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10 mostre da vedere nel Regno Unito a giugno

Michael Rakowitz, The invisible enemy should not exist (Northwest palace of Nimrud, Room N) (dettaglio)

Dalla variopinta e ricca storia del collage, in mostra a Edimburgo, alle opere dell’enigmatico Bartolomé Bermejo, proposte dalla National Gallery: dieci appuntamenti da non perdere nel Regno Unito a giugno

Giugno, nel Regno Unito, è il mese del tempo pazzerello, con acquazzoni improvvisi pronti a cogliere di sorpresa chi non è abituato a un’estate tutt’altro che prevedibile, ma anche delle giornate lunghissime, con tante ore di sole. Per chi ama l’arte, ci sono decine di possibilità, all’interno delle gallerie o all’aria aperta.

Dalla personale alla Whitechapel Gallery di Londra dedicata alle opere dell’artista iracheno-americano Michael Rakowitz, che ricrea monumenti storici andati perduti o distrutti durante il conflitto in Medio Oriente con una mentalità contemporanea, alla grande retrospettiva sui lavori della russa Natalia Goncharova (1881-1962), pittrice, illustratrice, creatrice di costumi e scenografie per i Balletti Russi, 10 mostre da non perdere questo mese nel Regno Unito.

 

Michael Rakowitz

Whitechapel Gallery, Londra

4 giugno – 25 agosto 2019

I pendolari e tutti coloro che transitano abitualmente per Trafalgar Square già conosceranno le opere dell’artista iracheno-americano Michael Rakowitz, che fanno bella mostra di sé su uno dei basamenti (il Fourth Plinth) della celebre piazza londinese. Quest’estate la Whitechapel Gallery organizza anche una mostra personale a lui dedicata, che analizza il suo rapporto con architettura, antiche civiltà e geopolitica. Al centro dei lavori di Rakowitz, in particolare di quelli appartenenti alla serie in corso “The invisible enemy should not exist”, c’è la ricostruzione di monumenti storici andati perduti, visti attraverso la lente d’ingrandimento della cultura contemporanea. In questo caso si tratta di antichi monumenti mesopotamici andati perduti o distrutti in Iraq, durante la guerra e la successiva ascesa dell’ISIS, realizzati utilizzando coloratissimi barattoli di sciroppo di dattero. Prima della guerra, lo sciroppo di dattero era, dopo il petrolio, uno dei prodotti maggiormente esportati dall’Iraq, e la fusione di questi due riferimenti porta a riflettere sulle perdite causate dal conflitto in questa regione. Tra le altre opere in mostra alla Whitechapel Gallery, “What dust will rise?”, una serie di libri in pietra scolpita ricavati dai Buddha di Bamiyan, due enormi statue risalenti al VI secolo distrutte nel 2001 dai talebani. Collaborando con artigiani afgani, Rakowitz ha letteralmente creato un nuovo monumento partendo dalle rovine di un altro, ma piuttosto che ricreare ciò che è andato perduto ha preferito portare avanti una riflessione sul ruolo che la distruzione ha nel formare la nostra memoria storica collettiva.

 

Faith Ringgold

Serpentine Gallery, Londra

6 giugno – 8 settembre 2019

Faith Ringgold, American People #15: Hide Little Children © 2018 Faith Ringgold / Artists Rights Society (ARS)

Cresciuta nel periodo di massima espansione del cosiddetto Rinascimento di Harlem (Harlem Renaissance), un movimento artistico-culturale afroamericano, la pittrice Faith Ringgold (1930-) è stata esposta fin dalla più tenera età a questioni come l’identità e i diritti civili. Oggi, a distanza di oltre cinquant’anni, la Serpentine Gallery di Londra presenta la prima grande mostra dell’artista americana in un’istituzione europea, offrendo le sue idee e le sue opere a un nuovo pubblico. Per la Ringgold, attivista per i diritti civili da tutta la vita, tutte le forme d’arte sono un’opportunità di impegno politico e offrono l’occasione di denunciare le disuguaglianze sociali, non solo la pittura e la scultura ma anche i libri per bambini, i manifesti e i copriletti. Ma non importa quanto feroci siano gli attacchi di Faith Ringgold contro le ingiustizie e il razzismo, dai suoi lavori emerge ancora più forte un senso di speranza. In uno dei dipinti della sua serie “American People”, “Hide Little Children”, che potete osservare sopra, ad esempio, i volti di bambini sorridenti emergono da un cespuglio frondoso, emblema di una nuova generazione che è più tollerante e unita di quelle che l’hanno preceduta.

 

Francis Bacon: Couplings

Gagosian Grosvenor Hill, Londra

6 giugno – 3 agosto 2019

Francis Bacon voleva sottrarsi al desiderio intuitivo che sorge quando più di una figura è presente in un dipinto – vale a dire il desiderio di raccontare la storia di quelle figure. Questa volontà di erodere la narrativa potrebbe essere collegata ai soggetti che Bacon scelse come soggetti – ad esempio i suoi amanti Peter Lacy e George Dyer – e alle relazioni emotive tumultuose che intrattenne con loro. Nella mostra londinese di Grosvenor Hill, la galleria Gagosian presenta alcune delle opere più disinibite di Bacon che prevedono la presenza di due figure (o “coppie”, come lo stesso artista le ha definite), alcune delle quali non sono più state esposte insieme dagli anni ‘70. Bacon dipingeva spesso le sue figure basandosi sui ricordi o su riferimenti fotografici – in particolare sugli studi di Eadweard Muybridge sulle persone in movimento -, conferendo loro un’apparenza quasi spettrale. Dipingendo due persone, l’astrazione viene potenziata, con i soggetti che sembrano fondersi senza soluzione di continuità l’uno nell’altro, dal maschile al femminile, fino al punto in cui una delle due finisce e l’altra comincia a venire oscurata completamente.

 

Natalia Goncharova

Tate Modern, Londra

6 giugno – 8 settembre 2019

Natalia Goncharova, Peasants Picking Apples (dettaglio) © ADAGP, Paris and DACS

La Tate Modern di Londra ospita invece la prima grande mostra personale della pittrice russa d’avanguardia Natalia Goncharova (1881-1962). Poco conosciuta nel Regno Unito, la Goncharova è stata un’artista di grande talento, che si è cimentata con una grande varietà di medium, dalla pittura alle stampe, dalla realizzazione di costumi per il teatro alle illustrazioni di libri. Costantemente ispirata dalla cultura popolare della nativa Russia centrale, i primi dipinti della Goncharova sono caratterizzati da scene pastorali tradizionali dipinte con un’inflessione modernista, come si nota ad esempio in “Peasants Picking Apples”, che potete osservare sopra. Il suo approccio ebbe un così grande successo, e la sua produzione fu così ampia, che la sua prima retrospettiva venne organizzata a Mosca quando aveva soltanto 32 anni, nel 1913. Un anno dopo, nel 1914, la pittrice si trasferì definitivamente a Parigi, dove venne incaricata da Sergei Diaghilev di creare scenografie e costumi per i Balletti Russi, lavoro per cui divenne famosa durante la sua vita. La mostra alla Tate evidenzia l’aspetto più sovversivo di Natalia Goncharova, il suo giocare con le tradizioni e l’immaginario antico.

 

Paula Rego: Obedience and Defiance

MK Gallery, Milton Keynes

15 giugno – 22 settembre 2019

La MK Gallery di Milton Keynes, recentemente ampliata, ospita invece la prima retrospettiva di ampio respiro degli ultimi vent’anni dedicata ai lavori di Paula Rego. A un primo sguardo i dipinti di questa artista visiva di origine portoghese possono sembrare fantastici, ricordare il mondo delle fiabe o altri luoghi lontani, i lontani ricordi dell’infanzia. In realtà le sue opere hanno una componente fortemente politica, e in questa nuova mostra ce ne sono di appartenenti a tutti i periodi della sua carriera, e che toccano argomenti come la guerra in Iraq o il referendum del 1997 che ha legalizzato l’aborto in Portogallo. Dettaglio ancora più interessante, è che molte delle scene dipinte dalla Rego sono tratte dalla realtà, realizzate osservando composizioni allestite con manichini imbottiti o persino persone in carne e ossa che hanno posato come modelli, come ad esempio in “War”. Così facendo la Rego sconvolge la chiara distinzione che pensiamo di avere tra fantasia e realtà, personale e politico o pubblico. La mostra sarà alla MK Gallery fino al 22 settembre, per poi spostarsi alla Scottish National Gallery of Modern Art di Edimburgo e all’Irish Museum of Modern Art di Dublin nel corso del 2019. Sarà la prima volta che una retrospettiva dell’artista viene allestita in Scozia e Irlanda.

 

Bartolomé Bermejo: Master of the Spanish Renaissance

The National Gallery, Londra

12 giugno – 29 settembre 2019

Bartolomé Bermejo, Saint Michael triumphant over the Devil with the Donor Antoni Joan (dettaglio). © The National Gallery

Bartolomé Bermejo può essere considerato una figura enigmatica, anche per gli standard del XV secolo. Il suo vero nome era Bartolomé de Cárdenas, ma divenne famoso comunemente come “Bermejo”, che in spagnolo significa rosso, probabilmente per la faccia rubiconda o i capelli rossi. I suoi dipinti mostrano più di un’influenza fiamminga, ma non ci sono prove che Bermejo abbia mai lasciato la nativa Spagna durante la sua vita né si sa molto della sua prima formazione. Potrebbe essere stato un ebreo convertito al Cristianesimo, che ha abbracciato una vita nomade per cercare di sfuggire alle persecuzioni dell’Inquisizione. Le informazioni che abbiamo su Bermejo le dobbiamo in larga parte ai suoi dipinti e trittici, per lo più finanziati da chierici, che sono diventati simboli del Rinascimento spagnolo nel suo complesso. La National Gallery, come parte della sua stagione spagnola, allestisce questa nuova (e gratuita) mostra delle opere di Bermejo, che ne include sei mai viste prima fuori dalla Spagna, insieme a “Saint Michael Triumphs over the Devil” che viene esposto dopo un anno di lavori di restauro. Ad accomunare tutte le opere del pittore spagnolo sono l’uso sapiente del colore, le figure realistiche e una grandissima attenzione per i dettagli, come si può vedere ad esempio nell’armatura d’oro di San Michele, nel cui riflesso si può anche scorgere una miniatura di Gerusalemme (immagine sopra).

 

Cut and Paste: 400 Years of Collage

Scottish National Gallery of Modern Art (Modern Two), Edimburgo

29 giugno – 27 ottobre 2019

A partire da fine mese la Scottish National Gallery of Modern Art di Edimburgo ospita una grande mostra dedicata integralmente al mondo del collage, la prima di questo tipo mai allestita. Ben lontano da essere un’invenzione moderna, la mostra racconta la ricca storia di un medium, il collage, che risale a oltre 400 anni fa, con opere che spaziano dai cinquecenteschi “flap prints” alle immagini di oggi realizzate al computer. Sembra che l’atto di alterare, tagliare e comporre insieme immagini preesistenti non abbia perso niente della sua carica sovversiva, nel corso di questa lunga storia, come si può notare dai collage ribelli di Jamie Reid, il grafico che ha progettato le copertine degli album dei Sex Pistols, fondatore riconosciuto dell’iconografia punk, oppure nei lavori del regista dei “Monty Python” Terry Gilliam. Le opere in mostra spaziano dal surrealismo Joan Miró alle composizione cubiste di Pablo Picasso, dai costumi ideati da Natalia Goncharova alle copertine degli album realizzate da Peter Blake passando anche per una composizione di tre metri realizzata, parzialmente, da Charles Dickens. Data la natura fragile delle opere, la mostra non si sposterà dalla città scozzese, quindi non perdete la vostra occasione di vederla.

 

Cutting Edge: Modernist British Printmaking

Dulwich Picture Gallery, Londra

19 giugno – 8 settembre 2019

Cyril Power, The Tube Station (dettaglio) © Gli eredi di Cyril Power

La Dulwich Picture Gallery di Londra ospita una mostra con 120 opere della Grosvenor School of Modern Art. Fondata nel 1925 dall’incisore scozzese Iain Macnab nella sua casa al numero 33 di Warwick Square, a Pimlico, la scuola privata divenne famosa per le sue innovative incisioni realizzate con la tecnica della linoleografia (o linocut), tecnica emergente che superava i limiti imposti dalla tradizionale xilografia. Gli studenti della scuola hanno mostrato più di semplici abilità tecniche, comunque, riunendo nei loro lavori influenze moderniste mutuate da movimenti come il futurismo, il vorticismo e il cubismo per rappresentare scene di vita quotidiana che sono rimaste nella storia – come si può vedere ad esempio in “The Tube Station” di Cyril Powe. Nella stampa si può vedere un treno che si fa strada in una stazione, mentre la stazione stessa curva insieme a lui, come se il movimento trascinasse con sé tutto. Il trasporto pubblico appare fluido, veloce e persino eccitante, un simbolo del mondo moderno in un modo che oggi consideriamo poco. Oltre a esporre opere di personaggi chiave della scuola come Power, Sybil Andrews e William Greengrass, la mostra londinese propone anche lavori di Paul Nash e David Bomberg, artisti attivi all’epoca, dimostrando l’impatto che la Grosvenor School ha avuto anche sul lavoro di personaggi esterni.

 

Yorkshire Sculpture International 2019

Across Yorkshire

22 giugno – 29 settembre 2019

Gli occhi degli amanti della scultura, quest’estate, saranno sicuramene puntati sullo Yorkshire, con la prima edizione dello Yorkshire Sculpture International che coinvolgerà quattro gallerie e altri luoghi di Leeds e Wakefield, consolidando il ruolo della regione come “casa inglese della scultura”. In mostra le opere di diciotto artisti provenienti da 13 Paesi diversi, inclusi gli unicorni dissezionati di Damien Hirst, i totem verdeggianti di Huma Bhabha, le sculture cinetiche e sonore di Tarek Atoui, che trasformano ogni strada ed edificio coinvolto in uno spazio espositivo. Tra i momenti più interessanti del festival, la mostra gratuita delle opre di David Smith, il primo scultore americano a lavorare con il metallo saldato. Esposto raramente fuori dagli Stati Uniti, Smith è considerato il principale esponente dell’espressionismo astratto a stelle e strisce. Combinando la precisione della geometria con l’espressività dovuta alla realizzazione a mano dei pezzi, le sue sculture in metallo sono esposte nello Yorkshire Sculpture Park insieme ad altri lavori in carta.

 

Cindy Sherman

National Portrait Gallery, Londra

27 giugno – 15 settembre 2019

Cindy Sherman, Untitled Film Still #21 © Cindy Sherman

Alla National Portrait Gallery è allestita la prima retrospettiva britannica dedicata ai lavori dell’artista, fotografa e regista americana Cindy Sherman (1954-). Pochi artisti hanno saputo usare la loro stessa apparenza in modo più esaustivo della Sherman, che si è scattata foto mentre interpretava i più variegati personaggi, dal vecchio al clown, dalla commessa alla stella del cinema, dando vita a scatti che sono al contempo familiari e misteriosi. Tra le opere più interessanti in mostra a Londra, la serie “Untitled Film Stills”, realizzata negli anni ‘70, agli inizi della sua carriera. Ognuna delle sessantanove immagini in bianco e nero, di piccolo formato, che evocano gli immaginari dei vecchi film di Hollywood degli anni ‘50 e ‘60, vede la Sherman sia nel ruolo di “regista” che di attrice protagonista. La meticolosa messa in scena, unita al fatto che la Sherman non guardi mai in camera, ci rende estremamente consapevoli del fatto che ciò che stiamo guardando sono immagini totalmente artificiali – proprio come i motivi e gli stereotipi che cercando di rappresentare.

 

About Roberta Turillazzi

Giornalista per passione e professione dal 2015. Mamma e moglie giramondo, che attualmente vive a Londra. Lettrice a tempo pieno. Amo l'arte, il cinema, i libri e il calcio.

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