Francesco Menzio declina la sua biografia narrata in pittura, in un percorso di progressiva astrazione e meditato bilanciamento delle varie componenti linguistiche del quadro. Legato al Gruppo dei Sei, Francesco Menzio fonda l’Unione Culturale, contribuendo attivamente al processo di ricostruzione civile e culturale di Torino. Canale Arte riscopre oggi il percorso di questo pittore seminale per la storia dell’arte contemporanea.
Francesco Menzio nasce a Tempio Pausania (Sassari) nel 1899 da genitori di origine piemontese. Trascorre l’infanzia con i cinque fratelli, seguendo il padre negli spostamenti per lavoro: dapprima a L’Aquila, dove nel 1902 muore la madre, e poi, dopo una serie di altre tappe, nel 1912 a Torino.
Francesco Menzio frequenta per un solo anno l’Accademia Albertina, entrando poi nell’orbita di Felice Casorati. Presente nel 1922 all’Esposizione artistica piemontese-sarda ad Alessandria, partecipa negli anni seguenti alla Quadriennale di Torino, alla II Biennale romana, all’Esposizione di venti artisti italiani a Milano e alla Promotrice torinese del 1925, con quadri di figura, nature morte e paesaggi che documentavano un’evoluzione della propria pratica estetica.
Determinanti si rivelano i rapporti con figure di spicco del vivace ambiente torinese, fra cui Edoardo Persico, Lionello Venturi e Riccardo Gualino, e il coinvolgimento nel movimento di rinnovamento culturale da loro promosso per un’apertura europea con le correnti artistiche straniere, specie francesi, per superare la crescente marginalità dell’arte italiana.
Nel 1928 partecipa alla Biennale di Venezia – occasione in cui cui annoverato da Mario Soldati nelle fila dei neoromantici – e nel 1929 alla II Mostra del Novecento. Nello stesso anno, tuttavia, Francesco Menzio manifesta un allontanamento dalle poetiche novecentiste dando vita al Gruppo dei Sei: il sodalizio, promosso e sostenuto soprattutto da Edoardo Persico, era formato, oltre che da Menzio, da Jessie Boswell, Luigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Enrico Paulucci, artisti accomunati da un’idea dell’arte come spazio di autonomia critica ed etica. Pochi mesi dopo la prima mostra del gruppo, allestita nel gennaio 1929 a Torino nella Sala d’Arte Guglielmi, Francesco Menzio tiene nella stessa sede la sua prima personale, presentato da Edoardo Persico, con opere che confermarono il suo orientamento verso una pittura modernamente declinata nel segno dell’anti-retorica e di un lirismo sommesso e pacato.
In questi anni la sua pittura evolve profondamente, secondo uno stile caratterizzato da pennellate soffici e da un disfacimento della forma nella luce. Dal 1930, un’ulteriore declinazione della ricerca è segnata da composizioni rigorose, con contorni più decisi e toni animati e inquieti.
Nel 1938, sposa la vedova di Chessa, Ottavia Cabutti, da cui avrà tre figli. Nel corso di questo decennio, Menzio declinerà la sua biografia narrata in pittura, in un percorso di progressiva astrazione e meditato bilanciamento delle varie componenti linguistiche del quadro.
Durante gli anni bellici Menzio deve lasciare più volte Torino: nel 1942 si trasferisce a Bossolasco. Nel giugno 1945 il Menzio fonda (insieme con Luigi Einaudi e Cesare Pavese fra gli altri) l’Unione Culturale, di cui sarà il primo presidente, contribuendo attivamente al processo di ricostruzione civile della città. Incaricato nel 1951 del corso di pittura all’Accademia Albertina, terminerà l’attività didattica nel 1969 per sopraggiunti limiti d’età.
Nella produzione del dopoguerra, Francesco Menzio rimane fedele a una scelta di realismo soffice, riservato, sostanziata da un’incessante meditazione sul fare pittorico.