitolati Foglie (2014) che rinnovano il concetto di paesaggio come una distesa di impronte, rappresentando per l’artista «un drappo di foglie della foresta, ognuna unica, assoluta, irripetibile, che riveste il corpo della foresta come una pelle».

Senza titolo
2016
Matita, pennarello, inchiostro tipografico e  acquerello su carta
Con cornice cm 24 x 33
Foto © Studio Penone

Altre due opere esposte ampliano ulteriormente il concetto di come, dall’azione del contatto, scaturisca la scultura: Gli anni dell’albero più uno (2020), scultura in bronzo che si lega all’opera storica presentata nel 1969 in cui l’artista, procedendo per addizione e non per sottrazione (come negli Alberi scortecciati), esplorava la corteccia toccandola e accarezzandola con la punta delle dita per stendervi attorno uno strato di cera corrispondente a un anello di crescita dell’albero, e Avvolgere la terra – corteccia (2014): «Ho ingrandito con della creta la terra che avevo avvolto e stretto nelle mani. Manciata dopo manciata, l’ho compressa e levigata in un’azione che ha coinvolto tutto il mio corpo e la mia attenzione». La scultura poggia a terra su una fusione bronzea della corteccia di un albero. Il video Ephemeris accompagna la visione della mostra evidenziando alcuni dei processi creativi dell’artista.

Avvolgere la terra – Corteccia
2014
Bronzo, terracotta
Opera installata cm 60 x 170 x 98

Giuseppe Penone (Garessio (Cuneo), 1947) vive e lavora a Torino. Negli ultimi anni gli sono state dedicate mostre perso[1]nali presso la Galleria Borghese, Roma (2023), il Voorlinden Museum, Wassenaar (2022), il Couvent de La Tourette, Éveux (2022), il Philadelphia Museum of Art, Philadelphia (2022), la Frick Madison, New York (2022), le Gallerie degli Uffizi, Fi[1]renze (2021), la Bibliothèque Nationale de France, Parigi (2021), Villa Medici, Roma (2021), il Saarlandmuseum, Moderne Galerie, Saarbrücken (2020), Centre Pompidou Metz (2020), Yorkshire Sculpture Park, Wakefield (2018), Château La Co[1]ste, Le Puy-Sainte-Reparade (2017), Palazzo della Civiltà, Roma (2017), MART, Rovereto (2016), Rijksmuseum, Amsterdam (2016), Nasher Sculpture Center, Dallas (2015), Musée Cantonal des Beaux-Arts, Lausanne (2015). Nel 2013 ha esposto le sue sculture monumentali presso i giardini della Reggia di Versailles e al Madison Square Park, New York, mentre nel 2014 presso i Giardini di Boboli a Firenze,. Numerose sono le installazioni permanenti, tra cui il Giardino delle Sculture Fluide presso la Reggia della Venaria Reale, Torino. Nel 2017, in occasione dell’inaugurazione del Louvre Abu Dhabi, quattro opere dell’artista sono entrate nella collezione permanente del museo. Insignito della McKim Medal nel 2017 e del Praemium Imperiale per la Scultura dalla Japan Art Association nel 2014, ha rappresentato l’Italia alla 52° Biennale di Venezia nel 2007, avendovi esposto anche nel 1995, 1986, 1980 e 1978. Ha preso parte a Documenta a Kassel nel 1972,1982, 1987 e nel 2012.

PER INFO

Giuseppe Penone, Impronte, Foglie, Parole

Tucci Russo, Torino

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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