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Al PAV un 2019 di grandi appuntamenti sull’ecologia e ambiente nel sub continente indiano

Si è conclusa con un grande successo di pubblico al PAV, Parco D’arte Vivente,  la mostra Weed Party III, Il partito delle erbacce, a cura di Marco Scotini, che affronta il rapporto tra ecologia e arte nel continente asiatico grazie al lavoro di Zheng Bo (Pechino 1974), attento indagatore del rapporto tra natura, società e politica.

Enrico Carlo Bonanate, Direttore del PAV

Zheng Bo è tra i più interessanti artisti cinesi della sua generazione: presente a Manifesta 12 a Palermo, ha partecipato alla Yinchuan Biennale e all’undicesima edizione della Biennale di Taipei. L’uso frequente delle piante considerate convenzionalmente “erbacce” connette il suo lavoro a simbolismi politici che tuttavia superano il mero concetto di metafora: ciò che è sgradito, abbandonato, dimenticato o “fuori posto” diventa prezioso strumento per diffondere i concetti di resistenza e resilienza a partire dallo stesso ambito botanico. Un altro elemento di grande interesse è che la mostra è pensata appositamente per il PAV e si confronta con specie vegetali del territorio piemontese, declinando i progetti sul contesto urbano che li ospita.

Siamo stati accompagnati in mostra da Giulia Mengozzi, assistente del curatore, che ci illustra l’esposizione di Zheng Bo con entusiasmo e precisione. L’attività comunicativa e didattica è uno dei punti di forza del PAV: il Parco Arte Vivente Centro sperimentale d’arte contemporanea, concepito dall’artista Piero Gilardi e  diretto da Enrico Carlo  Bonanate, è giunto al suo undicesimo anno di attività, e in questi anni si è fatto promotore attivo di una nuova sensibilità ecologica nei visitatori. Raffinata e intelligente è poi l’dea di avere anche un testo cinese all’ingresso a supporto della mostra.

Come si snoda il percorso espositivo?

L’artista pone la sua riflessione su quella che noi definiamo comunemente “erbaccia” (con un’accezione non a caso dispregiativa) per portare il tema dell’“identità ai margini” su un piano estetico-concettuale: le erbacce sono i proletari del mondo vegetale, sono i migranti, gli apolidi. Un concetto che è metaforico e si adatta alla nostra realtà, ma che l’artista propone e vive in prima persona anche letteralmente, poiché interessato realmente al destino delle piante considerate infestanti e al loro ruolo nel contesto vegetale.

La prima opera che abbiamo deciso di esporre e che permette di entrare immediatamente in media res fa parte della serie di opere Propaganda botanica: Zheng Bo fa ricorso a slogan storici marxisti che ricrea con l’uso di elementi vegetali in modo da espandere nozioni come “uguaglianza”, “lavoratore” o “socialismo” oltre la sfera dell’umano. La fotografia con la scritta di propaganda socialista è stata realizzata come una scultura vegetale realizzata con vegetazione spontanea, che col tempo naturalmente si è sviluppata “senza regola”. Il suo ultimo slogan “Earth Workers Unite”, concepito per Yinchuan Biennale, è costituito di 370 piante di pioppo: l’artista auspica una forma di resistenza politica in un’alleanza tra uomo e natura per riformulare nuovi modi di pensare tra uomo e ambiente.

Socialism good, 2018 stampa fotografica. Courtesy l’artista

L’istallazione/giardino After Science Garden prende ispirazione da un’operazione realizzata in collaborazione con l’Università del Minnesota: l’artista ha “adottato” le piante servite per esperimenti scientifici e ha realizzato un vero e proprio giardino d’inverno con le piante considerate “scarti”, reso sostenibile grazie all’utilizzo di lampade idroponiche che, oltre a permetterne la crescita, creano anche un effetto giocoso. Qui al PAV, per decisione dello stesso artista, abbiamo ricreato il concetto di nursery della piante spontanee utilizzando quelle del nostro contesto urbano, grazie alle consulenza e al supporto del nostro agronomo Daniele Fazio. A conclusione della mostra saranno reimpiantate e proseguiranno il loro ciclo vitale.

After Science Garden, 2018. Courtesy l’artista

Il percorso prosegue con gli erbari grafici Survival Manual I e II, frutto di una ricerca sulla relazione tra mondo vegetale e sopravvivenza umana: dei veri e propri vademecum sulle piante edibili, destinati alla popolazione e diffusi in Cina e a Taiwan in occasione della grave carestia del 1961, che l’artista ha ricopiati a mano. Quest’opera è anche al centro di un aneddoto curioso: l’artista ha chiesto se esisteva in Italia un manuale simile e lo abbiamo trovato e donato: il volume è stato pubblicato in Piemonte dopo la fine della seconda guerra mondiale con la stessa finalità. Seguono dei disegni di radici, copie dal vivo che l’artista, per ritrarre, ha dovuto “estirpare”, riflettendo sul fatto che un gesto estetico abbia sempre delle conseguenze, anche fatali.

Survival manual, 2018. Courtesy l’artista

 

 

A chiudere la mostra i due film del ciclo Pteridophilia (l’ultimo della trilogia verrà presentato a Taipei), che esplorano il potenziale delle teorie eco-queer mostrandoci sette giovani uomini intrattenere rapporti intimi con diversi tipi di felci (dal greco pteridophita) in una foresta di Taiwan. Un lavoro che scatena le reazioni più diverse (a Palermo, ad esempio, dove è esposta nell’orto botanico in Occasione di Manifesta, ha suscitato un po’ di scalpore) ma che ha come obbiettivo proprio quello di suggerire un cambio di prospettiva nel nostro personale rapporto con la Natura, una compenetrazione, nuova alleanza tra uomo e ambiente.

Può anticiparci i progetti del PAV per il 2019?

Le mostre del 2019 saranno dedicate al sub continente indiano: la prima mostra, a cura di Marco Scotini, inaugura l’8 marzo e si intitola Ecologies of Loss: con questa mostra il PAV prosegue nell’indagine del rapporto tra pratiche artistiche ed ecologiche nel continente asiatico: Ravi Agarwal conduce una pratica inter-disciplinare come artista, fotografo, attivista ambientalista, scrittore e curatore. La mostra Ecologies of Loss, pensata appositamente per gli spazi del PAV, si focalizza sulle politiche relative ai fiumi nel contesto indiano e indaga le relazioni conflittuali tra capitalismo globale e tutela degli ecosistemi. Anche la mostra a chiusura dell’anno, che tradizionalmente apre al pubblico in concomitanza con Artissima, avrà come ospite un’artista indiana che indagherà le tematiche dell’ecofemminsmo.

Il 20 di giugno inaugureremo una mostra a cura di Piero Gilardi e Gaia Bindi dal titolo Resistenza e Resilienza, una mostra collettiva di artisti italiani che riflettono su questa apparente dicotomia concettuale ma anche sul rapporto mutuale tra questi due diversi approcci nei confronti dell’attuale crisi ecologica. Nel mese di settembre si terrà la nuova edizione del Festival per artisti emergenti Teatrum Botanicum (Il titolo del festival è un omaggio al lavoro di Uriel Orlow) che non vuole essere una mostra convenzionale, ma un vero e proprio festival costituito da molteplici interventi che coprono ambiti diversi: pratiche performative, proiezioni, talk e performance-lectures, dj set e live set: su youtube vi sono i teaser che documentano le edizioni precedenti.

Che tipo di pubblico frequenta il PAV, come è cambiato nel tempo?

Il PAV vanta un range di pubblico molto ampio: naturalmente il concetto di formazione e l’impegno didattico verso le scuole di ogni ordine e grado è stato sempre un elemento nodale nella filosofia stessa del PAV: l’affluenza in questo senso è costante e crescente. Il pubblico dell’arte contemporanea ci segue con assiduità, ma l’aspetto positivo, e forse all’inizio imprevedibile, è che il PAV è molto frequentato dagli abitanti delle due circoscrizioni cittadine a cui compete, che lo vivono come un luogo di fruizione continuativa, soprattutto per quanta riguarda gli spazi del parco. Un risultato e una dimostrazione anche di affetto che ci rende orgogliosi.

 

Per info PAV

About Paola Stroppiana

Paola Stroppiana (Torino, 1974) è storica dell’arte, curatrice d’arte indipendente e organizzatrice di eventi. Si è laureata con lode in Storia dell’Arte Medioevale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Torino, città dove ha gestito per più di dieci anni una galleria d'arte contemporanea. Collabora con diverse testate per cui scrive di arte e cultura. Si interessa a nuovi percorsi d’indagine come il gioiello d’artista e le ultime tendenze del collezionismo contemporaneo, argomenti sui quali ha tenuto conferenze presso l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari, Il Museo Civico di Arte Antica e la Pinacoteca Agnelli di Torino, il Politecnico di Milano.

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